Ebbene si, anchio, ottimista ad oltranza sui [b]Milwaukee Bucks[/b] ,mi devo ricredere.
Anche questa stagione sembra da buttare, e le speranze di un approdo ai playoff si affievoliscono partita dopo partita.
Non ingannino le tre vittorie consecutive di inizio settimana (seguite poi da 2 sconfitte di fila). Sono arrivate contro Miami, Charlotte, e Philadelphia, pure loro in difficoltà. Nellunica partita nella quale hanno affrontato una formazione competitiva, i Washington Wizards, la sconfitta è stata pesante. La squadra al momento non è degna di essere tra le prime otto ad Est.
Ma andiamo a dare unocchiata più in dettaglio ai complessi problemi che attanagliano la franchigia del Wisconsin, e che la allontanano, forse in maniera definitiva, da annate positive, almeno soddisfacenti, se non di successo.
Il primo punto della lista è sicuramente la [b]difesa[/b], la fase del gioco che crea i maggiori crucci a coach Kristkowiak.
Si sbaglia dalla base, dai fondamentali.
Più braccia che gambe, causa di tanti falli inutili: la prima linea, quella composta dai piccoli, è molto propensa alla ricerca della palla rubata.
Questo istinto, unito ad una incapacità di contenere le partenze in palleggio degli avversari, aprono autostrade dirette al canestro, anche grazie allarea sguarnita e svuotata di lunghi, i quali, spesso in ritardo, sono costretti alla ricerca del fallo terminale per impedire i due punti.
Anche ladattamento alle situazioni è difficile: un ribaltamento, un passaggio dal post basso al post alto, un rimbalzo offensivo subito, un pick and roll ben eseguito portano spesso al canestro altrui.
Tutto questo in un contesto difensivo a uomo. Nella zona invece, le cose migliorano nettamente. Gli spazi sono ben mantenuti e le rotazioni in aiuto eseguite al meglio. Peccato che tutta la partita in difesa a zona in un contesto appena superiore alla nostrana Prima Divisione non portino di sicuro alla vittoria!
L[b]attacco[/b] invece sembra andare molto meglio. Il talento offensivo di Redd, Williams, Villanueva ed in generale della squadra aiuta a coprire le tante lacune di un sistema di gioco povero di alternative e fatto di azioni personali ed isolamenti, sia dei piccoli che dei lunghi.
Tutto parte dai costruttori di gioco: mancano giocatori in grado di gestire la squadra e di amministrare i palloni.
Il playaker titolare [b]Mo Williams[/b] non è di certo adatto al gioco dei Bucks. La sua frenesia, la mentalità [i]Shoot First[/i], le corse a perdifiato in solitaria in contropiede, e il conseguente mare di palle perse lo dimostrano, non aiutano la squadra, che manca di pedine in grado di far rendere al meglio i meccanismi della squadra.
Nasce quindi un attacco fatto di uno contro uno, di tiri scoccati al primo passaggio, di schemi molto semplici da arginare per le difese, con colui che ha il possesso della palla orientato al canestro e gli altri a guardare. Gli scarichi sulle penetrazioni, che tornerebbero utilissimi con la batteria di tiratori dalla lunga distanza che il roster fornisce, giungono sempre in ritardo, considerati come una soluzione estrema, quando proprio tutte le strade verso il canestro sono bloccate.
Avere il miglior giocatore della squadra in [b]Michael Redd[/b] di certo non aiuta al miglioramento del gioco. È principalmente un realizzatore, con una meccanica di tiro quasi perfetta per efficacia e stile e ottime capacità di penetrare e finalizzare, ma manca di visione di gioco e la sua difesa è allacqua di rose (come quella del resto del team). Manca quindi quel talento molto speciale, alla LeBron James o alla Dwyane Wade, in grado di creare, di costruire per gli altri, e di trascinare la squadra verso il traguardo finale migliorando i compagni.
La palla non gira, e a farne le spese principalmente, oltre ai risultati di squadra, sono i lunghi, a cui arrivano palloni giocabili poco spesso. Ed è un peccato, perché il rendimento nelle ultime partite di [b]Andrew Bogut [/b]si sta elevando verso picchi di rendimento elevati. Non a caso questa notte è arrivato il [i]career-high[/i] di 29 punti, nella sconfitta contro i Phoenix Suns. In questannata il suo impatto sulla squadra è aumentato assieme allatleticità, il suo fisico più asciutto gli permette di coprire la distanza del campo con più facilità ed andare anche a cercare il rimbalzo sotto i tabelloni offensivi, unico a farlo nella squadra.
Inoltre è mutato anche il suo atteggiamento verso la stampa: sono spesso sue le parole più significative nel post-gara, e non sempre piene di complimenti verso la squadra (lui compreso). Si sta rivelando quindi, al suo terzo anno, come leader carismatico del team, colui che cioè si espone allesterno per tutti, molto più dei Redd o dei Williams.
[b]Possibili soluzioni allorizzonte?[/b]
È dura cambiare il modo di giocare e la mentalità della squadra. Difendere sembrerebbe troppo difficile (ironicamente parlando) e andare oltre i primi uno-due passaggi in attacco utopia.
[b]Scambiare qualche pedina[/b] forse è il modo migliore per scuotere lambiente ed inserire nuova linfa. Negli ultimi giorni si parlava di Zach Randolph come nome nuovo e sul mercato sembrano essere disponibili Villanueva, Simmons, Bell, Gadzuric.
Il rumor sullala di New York si è poi rivelato privo di fondamento, ma ciò non toglie che la strada da percorrere sia quella, soprattutto per arrivare ad un playmaker in grado di impostare le azioni della squadra, merce comunque di difficile approvvigionamento nellNBA odierna.
Siamo arrivati quindi ad una fase di fine della speranza: il bel progetto iniziato tre stagioni orsono sembra ormai al capolinea così come è. La realtà è ben diversa da quanto previsto, e il GM Harris dovrà partire da questo punto per un nuovo approdo alla competitività, che ormai manca dai tempi dei Big Three Cassell-Allen-Robinson.