Girovagando nella rete mi sono imbattuto sul sito ufficiale della città di Minneapolis. Tra i tanti argomenti mi ha incuriosito la parte dedicata agli obiettivi della città. Si legge come tale metropoli sia, oltre ad essere un importante centro industriale, un luogo vibrante, accogliente che incoraggia l’apprendimento e l’innovazione. Innovazione…proprio quello che ci vuole!!
Abbandonando la sfera urbanistica e rituffandomi nella realtà sportiva, in casa Wolves molti sono stati i tentativi per cambiare le cose. A parte Kevin Garnett, vera e unica icona della franchigia, tanti sono stati i tentativi di innovazione. Trasformazioni che però non hanno né peggiorato né migliorato la sorte della squadra. Una condizione di anonimato quella che caratterizza i Wolves di queste stagioni, sempre alle prese con problemi di identità e di mediocrità, se si esclude la finale di conference del 2004 contro i Lakers di Shaq e Kobe.
Eppure qualche giorno fa nella Minneapolis sportiva un raggio di sole stava per riscaldare il freddo e ghiacciato inverno del Minnesota. La prospettiva di portare Allen Iverson in maglia Wolves era concreta, possibile ed esaltante. Garnett-Iverson avrebbe smosso quella situazione che da troppi anni impedisce ai Wolves di centrare i playoffs e di arrivare tra le prime della classe. Lo stesso Garnett, attraverso le telecamere, aveva lanciato appelli ad Iverson per averlo nella TwinCity. Questo dimostra ancora una volta la grande pazienza che ho ha affermato Garnett, dopo aver saputo dello scambio tra i 76ers e i Denver Nuggets, riferendosi al suo stato nella Lega: una delle ultime bandiere, un Maldini o Del Piero per il calcio, con una grande differenza. Nessun titolo conquistato, premi individuali a parte.
Forse, proprio la cessione di Garnett potrebbe essere il nuovo punto di partenza per una squadra che peggiorerebbe certamente a livello di qualità (anche se delle contropartite adeguate limiterebbero questa differenza) ma che non avrebbe che da migliorare a livello di prospettive. La figura, lego di Garnett, un po come quella di Iverson a Philadelphia, è diventata ormai troppo pesante per il resto del gruppo e per lo stesso allenatore. Lo si intuisce dai numeri fino ad oggi. Primo nei punti segnati, otto punti di media in più dal secondo Ricky Davis. Primo nei rimbalzi, sette rimbalzi di media in più rispetto al secondo Mark Blount. Terzo negli assist a soli 0.4 assist di media dal primo Ricky Davis. I numeri a volte non dicono tutto ma, in questo caso, potrebbero spiegare il bilancio al di sotto del 50 % nella NorthWest Division comandata dagli Utah Jazz e dai Denver Nuggets di Iverson e Anthony. Una Division che, nonostante lexploit degli Utah Jazz, non offre nulla di entusiasmante, come da anni a questa parte.
Un punto di partenza ci sarebbe ma quello peggiore per i tifosi dei Wolves: la cessione di un grande campione come KG. Dodici anni sono tanti, anche troppi per sperare che dal nulla arrivi qualcosa. I 76ers potranno essere la cartina tornasole per i TimberWolves. Capiranno così se lasciare andar via un uomo, un campione scontento e voglioso di vincere sia veramente una grande perdita. Al campo lardua sentenza.
Fino ad oggi proprio il campo ha dimostrato che limmaturità di questa squadra si fa sentire ogni qual volta le cose non girano nel modo giusto. I Wolves sono 6-2 quando la percentuale di realizzazione è superiore al 50 % per esempio. Cifra anchessa importante è quella della percentuale al tiro: contro le grandi squadre (dal primo al decimo posto nel ranking) la percentuale di realizzazione dei Wolves si abbassa drasticamente al 25% mentre con le squadre di medio e basso profilo le percentuali si alzano decisamente. Soprattutto perché il gioco dei Wolves è un gioco abbastanza istintivo, poco ragionato. Gran parte dei possessi si svolge e si conclude nei primi 15 secondi dellazione, le palle perse oltre questo tempo sono molte anche perché la soluzione personale, vista come ultima chance di tiro, diventa la prima opzione.
Fiducia e sicurezza, quello che i Wolves sembrano cercare. Non solo in campo ma anche a livello societario. Con un pò di coraggio, cambiare la rotta sembra ormai lunico percorso possibile. Solo il campo potrà contraddirmi. A lui la solita ardua sentenza.