I tifosi canturini non accolgono propriamente con calore il fenomeno milanese, il quale li ripaga con una prestazione da professore del gioco, fatta di talento, concretezza e istinto del killer, rimandando a casa i tifosi canturini con una sconfitta nel derby e tanto freddo nelle ossa per un Pianella al limite del presentabile.
Questa è la prova di un campione che non ha molti rivali nel campionato italiano e che è stato in grado di dominare il match in ogni aspetto del gioco.
Cantù inizia il match sfruttando la letargica difesa milanese e la riproposizione in quintetto da parte di Caja di Tony Giovacchini, come già successo a Vilnius. Il più in palla è sicuramente Torin Francis, autore di 10 punti nel primo quarto e vero e proprio rebus per i lunghi avversari all’interno dell’area, ma dall’altra parte del campo anche Cantù non riesce ad arginare la coppia Sesay-Gallinari, che mette a referto tutti i primi 14 punti degli ospiti. Tourè ha tanta voglia di dimostrare ai biancorossi l’errore di averlo scaricato troppo presto, gioca una partita molto decisa in difesa ed a rimbalzo, ma manca colpevolmente di tocco nel tiro e questo diventerà il problema che lo farà spegnere con l’andare del match.
Dopo qualche dubbio sul suo arrivo, anche Fitch è della partita ed il suo primo tiro arriva alla fine del primo quarto da due metri dietro la metà campo; la palla finisce in fondo alla retina, ma avendo lasciato le mani dell’ex Kentucky dopo il tempo massimo.
La partita è equilibrata per tutto il secondo quarto, non si brilla certo per spettacolo ma Fitch può cominciare a far vedere quanto talento abbia e di quanti punti possa disporre. Questo non si sposa con le caratteristiche di Wood (almeno in questo caso), mentre Milano con Watson e Gallinari piazza un piccolo break a fine tempo per andare al riposo lungo sopra di sei lunghezze.
Al rientro è praticamente un monologo di Milano, che rischiera Giovacchini in playmaker lasciando Booker lontano dalla palla. Gallinari non smette di martellare la retina biancoblu, però l’arteficie della sparatoria che vale il +13 è Ansu Sesay che prima infila la tripla del +8 e tre azioni dopo si isola in punta contro Tourè e gli stampa un’altra bomba, obbligando Dalmonte al timeout.
All’ultimo mini-intervallo Milano conduce di otto lunghezze con il ritmo in completo controllo e la possibilità di allungare le mani sul match, sebbene disponga di un Vukcevic completamente fuori dalla partita, sia balisticamente che difensivamente.
Cantù non ci sta e, come successo contro Scafati e Varese, riesce con le giocate di forza di Brown e Fitch a ricucire lo strappo sino al -1, rimettendo in partita i tifosi. Da questo momento Milano dimostra come sia cambiata la testa dei giocatori rispetto all’inizio di campionato ed infatti Vukcevic riesce a mettere due bombe cruciali che ridanno ossigeno a Milano in vista del finale. Watson (molto importante la sua doppia doppia da 10+11) sigla i liberi del +8, ma Cantù ci riprova ancora con coraggio grazie a Fitch (19 alla fine per lui) e il redivivo Francis prima che si ritorni nel “Gallo time”.
Prima lucra due liberi giocando da point forward e regalando il +6 a Milano, gli risponde subito Fitch con il canestro, ma a 39″ dalla fine una splendida circolazione milanese lo mette in ritmo per la tripla aperta dall’angolo che viene tranquillamente infilata e manda i titoli di coda ad una vittoria di squadra biancorossa.
Il doppio ventiduello di Gallinari e Sesay è la chiave statistica del match, ma quello che più fa sorridere i tifosi AJ è la ritrovata mentalità, lo spirito di remare nella stessa direzione ed uscire dai momenti difficili delle partite, nonostante una rotazione assai ridotta. Giiova ricordare che Milano si è ritrovata ad affrontare l’ennesimo infortunio della stagione, con Conroy fermo ai Box per un paio di mesi.
Sembrava incredibile fino ad un mese e mezzo fa, ma ora le final eight distano solo una partita e la strada intrapresa sembra quella giusta.
Giusto una piccola menzione per l’mvp di questa gara. Ha deliziato tutto il pubblico (milanese e non), giocando con la tranquillità e la convinzione dei propri mezzi tipica dei campioni, ma quello che più impressiona è la disarmante facilità con cui riesce a mettere a segno le giocate più difficili. E’ ancora chiara nella memoria quella tripla in cui con una finta di avambraccio ha mandato al bar il recupero difensivo e poi, senza far abbassare la palla sotto l’equatore, ha lasciato partire il tiro con un nitore stilistico e una facilità sbalorditiva, schiaffeggiando morbidamente il nailon.
Godiamocelo, finchè possiamo…