Cè un vecchio adagio che recita chi ben comincia è a metà dellopera, ed i Lakers dallalto del proprio record di 16 vinte e 7 perse sono ad un importante crocevia di stagione.
Perché di squadre che sono partite forte in questo avvio di stagione ve ne sono a bizzeffe, alcune si stanno stabilizzando (vedi Magic) altre invece continuano la loro scalata alle vette della NBA in particolare della Western Conference, dove attualmente il record iperpositivo del .696 dei lacustri basta appena per la 5° piazza nello schieramento dei playoff con le minacce di Denver ed Houston ad insidiare il posto.
Il solo mese di dicembre, per i Lakers può vantare di un sonoro 6-2 come bilancio, arricchito dalle vittorie roboanti del derby contro i cugini Clippers, contro Spurs e per due volte contro i Rockets di Ming, cadendo contro Dallas ed in modo inopinato solo contro gli Hornets.
[b]Dove possono arrivare questi Lakers?[/b]
Continuando sulla falsa riga di queste prime 23 gare, possono togliersi molte soddisfazioni, oggi ed in futuro.
Sembra una frase fatta, scontata, ma niente di più rispecchia landamento della stagione dei Lakers, passando dal nuovo Bryant, al ruolo di Odom, alla gestione caratteriale e tecnica di Jackson ed allarmonia di un gruppo che dopo anni di fragili convivenze, sta trovando la chiusura del cerchio con tante sorprese.
[b]Kobe[/b]
Mostruosa la stagione del neo24, arrivato dopo qualche partita reduce da un operazione di pulizia ad un ginocchio si è messo subito al servizio della squadra, si è posto come guida silenziosa dietro Odom nelle prime settimane di regular season e nellattesa di trovare la forma migliore non ha mai forzato partite, situazioni, tiri e quantaltro restando legato come mai prima dora ai voleri dei Jackson. Questo comunque non gli ha vietato di metterne 52 contro Utah, in uno stato di onnipotenza pura nella ripresa con 19-26 dal campo (!!!!) ed i 53 di qualche giorno fa contro i Rockets sfiorando anche la tripla doppia se non fosse colpa di 2 inopinati errori su assistenza di Kwame Brown ad 1 metro dal canestro.
Chiariamo, è un Kobe che segna ancora tanto come dimostrano i 27.9 punti di media, ma semplicemente facendone ancora un discorso statistico, smazza quasi 5 assist e prende 5 e passa rimbalzi, tirando dal campo e da 3 punti come mai in carriera, a dimostrazione che la fiducia verso i compagni (o perlomeno verso chiunque non fosse lui) è sempre più spiccata.
Ma ciò che rende la stagione di Kobe da assoluto MVP della lega non sono solo le cifre, ma una leadership cristallina in campo, un contributo difensivo costante e concreto ed un autocontrollo spaventoso per uno dei giocatori più ingestibili della storia della NBA, tale da renderlo finalmente trascinatore della propria squadra senza trasformare ogni gara come un One man Show.
[b]Lamar[/b]
Se i Lakers oggi non sono solo Kobe dipendenti, o meglio, lo sono meno che in passato, è bene dare i giusti meriti anche a Lamar Odom, un autentico all-around di 207 cm capace in campo di fare tutto e bene, ma finora sempre fermato da una certa apatia a sviluppare al meglio il proprio talento contornate da crisi di identità che ne hanno minato spesso la carriera.
Dopo il 28 giugno scorso, giorno in cui si consumò la tragedia del soffocamento nel sonno del proprio figlio di pochi mesi, si è acceso un fuoco diverso nella vita di Odom, il fuoco sacro della determinazione, quel fuoco che in questo inizio di stagione lo ha reso una furia in campo, più concentrato che in passato e molto più efficace sia in attacco che in difesa dove porta in dote 17.5 punti di media (record in carriera), quasi 9 rimbalzi e quasi 5 assist.
Numeri che però soffrono di un fisiologico calo mano a mano che [i]”il bistecca”[/i] trovava la condizione migliore, ma che ad inizio lo vedevano vicino al ventello di media con la squadra ben salda sulle sue spalle nelle numerose vittorie di novembre.
Ma la sfortuna è come una roulette russa e quando colpisce è inesorabile, in fatti nella gara del 12 dicembre a Houston, Odom si è girato il ginocchio dopo appena 3 minuti di gioco, uno stop che lo lascerà fermo ai box fino a gennaio inoltrato costringendo Jackson a cambiare molte delle proprie strategie.
[b]Phil[/b]
Lo scorso anno accettò nuovamente il pino dei Lakers non tanto per i soldi (comunque non certo due spiccioli, ma 10 milioni a stagione), e nemmeno per la stima che ha nei confronti di Jerry Buss, del quale amoreggia con la figlia, ma per il progetto ambizioso e non certo facile di trasformare Bryant come ciò che più assomigliasse a Jordan, cercando di rivivere la crescita dei Bulls di fine anni 90 culminata con i 6 titoli nel decennio successivo.
Un lavoro che nella prima stagione lo ha portato a raggiungere per il rotto della cuffia i playoff con una squadra che dipendeva solo da Kobe, con tante anime sperse (vedi Odom, Brown su tutti) e battagliando per unintensa serie contro i Suns, uscendone sconfitti ma a testa alta per aver in pratica gettato le basi per la nuova stagione.
Basi che in questa stagione sono diventate fondamenta del gioco e dello spirito dei Lakers, grazie soprattutto alla maturazione di Kobe ed alla consacrazione di Odom, che hanno come minimo comun denominatore la proverbiale gestione caratteriale che fa di coach Zen uno degli allenatori più vincenti della storia della lega (la % di vittorie comunque lo è, dallalto del suo 71%).
Ed accanto ai Big Two, ai leader della squadra, si affacciano prepotentemente giocatori giovani, di ottime qualità, potenziale, talento come Walton, Bynum, Brown, Evans, Farmer, Radmanovic e Parker, tutti giocatori in rampa di lancio per aprire forse un ciclo vincente e che con il duro lavoro in palestra, sfruttando i propri spazi in campo, supportano a meraviglia le due star affermate.
I Lakers oggi volano e non sembra un volo destinato a fermarsi in tempi piuttosto brevi.
Avranno ancora da arrivare le sconfitte pesanti, le minicrisi che accompagnano di consueto ogni stagione NBA, ma con larmonia di un gruppo che ha imparato a coesistere, conscio dei propri attuali limiti per puntare al titolo, i Lakers saranno una squadra ostica da affontrare nei playoff.