Cè una bella differenza tra una squadra giovane e i Chicago Bulls. Una differenza da circoletto rosso direbbe il grande Rino Tommasi. I Bulls sono sì una squadra giovane ma altre squadre, Atlanta Hawks, Memphis Grizzlies, Toronto Raptors per dirne alcune, hanno un grande vantaggio: non hanno nulla da perdere.
Per i Bulls è diverso e non perché questi giocatori abbiano vinto qualcosa sul campo. Non perché debbano difendere qualcosa che hanno conquistato. E la storia alle loro spalle che, volente o nolente, porta sulla strada sbagliata: affiancare quei Bulls, quei sei titoli NBA, ad una squadra nata dal nulla dopo anni di successi. Un paragone, delizia per i tifosi ma croce per coloro che oggi giocano, vincono e perdono con questo imponente peso sulle spalle.
Una squadra da inerzia quella di coach Skiles. Capace di perdere 5 partite su otto disputate in questultimo mese oppure di vincerne 14 su 17 come avvenuto nel mese di dicembre. Un ruolino di marcia che mette in evidenzia pregi e difetti di questa squadra giovane, dallottimo potenziale ma incapace di trovare una linea di equilibrio. Squadra da titolo in borsa, finanziariamente parlando, grandi crescite di valore ed improvvisi crolli che, nella pausa per lAll Star Game, fanno dei playoffs un obiettivo molto difficile da raggiungere.
I giocatori sembrano poco consapevoli della loro forza, larrivo di Ben Wallace non pare aver cambiato questo trand, ma dipendono molto dal loro stato psicologico. Un gruppo che sa essere forte quando le sensazioni sono buone e le W sulle classifiche crescono di numero, molto meno a suo agio nei momenti di difficoltà. Nonostante il record sopra il 50 % nessun Bulls è stato chiamato a Las Vegas per la partita degli All Star e la rinuncia di Jason Kidd per infortunio non è stata loccasione per Gordon di raggiungere il Nevada. Il commissioner della lega David Stern ha scelto Joe Johnson nonostante il record negativo degli Atlanta Hawks. I Bulls, nota curiosa, sono lunica squadra dal record positivo nella Eastern Conference a non avere nessun giocatore nella partita delle stelle.
Unarma a doppio taglio, nei giocatori prevarrà linesorabile delusione o scatterà quella molla che li farà definitivamente esplodere?
La sensazione di squadra emotiva si ripercuote anche dalle voci di mercato. I continui rumors sullarrivo di Gasol per esempio non fanno certo bene allo spogliatoio. Soprattutto se i Big Three Gordon, Deng e Hinrich sembrano essere destinati alla separazione. Gasol e Garnett, come possibili obiettivi di mercato, dimostrano la chiara volontà di Paxson, General Manager dei Bulls, di trovare un giocatore con centimetri da affiancare a Wallace in grado di tirare ma soprattutto di passare. Proprio un assist-man nel ruolo di post sembra essere il possibile filo conduttore tra il gioco sul perimetro, per cui i Bulls sono ai primi posti nella lega, e il gioco sotto canestro dove Wallace non pare, sul lato offensivo, utilizzato nel migliore dei modi.
A proposito di modi. Le parole di Tyrus Thomas sulla sua partecipazione alla gara delle schiacciate sono risapute. In quale maniera i Bulls decideranno di gestire lopzione sul suo contratto da rookie è invece un bel mistero. Sarebbe certamente la pedina di scambio ideale per non sacrificare né Gordon, nè Deng o Hinrich. Unaltra boccata di ossigeno per i Grizzlies nella loro missione di rifondare lambiente: e Gasol sarebbe veramente molto vicino alla Wind City.
Che i Bulls siano vicini ad una definitiva consacrazione è un dato di fatto. Da talenti alcuni giocatori sono diventati simboli di una squadra e ottimi giocatori. Nella scorsa stagione 1349 punti per Ben Gordon in 80 partite, nella stagione attuale con più di venti partite da giocare già 1147 punti a referto. Lo stesso Loul Deng ha quasi realizzato lo stesso numero di punti messi a segno lanno scorso. In difesa qualcosa è cambiato con larrivo di Ben Wallace e non poteva essere altrimenti. Lo scorso anno il miglior stoppatore era Tyson Chandler con 104 stoppate, oggi Big Ben Wallace ha già superato il record dellex centro di Chicago.
Un netto miglioramento ottenuto, oltre che per meriti degli stessi giocatori, grazie ad una guida molto esigente, a volte dura ma necessaria per far crescere giovani talenti. Coach Skiles sta confermando le sue qualità di giovane allenatore (soli 43 anni) non rinnegando, in certe occasioni, i suoi criticabili principi che lo hanno fatto conoscere in questi anni come coach molto rigido. Come quando nel 2003 rispose ad un reporter che gli chiese cosa avrebbe dovuto fare Eddy Curry per migliorare le sue prestazioni a rimbalzo. La risposta fu: Jump.. Motivatore senza dubbio, talvolta con il rischio di rovinare i rapporti con gli stessi giocatori ma nel complesso le tre stagioni sopra il 50 % di vittorie ne fanno un buonissimo allenatore.
Saltiamo su una notizia degli ultimi giorni. Scottie Pippen vorrebbe tornare a giocare. Le partite a golf non bastano e il parquet (o i soldi…) chiama a gran voce. Sarebbe bello, fantastico un ritorno di Pippen nel mondo NBA. Proprio ciò di cui avrebbero bisogno questi giovani Tori. 2 metri abbondanti e 6135 assist serviti in carriera. Le candeline sono forse troppe e Chicago, dalle prime dichiarazioni di Scottie, non è in cima alla lista delle preferenze.
Non me ne voglia Rino Tommasi ma due circoletti rossi li disegnerei. Uno sul ritorno di Pippen. Un altro su questi giovani Chicago Bulls.
Con la speranza, quella di un tifoso di quei fenomenali Tori anni ’90, che di circoletti ne basti uno solo.