Bastava il movimento di un dito per capire chi comandava nella sua casa. O come dice ancora oggi in my house. Dopo la stoppata quello sguardo che sfida l’avversario, da qui non si passa pareva dire.
Non avrà più quella sfrontatezza e quell’arroganza agonistica della sua giovinezza a Denver ma lui e il suo dito indice che dice di no all’avversario riescono ancora a catturare tifosi e telecamere. La sua missione è rimasta immutata però. Giocare a basket, un mezzo per ottenere il suo grande obiettivo: aiutare chi come lui ha sofferto. Questo è Dikembe Mutombo.
La sua umanità e il suo vocione duro e rauco sono gli opposti di un uomo che ha scelto nello sport di difendere la sua area pitturata da tutto ciò che potesse attaccarla e nella sua vita di attaccare la povertà e la fame difendendo la sua gente. Con le cifre e statistiche ancora oggi in aumento, Mutombo farà la storia dei grandi difensori, lha già fatta e chissà dove potrà arrivare. Superata la quota dei quaranta sta sostituendo più che degnamente Yao Ming al centro dellarea dei Rockets.
Più minuti, contando sulla sua presenza fisica sotto canestro, consapevole di poter essere utile a rimbalzo e a volte arrivando in doppia cifra anche nelle realizzazioni. Una mano che non è mai stata fatata al tiro ma spesso utile quando serve. Quasi 32 minuti di media nel mese di gennaio per arrivare alla doppia cifra di rimbalzi in 11 partite consecutive. Solo Robert Parish nel 1994, anche lui quarantenne, aveva per 6 partite consecutivamente raggiunto la doppia cifra di rimbalzi. Questa è la sua qualità difensiva, quella che ancora oggi fa esaltare il pubblico quando le sue dita, il suo palmo della mano e la palla si incontrano in volo.
Planando sulla sua carriera agonistica non si trovano tracce di grandi vittorie. Vicinissimo al titolo nei Philadelphia 76ers di Iverson e Larry Brown è stato lantitesi del gioco tecnico ma grande profeta di quello fisico e rude sotto canestro. Negli anni, però, le vittorie personali sono state molto più numerose. La fondazione Mutombo è una realtà nelle organizzazioni di aiuti umanitari e di qualche giorno fa è lincontro tra Mutombo e il presidente degli Stati Uniti in occasione del State of the Union Address a Washington per trattare argomenti a sfondo benefico. Una figura, la sua, che trasuda di umanità, bontà danimo, tutte caratteristiche che forse renderanno negli anni più frutti dei suoi numeri da giocatore professionista.
Riecheggiano in questi giorni le sue stoppate arrivate a quota 3190, con il sorpasso a Kareem Abdul Jabbar nella classifica degli stoppatori di ogni tempo: il secondo posto è ora saldamente suo. Si è portato dietro ad Hakeem Olajuwon e come lui ha centrato lobiettivo tra il calore dei suoi tifosi. Era il 21 aprile 1996 quando Hakeem stoppò A.C. Green dei Phoenix Suns facendo esplodere larena ai suoi piedi e alle sue mani: il primo posto era suo. Stessa storia che si ripete dieci anni dopo per questo giovane signore ancora in pantaloncini.
Che questo quarantenne abbia ancora qualcosa da mostrarci? Sono anni che ormai sta lottando contro quelle illazioni che lo vogliono più anziano di quello che effettivamente sia. Stanco di una situazione che colpisce anche la sua famiglia e di quei continui e stupidi insulti razzisti che tra laltro hanno bandito un tifoso degli Orlando Magic dalle arene NBA per lintera attuale stagione. Stanchezza mentale che sembra non intaccare quella fisica forse proprio per la sua passione e gioia nel giocare a basket. Lo sport che lo ha portato via da sofferenze e da una realtà africana molto dura.
La realtà di un quarantenne innamorato di questo gioco, sì questa è la cosa più bella.