Ci sono giocatori che sprizzano talento da tutti i pori. Ci sono giocatori che solo a guardarli camminare ti danno il senso del loro talento. Rudy Gay è uno di questi. Talento cristallino, Rudy fa tutto con una naturalezza ed una scioltezza quasi peccaminose se paragonate a chi deve sudarsi sette camicie per emergere. Sarà stato per questo, o per quella faccia non proprio cattiva, che al momento del draft molte franchigie (sette per lesattezza), non hanno avuto il coraggio di chiamare un giocatore sul quale si erano addensate troppe nubi riguardo alla sua forza caratteriale, al suo interesse per la palla a spicchi.
Sette franchigie dicevamo:
Toronto che ha scelto Andrea Bargnani, rendendo lItaliano il primo giocatore Europeo ad essere prima scelta assoluta, Chicago, che ha scambiato la sua scelta con Portland (Aldridge per Thomas), due squadre che nel ruolo di Rudy pensavano di essere coperte con Travis Outlaw, Martell Webster, Deng e compagnia bella. Charlotte, che si è fatta stregare dal look retrò di Adam Morrison, salvo poi scoprire che pur facendo canestro il giocatore probabilmente non vale la terza chiamata assoluta (infortunio a parte). Gli Hawks, che ne avevano piene le tasche di guardie-ali atletiche, hanno indirizzato la loro preferenza su Shelden Williams, una scelta che, al di là del reale valore del giocatore, ha un senso logico, come anche le scelte di Roy e Foye, selezionati rispettivamente da Minnesota e Boston in una operazione che ha coinvolto anche Portland.
Ma anche chi ha scelto Gay, gli Houston Rockets (ad occhio e croce coperti nella posizione di 2-3), lha fatto per conto terzi, ovvero per Memphis, che questanno si è trovata per le mani un giocatore che, dopo un primo anno discreto, da 10,8 punti di media, accompagnati da 4.5 rimbalzi (in 27 minuti!), è praticamente esploso, raddoppiando la media punti e migliorando in quasi tutte le voci statistiche. Le più importanti, per dare una misura di quanto questo miglioramento sia anche qualitativo e non solo numerico, sono quelle della percentuale di tiro, passate dal 42% al 46, con 7 tiri in più presi per gara, e il numero delle palle perse, solo 2,05 contro le 1,79 dello scorso anno. Ad essere onesti, questultimo dato è una diretta conseguenza del tipo di giocatore che Rudy è in questo momento, un finalizzatore, che tratta poco la palla, e quando lo fa, è di solito per tirare. E proprio sotto questaspetto che Gay deve migliorare (e le premesse perché lo faccia ci sono tutte), perché, per il momento, il repertorio del prodotto di Connecticut si limita (per modo di dire) al tiro da fuori, preso con eleganza innata, alla penetrazione fino al ferro,oltre che alle sgroppate in campo aperto, dove Rudy letteralmente veleggia, grazie ad un atletismo smisurato. Nel gioco tra la linea da 3 punti e il canestro, Gay è ancora insicuro nel palleggio in traffico, legge troppo lentamente eventuali aiuti e raddoppi, e non è ancora automatico nellarresto e tiro, non tanto nellesecuzione, quanto nella scelta di utilizzare tale opzione.
Tutte cose che arriveranno, per ora accontentiamoci di un giocatore dalle movenze setose, che produce 20 punti a gara in una squadra che comunque deve alimentare Gasol e Miller, ed in uscita dalla panchina Navarro, giocatore a cui piace tirare. Raramente ci sono giochi chiamati per Gay, che però, nel momento in cui riceve palla, può prendersi un tiro come, quando vuole, chiunque sia il suo marcatore.
Per il momento i dubbi sul suo carattere sono stati spazzati via da grandi prestazioni, e da canestri importanti nei finali di gara, uno su tutti, la bomba presa sopra la testa di Tim Duncan, per il momento il punto più alto di una stagione esaltante (dal punto di vista personale), che, se Rudy manterrà le promesse, potrebbe essere solo la prima di molte altre.
Stefano Manuto