Qualcuno risponderebbe di sì, alzando la mano. In segno di forza.
Altri con meno vigore ricorderebbero le due gare sette perse al primo turno dei playoffs. Sottolineando i progressi di una squadra, con i suoi limiti ma con i suoi grandi margini di miglioramento. Ma con la mano alzata risponderebbero di sì. In segno di fiducia.
Altri non risponderebbero. Da tempo la forza di avere fiducia li ha abbandonati.
Nebbia nel deserto texano ed improvvise eclissi di sole. Quando tutto doveva essere più chiaro, tutto si è trasformato nella parte più scura della stagione: il primo turno dei playoffs. Queste in sintesi le ultime due stagioni degli Houston Rockets.
Cerchiamo di fare un po di chiarezza, dimenticando il passato e tuffandoci nella regular season che sta per iniziare per gli Houston Rockets.
L’ex squadra di Jeff Van Gundy, ora nelle mani di Rick Adelman, è sempre quella dei grandi due, Tracy McGrady e Yao Ming. Anno dopo anno le aspettative, di pari passo con la carriera dei due big, sono arrivate ad un punto di non ritorno. Se i Rockets possono dire qualcosa, devono farlo adesso. Se i due big sono una delle coppie potenzialmente più forti nel panorama mondiale, devono dimostrarlo adesso. Dote e limite di quelle squadre con due grandi giocatori e un contorno mediocre intorno, Houston ne è il perfetto esempio.
Alcuni buoni giocatori non hanno fatto altro che mischiarsi al contorno di mediocrità che si è venuto a creare. Scommesse fallite, come quella di Vassilis Spanoulis, quella ancora anonima di Bonzi Wells, quella positiva di Rafer Alston si è persa, insieme allintero progetto, nella nebbia della post season.
Ed ecco presentarsi la nuova strategia della franchigia. Puntare sulle scommesse fallite, almeno quelle di ottimo potenziale. Spiegati i ritorni di Mike James dal freddo del Minnesota e di Steve Francis dallinferno ben retribuito in quel di New York. Entrambi desiderosi di dare tutto per la maglia dei Rockets ma soprattutto di ritornare a Houston da un punto di vista umano. Al diavolo le minestre riscaldate che non funzionano sembra dire lintero ambiente vicino ai Rockets.
Una squadra di alto profilo si spera, di bassa statura sembra essere già chiaro. Cinque playmaker possibili a roster come Rafer Alston , Steve Francis , Mike James, Luther Head e Aaron Brooks, rookie scelto da Oregon al primo anno nei professionisti. Imprevedibilità e velocità nei piani di coach Adelman? Pochi dubbi su questo, molto più numerosi sulla questione dei lunghi. A parte Yao Ming, il parco delle riserve è davvero adeguato? Mutombo, bontà e umanità a parte, sembra essere il destino di una corda che, se troppo tirata, va a rompersi. Jackie Butler nel roster, sul sito ufficiale dei Rockets, è classificato come C-F. Centro o ala forte, quale sia la sua vera identità proprio non si sa. Lacquisto di Luis Scola, ottima scelta strategica, può dare centimetri e forza sotto canestro ma non risolve in maniera assoluta la mancanza di ricambio a Yao Ming.
E tempo che la bomba ad orologeria, chiusa in una scatola per concezione tecnica e per troppi anni, sia liberata. Ecco il compito di coach Adelman, scelto più per il lontano passato (due finali NBA con i Portland Trail Blazers perse contro i Detroit e Chicago) che per il passato recente a Sacramento. Dalle prime dichiarazioni i giocatori sembrano entusiasti dal free style che coach Adelman sembra richiedere ai suoi. Una fase di attacco fun a detta del nuovo argentino Scola, divertimento allo stato puro con tante opportunità a seconda delle fasi di gioco. Un sorpreso Yao Ming su come il nuovo coach abbia così in fretta cambiato registro alla nuova squadra, ingabbiata dagli schemi di gioco di Van Gundy. Adelman sembra aver molto chiare le caratteristiche del proprio gruppo, grandi tiratori e un gran passatore come McGrady, definito dal suo nuovo allenatore un giocatore molto altruista. Vedremo finalmente un McGrady al pieno delle sue potenzialità?
Vedremo finalmente una fase di attacco, come non si è visto spesso in questi anni, abbinata a quella difensiva, marchio di fabbrica della gestione Van Gundy? Adelman non sembra aver dimenticato che una squadra importante si costruisce anche nella propria metà campo. Ma i principi difensivi, anche se simili, potrebbero essere professati diversamente dal suo predecessore. Per esempio non smettendo di contestare i tiri ma dosando le energie, cosa che spesso la scorsa stagione ha influito sulle percentuali offensive di Houston.
Arrivasse il titolo Houston sarebbe veramente THE CLUTCH CITY, come ai tempi di Olajuwon, Cassell, Drexler e Horry tra i tanti. Nella realtà lanello non è nei piani immediati ma le fondamenta per raggiungerlo partono sicuramente dalla stagione che sta per iniziare.
Con forza, fiducia e voglia di crederci.