Il prefisso per chiamare i Warriors è stato lanno scorso 34 48 o se volete esprimerla in termini percentuali 0,415; con variazioni verso il basso è un prefisso che funziona da ormai dieci anni e un pezzetto.
Ovviamente non parliamo di interurbane ma di chiamate alla post season, fase della quale Golden State ha ormai un ricordo sbiadito.
Curioso che il ciclo verso il basso sia cominciato proprio con la gestione di quel coach che oggi Chris Mullin ha voluto nuovamente a dirigere i guerrieri della baia; Don Nelson, secondo pluri vincente tra i coaches NBA, dopo Lenny Wilkens (e col fiato di Pat Riley sul collo) era sul pino dei Warriors quando di giallo blu vestiva gente come Tim Hardaway, Latrell Sprewell, Rasheed Wallace e, soprattutto Mr. Fab Five Chris Webber.
Partiti quelli e transitati tanti altri giocatori di livello o prime scelte assolute, ci voleva un colpo di spugna col passato o, forse, serviva riprendere un discorso interrotto allora e che nemmeno gente del calibro di Rick Adelmann, Bob Lanier, Dave Cowens, Eric Musselman e altri ancora tra cui spicca quel PJ Carlesimo che a Frisco ricordano più per le carezze sul collo ricevute da Spree, che non per i risultati ottenuti, erano riusciti a portare avanti.
Analogamente al discorso fatto per Utah, anche a Frisco letà media si è progressivamente abbassata fino ad arrivare, oggi a uninvidiabile media di 24,1 e questo fa pensare a un progetto a lungo termine.
Una stella di prima grandezza cè, Jason Richardson, ma manca ancora da definire il contorno. Se è vero che MJ ci ha messo sette anni per vincere un anello, il guerriero che più gli assomiglia ne ha spesi nella lega solo 5. Jay Rich ha ancora un paio danni per portare la franchigia ad un livello superiore ma oltre ad elevare i compagni deve ancora riuscire a rendere il suo gioco affidabile e costante come il suo atletismo.
Il reparto piccoli è di indiscusso talento se, accanto al 23 da Michigan State, si aggiungono Baron Davis, che vicino alla nonna si sente finalmente a casa (pure troppo visti i chili in eccesso e la sbiadita stagione scorsa), e Mikael Pietrus atleta e talento più che promettente.
Mike Dunleavy Jr. non è un piccolo in senso stretto ma è un altro di quei giocatori che sanno cosa fare per vincere, ha mani e testa, gli manca forse un po di cattiveria e ancora qualche iniezione di esperienza.
Quello che però, potrebbe essere la sorpresa (o la conferma di un investimento in cui tanto Chris Mullin quanto Nelson credono molto) è tale Monta Ellis dalla Lanier High School, di Austin Texas. Si avete letto bene, anche a Frisco hanno avuto il loro liceale, con un anno di NBA sulle spalle ormai, quindi non più illibato, ma di sicuro talento.
Guardia di 6-3, leggero ma attaccante puro, nellultimo anno di scuola è stato votato miglior giocatore dei licei dello stato con una media di 38,4 (!!), 6,9 rimbalzi, 7,9 assist e 4,5 recuperi segnandone 72 alla semi sco-nosciuta Greenwood HS ma anche 42 alla Oak Hill Academy.
Certo, essere 191 cm per 80 chili può essere un problema nella NBA, ma le bistecche made USA sappiamo che fanno miracoli. Così come i 27 punti con 8 rimbalzi 6 assist e 3 recuperi dellultima partita della scorsa stagione contro i Jazz fanno ben sperare.
Il reparto lunghi è sicuramente meno profondo e, se diciamo che lunico sette piedi ha ventanni allora è me-glio guardare al futuro remoto per sperare in qualche risultato interessante.
E anche vero che Don Nelson ha saputo vincere con squadre dai lunghi atipici ma quelli di Golden State oltre che atipici paiono anche un poco carenti alla voce talento. Per sintetizzare non vediamo nessun biondo vichingo proveniente da Wurzburg, intesi?
Le prospettive per la stagione restano quindi quelle di vedere se i tanti giovani possano dare una svolta inattesa perché, tenuto conto della concorrenza a ovest, Golden State non sembra proprio essere, a oggi, nelle prime tredici. Tenuto però conto che la conference è di quindici squadre, bisogna cercare di essere davvero ottimisti!