Estate ’93. La Juvecaserta, per la prima volta da decenni si vede costretta a rinunciare ai suoi due “figli” prediletti, gli scugnizzi del canestro Nando Gentile ed Enzino Esposito. I costi della gestione del mitico Palamaggiò (allora interamente controllato dalla società, caso più unico che raro in Europa), il calo dei risultati e le difficoltà economiche della famiglia Maggiò stessa portarono alla sofferta decisione.
Maggio ’94. Complice anche la sfortuna e l’inesperienza dei giovani talenti casertani (tra tutti il compianto Davide Ancillotto) la Juvecaserta retrocede in serie A/2, a soli 3 anni dalla conquista dello storico scudetto. Unica squadra del sud italia a vincere il titolo nazionale.
Nei due anni successivi la rincorsa alla massima serie fu vana, e nel 1998, dopo una sofferta salvezza dall’inferno della serie B, il colpo al cuore per una città che forse è seconda solo a Citybasket per l’amore verso la palla a spicchi.
Il fallimento e la scomparsa della Juve. Un colpo tremendo per la pallacanestro nostrana tutta.
Anni di silenzio, poi la fusione di due piccole società locali e l’acquisto dei diritti della B d’eccellenza.
Il ritorno di Nando Gentile per chiudere la carriera e al palazzo si tornò a respirare aria di grande basket. Ma era ancora troppo poco per Caserta e grazie al presidente Rosario Caputo si riuscì ad accedere alla LegaDue con il marchio Pepsi e finalmente di nuovo al professionismo con il nome Juvecaserta stampato sulle canotte bianconere.
Furono 3 anni combattutissimi ed in crescendo, con il ritorno di un altro grande ex, il “professore” Franco Marcelletti che contribuì a ridare alla città e alla squadra quel lustro che gli competeva.
Tra anni di vittorie ma soprattutto di sconfitte, tra cui la più recente, il 22 aprile 2007, una ferita aperta per i duemila e passa tifosi che accorsero in quel di Pavia in attesa di un sogno distrutto proprio sul più bello.
Da lì il coraggio di ricominciare, di non abbattersi ma di investire ulteriormente. Randy Childress, Jay Larranaga, Andrea Ghiacci, coach Frates e il giovane talento Diaz alcuni dei nomi più importanti per una promozione attesa 14 anni. Anche questa soffertissima, in una stagione che si doveva stravincere e che invece è dovuta passare attraverso la lotteria dei play-off. Un cammino autoritario nei risultati ma durissimo sul campo, e non solo. In gara 3 contro soresina, la autorità locali vietano l’ingresso ai casertani creando un ingiustificato clima di tensione subito sopito dall’esemplare sportività di ambedue le tifoserie. Ma si vede che in Italia non si concepisce sport al di fuori del calcio.
Nella finale al cardiopalmo contro la pur brava Jesi di Michele Maggioli, Ryan Hoover lascia partire la bomba del pareggio della serie, dopo esser stata sotto 2-0. La paura più grande attanaglia le budella dei casertani, sono attimi tremendi che sembrano infiniti. Ma è solo ferro. Stavolta gli Dei del Basket hanno scelto così, ed hanno scelto bene perché la Pepsi ha meritato, così come Jesi meritava da fare da contraltare in una grande serie finale. Forse la più bella di sempre della nuova LegaDue.
In serie A quindi, Caserta porta in dote la tradizione scudettata e una tifoseria caldissima e numerosa, ma anche corretta e competente che segue la squadra praticamente ovunque, grazie anche al suo vasto numero di “emiganti bianconeri” sparsi per la penisola e non solo. Un impianto che nonostante gli acciacchi resta uno dei più grandi d’italia (la reggia del basket lo chiamano gli addetti ai lavori) e una dirigenza seria e vogliosa di far bene. Il roster andrà in parte ridefinito ma di certo una buona ossatura di italiani e stranieri c’è già da cui partire. Soprattutto se come sembra sarà di nuovo Frates a dirigere la squadra.
Ma per questo c’è tempo, ora è ancora il momento di festeggiare.
Lo sanno i 1500 accorsi a jesi, le centinaia che hanno rinunciato al sonno per essere al palazzetto alle 5 di mattina di lunedì per celebrare con tutta la squadra in sfliata sul carro dei vincitori, e tutti quelli che amano il bianconero della Juve.