Sulle spalle di LeBron James, oltre allenorme tatuaggio TheChosenOne, cè anche tutto il peso dei Cleveland Cavaliers. LBJ non è solo luomo franchigia, LBJ è la franchigia. Lo si è visto fin dagli esordi nella lega di James, quando il ragazzino prodigio tenne fede a tutte lenormi aspettative che si erano create attorno al prodigio proveniente da St. Vincent e St. Mary HS, che chiuse una straordinaria stagione da rookie con cifre stratosferiche: 20.9 punti, 5.5 rimbalzi e 5.9 assistenze, che nella sua stagione da Sophomores sono ulteriormente salite, ed anche in modo corposo, visto che la media punti è arrivata ad oltre 27 di media, e quella dei rimbalzi e degli assist è salita oltre i 7 a sera.
Ma cè un ma. I Cavs in quei due anni non hanno disputato i playoff, crollando, in entrambe le occasioni, nella seconda parte di stagione, ed in particolar modo nellultima, che costò anche il posto a Paul Silas, il primo allenatore NBA di James, il tutto mentre il rivale mediatico di LeBron, Melo Antony, traghettava i Denver Nuggets alla post season in un ovest sicuramente più difficile e duro di un est francamente annacquato.
Tutto materiale per i pochi non estimatori di James, al quale veniva anche rinfacciato, di non mettere i tiri che contavano. Risposta del James? Una stagione mostre, oltre i 31 di media e soprattutto con una qualificazione ai playoff, nei quali il n° 23 esordì con una roboante tripla doppia, il passaggio del turno ai danni di Washington, dopo un esaltante sfida con Agent 0, e leliminazione per mano dei Detroit Pistons, che poi sarebbero stati eliminati in finale di Conference dai Miami Heat. In questo caso niente drammi in casa Cavs, se non lamarezza dello stesso LeBron, che dopo lultima gara contro i Pistons lasciò il campo senza dare il giusto saluto e quindi onore agli avversari, forse la prima mossa sbagliata, a livello di pubblic relation, di un giocatore che anche fuori dal campo, nonostante la giovane età, si muove come un veterano. Linizio della stagione seguente non fu molto esaltante per il prescelto: forse ancora segnato dalla pessima figura a livello internazionale di Team USA, James ebbe qualche difficoltà a riprendersi del tutto, salvo poi esplodere nella seconda metà di stagione regolare, e soprattutto nei playoff, dove i suoi Cavs incrociarono ancora una volta Detroit, questa volta però in finale ad est. Il 2-0 iniziale dei Piston sembrava aver già scritto la parola fine sulla comunque esaltante stagione di Cleveland, che però riuscì a sollevarsi, rimontando nella serie e compiendo il miracolo nelle ultime due gare dove, prima James stupì tutta la lega con una prestazione Jordanesca in gara 5,quella dei 28 punti sugli ultimi 29 della sua squadra, per poi chiudere gara 6 con i tiri da 3 di Boobie Gibson e approdare in finale, per affrontare i San Antonio Spurs.
La serie finì praticamente prima di iniziare. Una serie dove James si trovò ingabbiato nella rete difensiva degli Spurs, che riuscirono a mettere sempre due giocatori tra lui e il canestro, lasciando che a vincere la serie fossero i compagni di squadra di LBJ, cosa che puntualmente non si verificò. Nellultimo atto della stagione, la conferenza stampa di chiusura, James dichiarò di voler lavorare in estate, per tornare nella stagione successiva un giocatore migliore.
Dopo questa doverosa panoramica sulla breve, ma intensa carriera di LeBron, arriviamo al presente, che in realtà anche questa volta non è stato dei migliori, soprattutto per problemi di gestione dei contratti da parte dei Cavs, alla disperata ricerca di un vero secondo violino da affiancare alla sua stella, possibilmente un play, specificatamente Bibby. Arenatasi la trattativa per portare in riva al lago lex Arizona, i Cavs si sono dovuti occupare dei contratti di Pavlovic e Varejao, poco propensi a firmare alle cifre offertegli, specialmente il secondo, ben consapevole della richiesta nella Lega di lunghi con centimetri, difensori, rimbalzisti ancorché non proprio talentuosi. Risolta la grana Pavlovic, il brasiliano non ne voleva sapere, barricato, in attesa di offerte, nel suo esilio brasiliano, conclusosi a stagione inoltrata con la firma del Medusone, per una cifra ritenuta ragionevole da entrambe le parti.
E James? Passato lentusiasmo per la partecipazione al torneo panamericano dominato da Team USA, LBJ non ha fatto niente per nascondere la propria insoddisfazione per il non mercato di Cleveland, uninsoddisfazione ben fotografata dallopaco esordio in stagione regolare: 10 punti con 11 tiri nella sconfitta contro Dallas.
Inutile dire che il panico già iniziava a serpeggiare in casa Cavs. Un LeBron scontento non vuole solo dire una stagione deludente, ma anche, in caso di partenza, il crollo di una franchigia che è stata da sempre una delle più disastrate e mal gestite della Lega.
Ma a spazzar tutte le nubi sulla sua voglia di far grandi i Cavs, è arrivato un mese di novembre stratosferico, almeno dal punto di vista numerico: 32.1 punti di media col 49% da due e il 33% da 3, conditi da 7.7 rimbalzi e 8.4 assistenze, ai quali LeBron aggiungeva anche 2 recuperi e 1.6 stoppate!
Numeri da playstation, che fruttarono a Cleveland 9 vittorie e 6 sconfitte, ma che vennero bruscamente fermati da un infortunio al dito, che costrinsero LBJ ai box per circa due settimane, nelle quali i Cavs persero 5 partite consecutive.
Il rientro di James coincise con quello di Varejao, che durante il periodo di inattività si era si tenuto in forma, ma non era per questo tirato a lucido. Cleveland chiuse un mese di dicembre da 5 vittorie e 9 sconfitte (5-5 dal rientro del 23).
Ora, al termine di questo mese di gennaio, i Cavs hanno inanellato una striscia di 4 vittorie e ne stanno cavalcando una di 5, ancora aperta. Un cambio di marcia dovuto si, al cambio di passo di Varejao, salito di colpi non solo nelle cifre, ma nel suo impatto sulla gara, fatto prevalentemente di giocate elettriche, blocchi aiuti e sfondi ricevuti, ma una svolta che trova le radici nelle prestazioni di LeBron, praticamente inarrestabile per chiunque, specialmente a rimbalzo (8.9) e al tiro, 31.2 punti col 50% da due.
In un est che si è rafforzato, ma ha perso un paio di protagoniste importanti come Chicago e Miami, i playoff dovrebbero essere scontati, anche se Cleveland è ancora troppo dipendente dal rendimento della sua stella, che per vincere è costretto a sfoderare ogni sera una prestazione monstre. Prima del termine ultimo, i Cavs potrebbero operare sul mercato, magari proprio cercando di portare alla corte di King James, Mike Bibby.
Stefano Manuto