La stagione di Phila è una continua altalena di risultati, tipico di una squadra giovane ed inesperta che sta cercando la diritta via. Questo è un momento positivo per la squadra, ma possiamo provare a capire se sarà il preludio ad una nuova crisi, oppure l’inizio di qualcosa di concreto.
Con la vittoria per 101-80 contro i Clippers, si è arrivati alla terza W in fila, cosa che non accadeva dal 28 di dicembre, ma tutto questo ha un significato, ovvero quello di giocare in casa dopo diverse lunghe serie di trasferte soprattutto ad ovest del Mississippi.
Ormai la squadra di Cheeks è scoutizzata in un unico senso dai coaching staffs avversari, infatti le ultime avversarie con Jordan, Woodson e anche Dunleavy, avevano un solo ed unico credo per arginare la pericolosità dei Sixers: [i]non facciamoli correre[/i].
Tutto bello sulla carta, ma poi bisogna anche metterlo in pratica, infatti Atlanta è partita come peggio non si poteva in questo particolare, infatti nel solo primo quarto ha concesso 15 punti in [b]contropiede[/b] agli avversari chiudendo il parziale con un impietoso 32-14. Da quel momento sono stati concessi la miseria di due punti, il secondo quarto è finito 30-18 per Johnson e compagni che poi sono andati a vincere in volata la partita.
Discorso rovesciato per i Wizards che con Jordan nel prepartita avevano chiaramente posto laccento sulla notevole 4×100 degli avversari in campo aperto ed infatti i primi tre quarti sono stati allinsegna dellattacco a metà campo, molto più congeniali ai “Butlers” ed infatti ai blocchi di partenza dellultimo periodo il +10 per gli ospiti stava addirittura stretto. Nellultima frazione sono arrivati 17 punti in campo aperto per i Sixers che hanno schiantato gli avversari e ribalatato la situazione difficile, forzando ben 19 perse agli avversari.
A chiudere il cerchio sono arrivati i Los Angeles Clippers che, dopo la vittoria a Toronto marchiata a fuoco dai 35 di Maggette, si sono trovati davanti una squadra convinta e con tantissima esuberanza fisica che già allintervallo aveva messo in ghiaccio il match sul +17.
Anche Cheeks nella stessa conferenza stampa ha evidenziato come questa sia una squadra, giovane fisica e veloce e che per questo ha bisogno di estendere il campo sui 28 metri, quando questo non avviene le difficoltà ad approcciarsi alle difese schierate diventano palesi, pur avendo un grande assistman e lettore di gioco come Andrè Miller in cabina di regia.
Proprio lo stesso Dre è sempre coinvolto in rumors di mercato prima della deadline e sembra sempre essere sul piede di partenza alla volta di una contender. E’ chiaro che per Stefanski nessuno sia intoccabile, ma non si svende neanche per noccioline, infatti alcune proposte arrivate per lex Denver sono state cassate.
Probabilmente chi più ha bisogno di Miller sono squadre come Mavs e Blazers della western confernce, infatti con la franchigia dell’Oregon cè una mezza proposta in atto con contropartita Frye, Outlaw e Blake che potrebbe essere gradita per la futuribilità dei giocatori. Squadre come Cavs e Bulls avrebbero da offrire nello spot di 4 (vero tallone di achille della squadra) giocatori come Gooden e Thomas ma è chiaro che la loro discontinuità di rendimento non piaccia al front office che predilige, al momento, lattitudine e la crescita, rispetto al potenziale.
Il nome che più piacerebbe è quello di Charlie Villanueva che ha sempre mostrato grandi cose negli scontri diretti ed avrebbe quella doppia dimensione e consistenza che farebbe proprio al caso di Cheeks andandosi a completare con le caratteristiche di Dalembert. La proposta potrebbe coinvolgere Admunson e [b]Carney[/b], ma per ora non ci sono margini di trattativa.
Proprio Carney è il giocatore che più sta godendo di considerazione nella versione “run baby run” dei Sixers, infatti è uno dei giocatori più atletici della lega ed è in grado di coprire splendidamente le corsie laterali dei contropiedi; questo modo di giocare ne valorizza le qualità, smussandone i difetti. Ovviamente non è il giocatore adatto per risolvere i problemi di Phila a metà campo perché il suo jumper è totalmente work in progress e il suo ball handling perlomeno sospetto. Che questo alto minutaggio sia utlizzato come vetrina per poi scambiarlo? A pensar male non sempre si sbaglia però…
Un altro aspetto positivo dalla venuta di Ed Stefanski è quello di voler fortemente testare le scelte al draft, infatti dopo un periodo in cui si giocava molto con lesperienza, si è deciso di cambiare rotta e Cheeks ha dato finalmente ampio spazio ai giovani che, in alcuni casi, hanno risposto con buoni risultati. [b]Lou Williams[/b] sembra essere il classico sesto uomo alla Barbosa in grado di dare delle buone sferzate alla partita e di garantire tanti punti in pochi minuti. Anchegli è un giocatore ancora tutto da formare però se consideriamo che è uscito dallhigh school e ha giocato pochissimo sin qui, i miglioramenti sia sul tiro da fuori che sul fisico sono palesi. E’ ancora tutta da affinare la dote di playmaking, ma probabilmente per sfruttarlo al meglio anche in futuro sarà da utilizzare più da finalizzatore che da costruttore.
Anche [b]Thaddeus Young[/b] ha giovato di questa nuova politica, infatti dopo che la sua scelta aveva fatto storcere non pochi nasi, ci si è accorti che questo giocatore non è affatto una pick buttata al vento e a testimonianza di ciò cè la sua persistente presenza in quintetto nellultimo mese. Il suo ruolo è quello di 4 in una small ball perché i suoi 2.03 m. per 100 kg non lo aiutano sicuramente contro i pariruolo, anche se da metà dicembre sta assemblando cifre più che dignitose per un rookie.
Ora sembra finalmente esserci un minimo di pianificazione ed idea per il futuro e su questo la mano di Stefanski è quantomai presente anche se non manifesta. I giovani per imparare come si vince devono cominciare sin da subito a farlo e molti addetti ai lavori condividono lidea di provare comunque a vincere più partite possibili per abituare i giovani e soprattutto per selezionare chi ha latteggiamento giusto per vincere e scremare chi non lo ha. Mi trova daccordissimo lidea di vincere sei o sette partite in più che comunque non ti portano ai playoffs, pur di perderci “X” numero di palline nellurna. La politica della sconfitta in vista futura è solamente di stampo NBA (perseguibile) e solo giocatori come Elton Brand e chi ha passato la vita ai vecchi losing Clippers sanno che abituarsi a perdere è la cosa peggiore per un giocatore.