Passerà qualche anno e della pioggia, del verde, dello Space Needle, di partite giocate a orari giapponesi rischiamo ci possa rimanere solo un malinconico ricordo.
Il quarantennale dei Seattle Supersonics sembra esser caduto nellanno meno indicato, quello di maggior difficoltà. Sia dal punto di vista societario che sportivo. Vediamone i motivi.
La permanenza a Seattle è in serio pericolo: la nuova proprietà, diretta da [b]Clay Bennett[/b], vuole una nuova arena, più moderna di quella dove si gioca adesso (la KeyArena), e progettata sullo stile del Pepsi Center di Denver. Costo [b]500 milioni di dollari[/b], da costruirsi nella periferia della città.
Il problema reale? I fondi, ovviamente.
La società è disposta ad impegnarsi per il 20% del costo totale, chiedendo alla comunità locale un impegno di 300 milioni di dollari. Per molti, dai semplici cittadini agli amministratori dello stato, un prezzo troppo alto. In fin dei conti, larena di Denver è stata costruita interamente con denaro privato.
Chiaro il diktat della dirigenza: Se non i soldi non arriveranno, i Sonics si sposteranno a [b]Oklahoma City[/b], quartier generale di Bennet e soci.
Il dibattito è ovviamente apertissimo in città, tra chi è daccordo e tra chi non lo è, e nei prossimi mesi verranno prese importanti decisioni in merito.
Intanto, entro febbraio verrà presentato il progetto della nuova arena, e da li inizierà la ricerca dei fondi.
Inoltre a Seattle in questo momento cè un certo distacco dalla squadra: solo due sold-out in tutta la stagione (in novembre). Questo non solo a causa delle disavventure societarie, ma anche per via di una squadra mediocre, sprofondata sin dallinizio della stagione nei [b]bassifondi della Western Conference[/b].
Il record a metà stagione recita [b]16 vinte e 26 perse[/b], che vale lultimo posto della Northwest Division. A rendere così negativo il bilancio sono soprattutto le partite fuori casa: nelle 20 giocate, solo 4 W. Almeno in casa il conto è a favore: 12-10.
I perché di un così scarso rendimento sono molteplici. Innanzitutto, gli [b]infortuni[/b] alle stelle della squadra, [b]Ray Allen e Rashard Lewis[/b]. Il primo ha saltato una decina di partite, mentre per il secondo sono già quindici ed aumenteranno, in quanto il tendine della mano infortunata lo terrà sicuramente fermo fino a allAll-Star Game.
Tolto uno (o entrambi) degli unici affidabili e continui terminali offensivi della squadra, in queste ultime partite lattacco deve affidarsi a protagonisti estemporanei. Allen ce la sta mettendo tutta per portare alla vittoria i suoi, con partite da 44 punti (lultima contro Denver, persa) e da [b]54[/b] (seconda miglior prestazione di ogni tempo tra i Sonics) il 12 gennaio contro Utah, almeno questa vinta. Ma non sempre è abbastanza, date le prestazioni difensive. [b]Nick Collison e Chris Wilcox[/b] contribuiscono con punti e rimbalzi, ma mai con continuità.
Altro motivo della stagione in sordina è sicuramente il [b]reparto lunghi[/b]. Linfortunio a [b]Robert Swift[/b] in prestagione ha lasciato la squadra senza il centro dal quale ci si aspettava lesplosione. Adesso il reparto è striminzito, sia nel numero dei giocatori, che nella loro altezza e stazza.
Partenti sono Chris Wilcox come ala grande e Nick Collison centro sottodimensionato. Entrambi hanno dimostrato di valere il posto in quintetto con buone prestazioni offensive, ma è nellaltro lato del campo che faticano contro lunghi più alti e possenti.
Abbandonato il progetto di inizio stagione di [b]Johan Petro[/b] come titolare, sono stati alternati spalle a canestro Glyniadakis, centrone greco, e lo stesso Wilcox in un quintetto basso con Lewis PF. I risultati non sono stati esaltanti con nessuno, ma almeno con Collison è maggiore la resa a rimbalzo.
La prima scelta di questanno, lafricano Saer Sene, è stato trasferito nella lega di sviluppo, dove tiene medie punti e rimbalzi discrete. Un prospetto, sul quale ci sarà da lavorare ancora a lungo.
Per completare il reparto, viste le continue bizze di Danny Fortson, e il suo quasi allentamento dalla squadra, è stato ingaggiato Andre Brown: autentico giramondo, giocatore di sostanza, un lavoratore ma poco più.
La speranza di questi Sonics è però la [b]futuribilità della maggior parte del gruppo[/b].
Oltre ai già conosciuti Collison e Ridnour, sotto la lente dingrandimento dello staff sono soprattutto in tre (escluso ovviamente Swift): [b]Johan Petro, Michael Gelabale e Saer Sene[/b].
In queste ultime partite Gelabale sta partendo in quintetto base in sostituzione di Rashard Lewis. Ottima mossa quella di coach Bob Hill. In questo modo può valutare il rookie, nonostante [b]Damien Wilkins[/b] sia probabilmente più adatto a ricoprire il ruolo. Ma la dimensione del nipote di Nique Wilkins è già conosciuta (ovvero solido uomo dalla panchina), quindi il francese può accumulare esperienza di gioco.
La stagione dei Sonics è quindi a un [b]bivio[/b]: attendere il ritorno di Lewis e tentare una disperata rincorsa ai [b]playoff[/b], magari mettendo a segno qualche trade; oppure non sforzarsi troppo così da avere una buona posizione al [b]draft[/b] di questestate, ricchissimo di talento?
Sportivamente parlando, non proprio un principio Decoubertiniano, ma sicuramente da valutare per il futuro della franchigia. In fin dei conti, la permanenza a Seattle dipende anche da questo.