I Chicago Bulls la stagione 1999-2000 la chiusero con 13 vittorie e 37 sconfitte (era lanno del lockout ndr), con una percentuale di vittorie del 26%.
Miami al momento in cui scriviamo in 33 gare ha un record di 14 vinte e 19 perse, tradotto in un insoddisfacente 42% di vittorie , 3° piazzamente in division dietro Magic e Wizards e 9° posto totale ad est in coabitazione con i Nets.
In parole spicciole, se la stagione finesse adesso, Wade sarebbere fuori dai playoff.
Il perché di questo preambolo sconcertante sta nel fatto che i Bulls furono la prima squadra nella storia a non qualificarsi ai playoff la stagione seguente il titolo, cosa che gli Heat stanno quantomai imitando in questa prima parte di stagione.
Quei Bulls però erano orfani di Jordan, Pippen, Rodman e Jackson per i noti contrasti con la dirigenza nella persona di Jerry Briciole Krause, mentre gli Heat non hanno smantellato la propria squadra (ad eccezione dei 2 Anderson) ne tantomeno hanno avuto lotte di potere interne.
La stagione scorsa Miami ha dimostrato come si possa cambiare marcia con lapprossimarsi dei playoff, risparmiando risorse in regular season per il rush finale a marzo e aprile per la testa di serie nelle propria division alle spalle solo dei Pistons nella conference.
Questanno le cose sono leggermente diverse, ed i motivi sono arcinoti, partendo dallappagamento post titolo di alcuni giocatori, capitanati da Walker, fine ad arrivare al fantomatico e pesante anno in più sul groppone di gente come Payton, Zo, lo stesso Walker, e J-Will, lo scorso anno veri e propri valori aggiunti ma che in questa stagione stanno sentendo come non mai il peso degli acciacchi e delletà che avanza.
Al tutto si va ad aggiungere il famigerato fattore X, ovvero la peste nera degli infortuni, che dal primo giorno di training camp fino ad adesso ha falcidiato gli uomini della squadra campione in carica della NBA, costringendo Shaq a saltare in pratica tutta la stagione (solo 4 gare giocate), J-Will ad iniziarla in ritardo (12 gare saltate) e Payton a perdere alcune gare per acciacchi vari (ha pur sempre 40 anni).
Ma sembra proprio non voler smettere di piovere nella soleggiata Florida, perché anche Wade lo scorso 27 dicembre si è infortunato al polso, e (contando la stessa gara chiusa dopo 6 minuti) si è dovuto fermare per 5 gare, ovviamente perse, salvo rientrare provvidenzialmente proprio nella gara di stanotte, contro i Blazers per interrompere la striscia negativa, una delle tante di questa travagliata stagione.
Che Wade sia un giocatore indispensabile non è dimostrato solo dalle cifre e dai 27,2 punti che mette a referto ogni sera, ma anche dalleloquente 0/7 di bilancio (che incide come un macigno sul 14/19 complessivo) in sua assenza per Miami, che sommato allassenza Shaq lascia un vuoto incolmabile.
Dietro a Wade e per lappunto Shaq (ma in 4 gare e solo 14,4 punti di media), il solo Haslem tiene mediamente la doppia cifra di media nei punti realizzati (non proprio il suo marchio di fabbrica, ma cè solo da applaurdilo per lintensità che mette in campo ogni sera) seguiti da Zo (idem con patate per quello detto per Haslem) e Kapono fermi appena sopra i 9 punti, lo strabiliante Wright attestato sugli 8, con Walker, Posey, Williams e Payton a oscillare tra i 7 e 5 punti di media.
Finito qui? Nemmeno per sogno
Il 3 gennaio coach Riley indice una conferenza stampa, nella quale annuncia di lasciare lincarico di head coach della squadra a tempo indefinito per il peggiorarsi delle sue condizioni fisiche, relativamente ad un anca e un ginocchio prossimi allo sbriciolamento.
Al suo posto sale in cattedra il vice Ron Rothstein, famoso ai più per essere stato il primo coach della storia della franchigia, tornato alla corte di Riley nel 2003 per diventare assistente di Van Gundy, ed attualmente alla sua 27 stagione in NBA.
I maligni sostengono che questo sarà il definitivo addio alla panchina di uno dei coach più vincenti della storia, esaurito dal peso dello stress di alzarsi ogni mattina alle 4 per studiare avversari, situazioni e trovare le soluzioni tattiche che poi annovere negli immancabili foglietti che sfoggia in panchina il proprio piano partita.
I più maliziosi invece prendono questa decisione di Riley come lennesima mossa psicologica per dare la scossa ad un ambiente ed ai propri giocatori, che nel giro di un anno hanno visto il suo fiammente ritorno in panchina, la celeberrima storia del 15 strong ed il suo repentino abbandono, in parte per problemi fisici, in parte per il suo disgusto ultimamente nemmeno troppo velato per il gioco e lattegiamento di alcuni suoi giocatori: nemmeno il tempo di far esordire il vecchio Roth che già Riley aveva preso provvedimenti sugli evanescenti Posey e Walker rei di aver superato la quota massima di grasso corporeo stabilito dell1%, e per questo fermi in attesa di smaltire il panettone di troppo.
Ma il buon caro Riley nel suo costante modo di sorprendere non stupisce più e circola voce che i due giocatori sopracitati siano coinvolti in rumors alquanto accattivanti che riguardano un possibile approdo alla corte di Wade di un certo artista del calibro di Artest ed il suo scudiero Thomas da Sacramento, per rimettere Miami di forza nella lussuriosa lista delle contender al titolo.
Perché si sa, vincere può essere anche facile, ma rivincere è molto più complicato.