[I]”Cosa si prova a passare da incompetente a genio nel giro di 33 giorni?”[/I]
Al 226 di Causeway Street – Boston, MA – c’è una persona che potrebbe rispondere a questa domanda. E’ [B]Danny Ainge. GM dei Boston Celtics. [/B]
E 33 sono i giorni che intercorrono tra il 28 giugno, giorno in cui Ainge ha spedito a Seattle Wally Szczerbiak, Delonte West e i diritti su Jeff Green per prendersi in cambio [B]Ray Allen[/B] e i diritti su “Big Baby” Glen Davis, e il 31 luglio, quando sempre lo stesso Ainge ha preso da Minnesota il bigliettone, [B]Kevin Garnett[/B], in cambio di Ryan Gomes, Gerald Green, Al Jefferson, Theo Ratliff, Sebastian Telfair, la prima scelta di Boston del 2009 (top 3 protected) e ha ridato la prima scelta che aveva preso proprio da Minnie nell’affare Davis-Szczerbiak. Tanta roba, ma per KG ne valeva la pena.
33 Giorni che potrebbero aver cambiato le sorti della franchigia, e probabilmente di tutto l’Est.
E dire che dopo queste trade e dopo aver acquisito [B]James Posey[/B] con la MLE c’era ancora chi criticava Ainge e i Celtics per la poca profondità del roster. [I]”Dopo i 3 c’è il vuoto”[/I] si diceva.
Ma con una partenza lanciatissima anche i più scettici si stanno ricredendo sulle eventuali lacune dei verdi. [B]Le prime 8 partite sono coincise con altrettante vittorie[/B]. E la striscia si è fermata solo domenica notte con i Magic, forse la squadra più in forma del momento.
Otto partite in cui Boston ha dimostrato che far convivere 3 stelle di assoluta grandezza non è un problema, ma solo un’opportunità, se le stelle sono intelligenti e altruiste come lo sono Pierce Allen e Garnett. Partite in cui [B]il cosiddetto supporting cast ha dimostrato a larghi tratti di esser stato sottovalutato dall’opinione pubblica[/B] in sede di prestagione. [B]Rondo[/B], da tutti considerato l’anello debole della squadra a causa della poca esperienza, sta distribuendo bene il gioco, con quasi 5 assist a partita, e sta tirando dal campo con il 58%, dando anche alla causa 3 rimbalzi e 2 palle recuperate ad allacciata di scarpe.
[B]Perkins[/B] tira con il 60% dal campo ed ha incrementato tutti i numeri statistici, anche a fronte di un ruolo in campo più importante.
Chi forse sta un po’ deludendo le aspettative iniziali è Posey, che, gara con Miami a parte, non ha inciso come suo solito, anche a causa di un problema alla schiena che ne condiziona il rendimento.
Ma al di là delle cifre, ottenute contro squadre che non si possono definire contender, [B]ciò che più impressiona dei Celtics è la facilità con cui giocano, e la sensazione che possano accelerare e fare il break in qualunque momento[/B]. Gli basta poco, questa l’impressione, per svoltare una gara. Stringere qualche vite in difesa e cavalcare di più la star in serata in attacco. E il break è ottenuto.
Paradossalmente proprio la gara persa contro Orlando ne è stata la testimonianza.
La gara è iniziata con i Magic che in attacco hanno abusato dei verdi, con un Dwight Howard, inizialmente preso da Perkins, che ha prodotto tanti punti in vernice. E una serie di palle perse dai Celtics che hanno fatto si che Orlando volasse anche a +20.
Proprio qui però è iniziata la [B]dimostrazione di forza di Boston[/B]. KG ha iniziato ad andare sulle piste di Howard e su di lui è iniziata una fase di falli sistematici che ha un po’ ridotto la produzione offensiva di Orlando. In attacco la palla è andata più spesso da Pierce, che delle 3 star era quella in serata realizzativa migliore. E Boston [B]ha iniziato a recuperare lo svantaggio in poco più di un quarto di gioco[/B], seppure frenata dai problemi di falli e dalla giornata poco brillante di KG.
Quando è stato il momento di agguantare la partita, anche Allen, che fino a quel momento si era parecchio nascosto, ha iniziato a produrre punti. L’epilogo è però stato a favore di Orlando, che ha trovato in Lewis l’uomo giusto a cui affidare la palla in attacco, anche aiutata da una serie di palle perse sanguinose e di tiri sbagliati da parte di Boston, T. Allen in primis, che non ha permesso di prendere un vantaggio consistente ai verdi. [B]L’ultimo possesso[/B], con il tiro sulla sirena di Pierce che ha provato da 3 per la vittoria, [B]non ha sorriso a Boston, che si è vista interrompere la striscia di vittorie alla nona partita.[/B]
Ma se proviamo ad analizzare meglio la sconfitta, scopriamo che la battuta d’arresto è più dovuta a una serie di concause che a un reale demerito della squadra. Squadra che per inciso, conosce perfettamente le proprie potenzialità e i propri difetti. E a dimostrazione di questo c’è la sistematica attribuzione, inizialmente, del lungo più pericoloso a Perkins, salvo poi mettere the Big Ticket in caso la partita si stia mettendo male. E c’è anche la spasmodica ricerca, a inizio partita, di coinvolgere tutto il supporting cast. A partire dal primo possesso quando è costante l’utilizzo di Perkins.
Di [B]limitante[/B], al momento, c’è la [B]condizione fisica di alcuni uomini[/B] che possono, anzi devono, diventare importanti quando la stagione entrerà nel vivo. [B]A partire da Posey e Tony Allen[/B], tutti e due alle prese con recuperi da infortuni più o meno gravi, il primo alla schiena, il secondo al ginocchio; infortunio che lo ha tenuto fuori per buona parte della scorsa stagione e che tutt’ora ne limita l’atletismo, oltre a costringerlo a giocare con un vistoso tutore alla gamba.
E c’è, soprattutto, che in questo momento [B]non esistono giochi elaborati in attacco[/B]. L’azione si sviluppa spesso da KG in post che fa da play e smista il pallone, con Pierce sul lato forte e Allen sul lato debole. Le varianti sono poche. Pierce che quando è marcato da qualcuno più piccolo ne approfitta e lo porta in post basso, oppure pick and roll in punta tra Rondo e Garnett che si apre per il tiro dai 5 metri.
Forse questo è il limite più evidente dei Celtics. [B]Non hanno un allenatore che abbia dato un’impronta definita alla squadra[/B]. Che per fortuna può contare su interpreti molto intelligenti del gioco che riescono a nascondere il difetto organizzativo. Ma il timore, è che quando si dovranno scontrare [B]con formazioni molto preparate in difesa, come San Antonio, possano pagare questa lacuna[/B]. Unico vero neo di una squadra che fin qui dà l’idea che possa perdere una partita, ma che in una serie a 7 ha troppe armi dalla sua parte da poter sfruttare.
Questo il difetto che dovrà essere limato con l’avanzare della stagione. Perchè Ainge, per passare come genio fino in fondo, deve arrivare alla conquista del titolo. E per farlo si dovrà arrivare al meglio da aprile in avanti.