Il difficile è riconfermarsi. Questo quel che si diceva in sede di presentazione dei [b]Toronto Raptors[/b], campioni della loro division a sorpresa lo scorso anno, e chiamati ad una riconferma ad alti livelli questanno, pur in un est tutto sommato rinforzato, anche se mote formazioni accreditate per i primi posti stanno deludendo, prima tra tutte [b]Chicago[/b], ma anche NJ, Was (orfana di Gilbert) e Charlotte, che sembrava potesse inserirsi con buona credibilità nella corsa per un posto ai play-off.
E Toronto? Se si dovesse tirare una riga adesso e dividere i buoni dai cattivi, i promossi dai bocciati, dove finirebbe? Molto probabilmente in mezzo. Intendiamoci: la partenza è stata di gran lunga migliore in confronto a quella avuta l’anno scorso, nonostante un [b]Chris Bosh[/b] non proprio in forma scintillante e nonostante la quasi totale uscita dalle rotazioni di Jorge Garbajosa. Ma cè qualcosa che non convince in questi Raptors, primo fra tutti, la gestione delle rotazioni da parte di coach Sam Mitchell.
Non aspettatevi una critica gratuita da parte di chi vi scrive. La valutazione del buon Sam non dipende certo da quanto e come fa giocare il Mago, o almeno non solo.
[b]Primo[/b] problema: Toronto ha una rotazione allargata a 12 giocatori, sinceramente troppi, non solo per una questione di talento, visto che [b]nella NBA odierna difficilmente si trovano in una squadra 12 giocatori in grado di stare in campo minuti veri[/b]. Ma questa rotazione comunista comporta anche altri problemi, uno tra tutti, quello delle gerarchie. Esclusi Bosh e TJ Ford, rispettivamente prima e seconda (in alcuni casi anche terza) opzione offensiva, da chi va Toronto con maggior frequenza? Da [b]Bargnani[/b], la sua primissima scelta? A guardare le cifre si direbbe di si, cosa che invece non traspare dallutilizzo che ne fa Mitchell. [b]Partito in quintetto[/b], il Mago, è stato retrocesso dopo pochissime partite in panchina, salvo poi essere reinserito nei 5 di partenza, più per linfortunio accorso a Rasho Nesterovic che per un ripensamento del coach. Questa poca chiarezza didee, non può certo giovare al giocatore, che è si un tipo freddo, impassibile, ma che certamente, come tutti i giocatori, ha bisogno di una certa stabilità. Che questo poi voglia dire partire sempre dalla panca o iniziare la partita, sta a Mitchell deciderlo, purchè ci sia una continuità nelle scelte fatte dallex tutor di KG.
[b]Secondo[/b] problema: Il rendimento e lutilizzo di Chris Bosh che, piaccia o meno, è la [b]star della squadra[/b], luomo che tocca più palloni e che si prende più responsabilità. E qui apriamo un vaso di pandora. Da dove iniziare? Intanto il rendimento: le cifre di Bosh hanno subito un sostanzioso calo, in quasi tutte le voci statistiche, dai punti, passati da oltre 22 a [b]18.8[/b], ai rimbalzi, dove il texano è sceso sotto la doppia cifra ([b]7.9[/b]). Anche le percentuali di tiro sono in sensibile calo, ma non è solo una questione di numeri, è soprattutto una questione di intensità di gioco. Bosh in questinizio è stato frenato da problemi fisici, che ne hanno inevitabilmente limitato lesplosività e lo strepitoso dinamismo di cui è dotato. Se a questo ci aggiungiamo che molte volte, i giochi chiamati per lui sono isolamenti, dove ha la palla in mano per troppi secondi per poi attaccare una difesa che aspetta solo lui, allora ecco spiegati i motivi di un inizio di stagione perlomeno complesso.
[b]Terzo[/b] problema: La staffetta [b]TJ Ford/Jose Calderon[/b]. Con ogni probabilità il duo di play più forte della lega, due potenziali titolari che si stanno inevitabilmente pestando i piedi. Seguendo la logica con cui è stata costruita la squadra da Colangelo e Gherardini, il play giusto sarebbe senza ombra di dubbio Calderon, giocatore che ha raggiunto una maturità tecnica e caratteriale importante, un [b]playmaker[/b] che sa come, e soprattutto quando, [b]coinvolgere i compagni[/b], nessuno escluso, senza contare che poi in attacco ha una dimensione perimetrale che TJ non ha con continuità. Si ma TJ? Ok, non è e non sarà mai il prototipo del playmaker ragionatore, ma [b]lenergia che mette in campo ogni sera ha pochi eguali nella lega[/b]. Peccato per qualche piccolo difettuccio: non ha tiro da fuori, o perlomeno non con una continuità da renderlo pericoloso, troppe volte è fuori giri, ha una sola marcia e per lunghi tratti di partita, lunico compagno che vede è Bosh, cosa che rende la manovra di Toronto quanto meno prevedibile. Il tutto accompagnato da un [b]contratto[/b] leggermente [b]pesante[/b]. Cosa farà Toronto? Limpressione è che, se non questanno, lanno prossimo la dirigenza dei [b]Raptors dovrà prendere una decisione[/b].
Ma non ci sono solo coni dombra nella stagione di Toronto, che ricordiamolo, è [b]10 vinte e 8 perse[/b].
I nuovi arrivati stanno tutti dando il contributo che ci si aspettava, a partire da [b]Kapono[/b], passando per [b]Delfino[/b] (che per la prima volta nella sua carriera NBA sta avendo minuti importanti) fino ad arrivare al giocatore cult della franchigia canadese, quel [b]Jamario Moon[/b] rimasto nascosto nelle leghe minori fino a questanno (è del 1980). Da quando è stato inserito in quintetto, Jamario sta giocando oltre 31 minuti di media, nei quali strappa 7.7 rimbalzi per gara, conditi da 1.6 richieste dinvito a serata. Certamente un giocatore che fa dellatletismo la sua arma migliore, e che in attacco da il suo meglio se servito in movimento verso il canestro. Forse [b]31 minuti di media sono troppi[/b] sia per il suo bene che per quello della squadra, ma Mitchell ha visto, giustamente, un [b]potenziale difensivo disarmante[/b], e considerando che in attacco Moon non ti danneggia, si spiegano tutti e 31 i minuti di gioco. Con lesplosione di Jamario, sono inevitabilmente [b]usciti dalle rotazioni Graham e Jorge Garbajosa[/b]. Il primo (che contro Charlotte ha sfruttato lassenza di Bargnani e Bosh per giocare 27 minuti), ha un potenziale fisico devastante, ma alterna giocate esaltanti a vuoti di concentrazione imbarazzanti. Il secondo, è entrato in collisione con la dirigenza in estate, per la famosa questione di giocare o meno agli Europei, e da allora la frattura tra le due parti non si è risanata, come anche la caviglia di Garba, non del tutto guarita e che preoccupa molto la franchigia che, nel momento in cui [b]scadrà lassicurazione stipulata in estate[/b], dovrà prendere una decisione sullo spagnolo.
Per riconfermarsi in pieno, almeno per quanto riguarda la stagione regolare, Sam Mitchell deve [b]fare chiarezza nelle sue rotazioni[/b], e nei ruoli in campo, nelle gerarchie. Solo così Toronto potrà prendere una sua vera fisionomia, il suo vero carattere, che per ora è sospeso tra quello della squadra in stile [b]FIBA[/b], che divide le responsabilità e si passa la palla, e quello della classica franchigia [b]NBA[/b], dove periodicamente si deve passare per le mani della star, anche se questa non è in perfetta forma e non a caso, Bosh è fermo dal 28 novembre, perché se gioca in una logica NBA si deve prendere lo stesso i suoi tiri e le sue responsabilità.
[b]Stefano Manuto[/b]