Quando, dopo un tira-e-molla infinito, Svetislav Pesic ha definitivamente abbandonato la Virtus per accasarsi a Girona (prendo gli stessi soldi che prendevo a Roma, ha detto, e qualcosa vorrà pur dire), in molti hanno pensato che la sensazione che non sarebbe rimasto aleggiava da tempo nellUrbe. La voce che Girona lo aveva insistentemente cercato circolava da prima dellinizio dei playoff, non confermata né smentita dallinteressato nonostante un contratto (ed un progetto, se così lo si vuole chiamare) che lo prevedeva alla guida della Virtus per tre anni di cui lultimo da spendere proprio in questa stagione.
La squadra della Capitale si è quindi trovata senza coach nel momento esatto in cui normalmente si costruiscono le squadre, sebbene ci fosse un po più di tempo del solito a causa dello svolgimento dei mondiali. E, in assenza di un coach, si è pensato a gestire la riconferma di Hawkins e cercare di prendere Angelo Gigli in uscita da Reggio Emilia. Il quale Gigli, vista la situazione molto poco chiara sul futuro tecnico della Virtus, ha ben pensato di accettare le proposte di Treviso e trasferirsi in quel della Ghirada per prendere il posto vacante lasciato libero da Andrea Bargnani. Perso definitivamente Gigli, Brunamonti ha provato a portare a Roma Marco Belinelli, supportato da due situazioni particolari: la vendita della Fortitudo da parte di Seragnoli a Martinelli, e la voglia nemmeno tanto inespressa del presidente Toti di essere lui a mandare il prossimo italiano nella NBA. La rincorsa a Belinelli materialmente durata oltre due mesi ha avuto come riflesso quello di bloccare completamente ogni piano di mercato, coadiuvata peraltro dalla mancanza di un coach che desse le indicazioni sul tipo di squadra da costruire. Vari nomi si sono alternati, e fra Tanjevic e Repesa alla fine ha avuto la meglio questultimo, il quale ha ottenuto anche ciò che non era riuscito ad avere Pesic: il part-time per poter allenare la nazionale croata. Peccato che abbia preso possesso della squadra romana solo i primi di settembre, con tutto ciò che ne deriva: impossibilità di una buona preparazione tecnica in tempo utile per linizio del campionato e della Eurolega, squadra disomogenea con una chimica da costruire e senza Belinelli eroe dei mondiali ma rimasto sotto i portici bolognesi.
A quel punto della stagione ancora da iniziare ma già troppo avanzata per poter apportare le correzioni di roster necessarie la Virtus presentava lunica novità di Jerome Moiso: testa matta francese dallo spaventoso potenziale tecnico e atletico ma fermo da quasi due anni, tanto che paventava il ritiro dalla attività sportiva. In verità si era già ritirato, quando è arrivato a Roma. Ci ha pensato la Virtus a rimetterlo in una condizione accettabile per poi non confermarlo e non essere costretta ad sborsare una cifra francamente esagerata. Cifra che si è ridotta della metà quando circa un mese dopo il colored transalpino è approdato a Bologna Fortitudo per rinforzarla sotto i tabelloni, Nel frattempo lunico movimento di mercato è stato lacquisto di Loukas Mavrokefalidis giovane greco futuribile ma ancora più che acerbo inviato in questi giorni a Valencia per uno scambio di prestiti fino al termine della stagione con Chiacig. Per il resto: calma piatta. O meglio: molta agitazione ma nessuna sortita, se si esclude lavere a disposizione Marmarinos come dodicesimo negli allenamenti. Il punto è che il buon Dimitrios non era nemmeno lultimo della rotazione. Bastano poche partite (fra cui diverse sconfitte) per costringere Repesa a farsi avanti e chiedere la testa di Ilievski, quella stessa testa che Pesic aveva evitato di tagliare personalmente per metterla da parte ad un certo punto della stagione passata.
Ilievski a Bologna Virtus, e Mire Chatman (fuori squadra alla Dynamo Mosca) a Roma, insieme ad Askrabic transfugo dal fallimento dellaltra Dinamo, quella di San Pietroburgo. Squadra nemmeno tanto male (sebbene Chatman lasci un po a desiderare come qualità di playmaking ed il tasso di atleticità sia vicino allo zero), se non fosse che il divino Bodiroga non può davvero fare tutto da solo in attacco, chè laltra punta la guardia più forte in Europa, tale David Hawkins – questanno proprio non ne vuole sapere di fare le medesime cose fatte nellanno e spiccioli in cui ha vestito la casacca capitolina. E forse qui il problema attualmente ancora irrisolto che ha portato la Virtus ad essere ammessa alle Final Eight di Coppa Italia solo grazie ad una partita sfortunata di Capo dOrlando: il rendimento di Hawkins, imballato dallinizio di stagione e capace, solo a tratti, di far rivedere la fisicità che gli ha consentito di essere devastante nel suo ruolo in passato.
Ovviamente non è solo Hawkins sotto accusa. Anzi: a David va attribuita quantomeno una volontà ed una disciplina che da altre parti si è vista meno: e così via Marmarinos, reo di aver discusso con Repesa, a Malaga Mavrokefalidis in quanto di scarso impatto fisico, via Ilievski che è sempre stato mal digerito anche da Repesa. Risultato materiale: Virtus ottava dietro a formazioni egregie come Montegranaro (il cui roster costa quanto il biennale di Stefannson) in un campionato dal livello tecnico particolarmente basso, e dentro anche alle Top16 di Euroleague grazie al cittadino onorario Pepe Sanchez che ha recuperato la situazione contro Belgrado allultimo secondo.
E questo significa aver raggiunto entrambi gli obiettivi che ci si era previsti. Poi poco importa se in Coppa Italia si sia usciti al primo turno invece di raggiungere la finale come lanno scorso, così come poco importa se il rischio tangibile di questa annata è quello di ritrovarsi fuori dalla lotta-scudetto (o quantomeno dalla lotta per la qualificazione alla prossima Eurolega) dopo aver speso cifre decisamente importanti per lambito nazionale. Della EL corrente è meglio non parlare, dal momento che lobiettivo realistico può essere quello di non terminare con la casella delle vinte a quota zero. Tuttavia qualche segnale positivo cè: la scelta (forzosa o meno) di puntare su qualche giovane (leggi Mavrokefalidis) è tipicamente produttiva, anche se il giovane in questione ha dimostrato di essere attualmente lunico greco timido su un campo di basket; e le cifre spese per tentare un rinfoltimento del roster sono state importanti, segno questo che il budget a disposizione è di primo livello. Il punto fondamentale, però, è quello di fare in modo che determinate cifre possano essere spese nei tempi utili (inizio di stagione o anche impegnate virtualmente prima della fine della stagione), e cercare di non perdersi in dettagli che magari non fanno la differenza ma costituiscono comunque un biglietto da visita verso il mondo esterno il quale contribuisce a dare una credibilità alla società stessa.
Fra i dettagli, in ordine sparso, possiamo citare laffermazione del presidente Toti di disporre di un budget illimitato per lacquisto dei rinforzi per la EL (e Roma è stata presa alla gola dagli agenti, forti di questa pubblica dichiarazione); o anche ultimo in ordine temporale la comparsa dei nomi di Chiacig e Stefansson nel roster Virtus sul sito della Eurolega quando la società capitolina ancora non aveva emesso alcuna comunicazione ufficiale al riguardo dei movimenti di mercato. Per non parlare della vicenda Moiso, dove la Virtus si era esposta per cifre effettivamente alte in caso di conferma dopo un periodo di prova di un mese (poi portato a due) con allegate dichiarazioni appassionate sulla convinzione di avere la sorpresa del campionato. Cosa legittima, peraltro, perché avrebbe effettivamente potuto essere così. Ed è forse a causa di questo che Moiso è stato dapprima tagliato, poi reintegrato, poi ancora in bilico ed il giorno in cui scadeva il periodo di prova si è assistito ad un curioso balletto di conferme smentite e successive conferme che poi sono forse diventate tali perché proprio non ci si poteva rendere ridicoli più di tanto.
In questo gioco, la tifoseria ha un ruolo di uditore con facoltà di intervento, ruolo che si esplicita spesso in battute taglienti piuttosto che in fischi novelli pasquini capaci di colpire nel segno solo con le parole. Il timore (ed il pericolo) vero è in fondo un altro: il disinteresse. In una città che presenta il solito calcio ed in cui le squadre di volley maschile e femminile si trovano in testa alle classifiche delle rispettive leghe (legauno per la maschile, legadue per la femminile), investire nel basket senza vincere nulla significa perdere tempo e danaro.
Allora, forse, sarebbe il caso di spendere meglio. E prima, soprattutto.