E’ ufficiale. La pozza si è ristretta!
La pozza in questione è quello specchio di acqua chiamata Oceano Atlantico, che separa il nostro caro vecchio Continente e gli Stati Uniti.
Erano gli anni 80 e dall’Europa vedevamo il mondo Yankee come un modello da seguire e da imitare, anche e soprattutto nel Basket. L’NBA, con i [b]duelli tra Lakers e Celtics, tra Magic e Bird[/b], era il massimo a cui si potesse aspirare, e nel decennio successivo, l’arrivo dell’alieno, [b]Michael Jordan[/b], ha rafforzato la visibilità della lega per noi europei.
E proprio negli anni 90, è decisamente incrementato il numero di europei scelti dalla NBA, diventata quasi una moda nel decennio in corso, rendendo possibile, per i cestisti di area Fiba, il sogno di giocare nella lega professionistica più importante del pianeta.
Certo, c’era anche chi faceva il percorso inverso, giocatori che dalla NBA venivano a giocare in Europa. Come non ricordare gli anni in cui in Italia si potevano ammirare [b]Bob McAdoo[/b], arrivato nel 1986 a Milano, dopo aver vinto anche il titolo di MVP in NBA nella stagione 74-75, [b]Darryl Dawkins[/b], arrivato a Torino dopo un’ottima carriera NBA e il primato di primo giocatore NBA a distruggere il tabellone di vetro dopo una potente schiacciata. Oppure pensiamo alla Messaggero Roma della stagione 89-90, che poteva annoverare tra le proprie fila giocatori del calibro di [b]Danny Ferry e Brian Shaw[/b].
Parliamo però di giocatori o nella fase finale della propria carriera, come Dawkins e McAdoo, o non totalmente pronti o in lite con la società come Shaw e Ferry. Oltre a loro, ovviamente, uno stuolo di giocatori che in NBA non avevano contratti garantiti, ma che non appena riuscivano a mettersi un po’ in mostra in Europa e ricevevano una chiamata dalla Lega, non attendevano oltre e si imbarcavano sul primo aereo con direzione USA. A rifiutare o quantomeno a non considerare l’NBA come unico traguardo finale, erano giocatori europei con lo status di stella, che non avevano interesse a rimettersi in gioco nel campionato più difficile del mondo, come l’italiano Meneghin, stella indiscussa del basket italiano che non si sentì di fare il grande salto e Bodiroga. Altri, dopo aver provato a giocare in NBA, sono tornati indietro più o meno velocemente, non contenti della situazione in cui si sono trovati dall’altra parte dell’Oceano, come [b]Danilovic, Rigadeau, e l’altro paisà Vincenzino Esposito[/b].
E proprio quella degli europei che decidono di rientrare alla base pare essere la moda del momento. A partire da Jasikevicius che lo scorso anno lasciò Golden State per ritornare in Europa non contento del minutaggio a suo disposizione fino al boom di rientri (o nuovi arrivi) di quest’anno, quando anche giocatori che in NBA avrebbero mercato, hanno scelto di giocare in squadre che hanno come obiettivo la vittoria in Eurolega. Allora, ecco che [b]Nenad Krstic[/b] rifiuta le proposte di rinnovo di New Jersey e si trasferisce in Russia, che [b]Arroyo[/b], play che in NBA il suo garantito lo strapperebbe comunque, si accasa al Maccabi, [b]Navarro[/b], dopo le classiche stagioni di apprendistato da play NBA, si rifugia nella sua amata Spagna e ritorna a casa, [b]Brezec[/b], centro non eccellente, ma che nella penuria di centri NBA avrebbe trovato una sistemazione, è volato a Roma, [b]Garba e Delfino[/b], da Toronto partono insieme alla volta della Russia, al Kimkhi, [b]Nachbar[/b] alla Dinamo Mosca. Insomma, la vecchia terra promessa, non è poi così ambita come una volta dagli europei.
Ma se qui si sta parlando di giocatori che hanno comunque un’estrazione di tipo Fiba, per cui il giocare in Eurolega non è così denigrante come può essere per un atleta nato e cresciuto negli states, fà decisamente scalpore la scelta di un giocatore che negli USA ci è nato e si è formato. [B]Josh Childress[/b], a 24 anni ha fatto la scelta che nessuno si sarebbe aspettato. Ha scelto di abbandonare l’NBA e la possibilità di giocare contro i migliori giocatori del mondo per venire a giocare in Europa all’Olympiakos. Sicuramente [b]la scelta è stata dettata da motivi economici[/b]. In NBA, Josh, avrebbe probabilmente dovuto rifirmare con gli Hawks, in quanto, da Restricted Free Agent, i falchi avrebbero potuto pareggiare qualunque offerta e confermare Josh, al quale, gli altri team avrebbero potuto proporre non più della Mid Level Exception. Un contratto quindi da circa 4-5 Milioni di dollari. All’Olympiakos, Childress percepirà invece 20 Milioni di Euro in 3 anni, pari a circa [b]10 milioni di Dollari all’anno[/b], cifra che francamente il buon Josh non avrebbe potuto strappare in NBA.
Ma oltre al fattore economico, per un giocatore di 24 anni, conviene andare a giocare in Europa.
Dipende dai punti di vista. Per un RFA, come è Childress, anche il firmare un contratto in Europa non fà decadere i diritti della squadra che li detiene. Se quindi l’obiettivo fosse stato quello di aggirare “l’obbligatorietà” di rifirmare con gli Hawks, sarebbe stato inutile.
Sicuramente, però, potrebbe permettere una crescita tecnica del giocatore che si confronterebbe con un campionato, quello dell’Eurolega, con tatticismi diversi e più esasperati dell’NBA, e che quindi plasmerebbe la capacità di adattamento a spaziature e a situazioni difensive diverse e più elaborate rispetto all’NBA. Un giocatore come Josh, oltretutto, si vedrebbe costretto a migliorare sensibilmente al tiro, non avendo tutti gli spazi che ci sono in NBA per le scorribande al ferro. Dal punto di vista tecnico, quindi un biennio in Eurolega potrebbe fare bene a un giocatore NBA che non è ancora nella piena maturazione ma è in fase di formazione.
Dal punto di vista della visibilità, però, ho qualche dubbio sull’efficacia di una mossa che porta un giocatore apprezzato da tutta la lega e dagli addetti ai lavori, a giocare un campionato diverso da quello NBA. Il concetto [i]”lontano dagli occhi, lontano dal cuore”[/i], in questo caso, rischia di penalizzare chi come Josh preferisce gli Euro forti al campionato stelle e strisce. Non dimentichiamoci che ogni stagione in NBA possono venir fuori giocatori dal sommerso, o potrebbero esplodere talenti in rampa di lancio che potrebbero esser preferiti, in futuro, a un giocatore che per 2-3 anni non si misura con i migliori del globo. Il contratto che avrebbe quindi potuto strappare Childress dopo esser diventato Free Agent a tutti gli effetti, se si fosse fermato ad Atlanta e si fosse confermato sui livelli raggiunti la scorsa stagione, sarebbe potuto esser più alto rispetto a un contratto da strappare dopo aver giocato in Europa. Questo anche in considerazione del fatto che Childress, nel nostro continente, [b]probabilmente non sarà una stella di assoluta grandezza[/b], perchè seppur molto capace, il basket europeo difficilmente concede exploit ad un singolo giocatore per una stagione intera. Josh, quindi, dovrà considerare che il palcoscenico lo dovrà dividere con tutti gli altri giocatori del team, e la [b]visibilità[/b] che potrà ottenere all’Olympiacos potrebbe essere [b]minore rispetto a quella che avrebbe agli Hawks[/b].
Certo, queste sono tutte congetture e nulla di certo, ma se Josh dovesse decidere di rientrare nella Lega, fra 2 o 3 anni, non è detto che lo farebbe da trionfatore e dalla porta principale.
Per questo motivo, gli sviluppi futuri di una scelta così estrema, non credo che sia partita una nuova moda tra i giocatori NBA. E che Josh sia [b]la più classica delle mosche bianche[/b] che si pentirà più o meno velocemente della scelta effettuata.
Chi ci guadagnerà, per una volta, sarà il pubblico europeo, che potrà godere di una competizione di altissimo livello e con giocatori come Childress, Navarro, Krstic, Delfino, Nachbar, Garbajosa e Arroyo, oltre al giovanissimo [b]Jennings[/b], che per eludere la regola introdotta da Stern sull’obbligatorietà dell’anno minimo al college, ha firmato con Roma per guadagnare subito i dollari (o euro) che contano, e prepararsi meglio alle future stagioni in NBA. Lui sì che dal punto di vista economico, tecnico-tattico e di visibilità potrebbe aver fatto la scelta giusta e aver tracciato un solco per i prossimi prospetti di alto livello delle High School che non hanno intenzione di fare l’anno obbligatorio al college.
Ma per Jennings, come nel caso di Childress, per lanciare una moda devono avere molto successo. E questo lo scopriremo solo più avanti nella stagione.