[b]On the road[/b]
I sogni di ragazzino si realizzano mentre varco lingresso del Wachovia Complex di Philadelphia.
Vedere live una partita NBA, addirittura di play-off, è una di quelle cose che avrei sempre voluto fare. Dalla tv non si può capire fino a che punto arriva lAmerica. La si immagina. E seguire un evento sportivo professionistico, quale che sia, lascia di stucco come tutto il paese.
Lo scenario è gara4, quarti di finale fra Philladelphia e Detroit. I Sixers conducono inaspettatamente per 2-1.
Quella mattina mi trovavo a New York, in un alberghetto sulla 42esima West. Non ero solo, ero lì in vacanza, ma questa è unaltra storia.
I derelitti Knicks erano già a casa sulle poltrone a vedere i playoff per lennesima volta da spettatori. E anche se il glorioso Madison Square Garden sopravvive anche senza di loro, per me che attraversavo loceano per la prima volta, sarebbe stata una gran delusione non poter approfittare del periodo buono e tornare a casa senza un asciugamano griffato NBA Playoff 2008.
Così, tolti i Knicks, a casa pure i cugini poveri Nets, ecco che ti sorprende [b]Philadelphia[/b] a un paio dore di macchina dalla Grande Mela. Squadra giovanissima ma talentuosa quella dei 76ers, autrice di un ottimo finale di regular season. In Italia a Milano, pochi giorni prima della mia partenza per gli States, mi apprestai ad acquistare, rigorosamente on-line, 3 biglietti per gara 4. Eh si, due dei miei otto (!) compagni di avventura nella Big City non volevano perdersi tale esperienza.
Posti sul primo anello, dietro il canestro. Costo totale delloperazione, 215 dollari, con tanto di biglietti in formato .pdf arrivati in posta elettronica in meno di 10 minuti.
Ma rieccoci a NY, fra la 42nd e 10th su di una Buick da 6 posti presa a nolo per loccasione.
Non cè luogo più adatto dello sfrecciare sulle highways per cercare di comprendere gli Stati Uniti.
Passiamo sotto il fiume Hudson, attraversiamo un pezzo del New Jersey e ci infiliamo sulle rampe autostradali che si intersecano e strusciano fra di loro come grossi serpenti innamorati. Manhattan vista da qui ha un aspetto suggestivo, ma è guardandoti dallaltra parte che, da europeo, resti senza parole. Lo spazio è allargato, il traffico automobilistico è così irregolare da sembrare logico, le costruzioni industriali sembrano edificate da una razza aliena di giganti. E i jumbo passano radenti alle autovetture in continuazione, fra partenze ed atterraggi sulle piste di Newark che affiancano le autostrade come lunghe corsie dei box.
Attraversiamo rapidamente il Maryland ed eccoci in Pensylvania. In breve siamo a Phila, la città dellamore fraterno e madre della costituzione. Per questo giro non faremo i turisti perché abbiamo una partita NBA da vedere! Però effettivamente è ancora presto prima della palla a due.
Il palazzetto si trova allinterno dellarea impianti sportivi, nella periferia della città. Al di là dello stradone che collega tale complesso al resto della città vi sono una serie di sobborghi che definire paurosi è un eufemismo. Decidiamo comunque di farci un giro, protetti nella nostra auto, per vedere se le cose brutte che raccontano sono vere.
Lo sono.
Vista la mala parata cerchiamo di rimetterci sulla main street. Ma queste casette a schiera sono tutte uguali, le vie sono strette e le auto ai lati mal parcheggiate. Di fianco passano uomini e ragazzi, perlopiù ispanoamericani, che ti scrutano con aria di sfida. Qualcuno è su delle biciclette, del tipo vecchie BMX. Temiamo ci vengano sotto ed è con sollievo che alla fine ne usciamo senza aver ricevuto una scarica di UZI.
Però i miei due compagni di viaggio sono temerari, e ci fermiamo in un piccolo centro commerciale lì vicino. E un postaccio, perlopiù composto da discount allingrosso gestiti da messicani e afroamericani. Nel parcheggio antistante la nostra auto svetta per eleganza e non mi sento affatto tranquillo, agghindati come siamo da turisti italiani in cerca di emozioni forti.
Fatto sta che perdiamo un po di tempo in questo posto dozzinale e alquanto squallido. Qui siamo davvero in America, lontana anni luce dalla ricca decadenza di New York. Però riusciamo anche a fare qualche buon affare e la simpatia di una delle cassiere, nera, sorriso fantastico, 120 di vita per 100 chili di peso, ci riporta con la testa al nostro vero obiettivo. Gara 4 dei Playoff.
[b]Limpianto[/b]
Il [b]Wachovia Complex[/b], è come suggerisce il nome, un complesso di impianti sportivi. Accanto al vecchio e glorioso Specturm, che ha visto le funamboliche gesta di Doctor J, sorge la nuova arena per il basket. Poco più in là è possibile ammirare il Lincoln Financial Filed dove gli Eagles danno battaglia ogni maledetta domenica. E poco distante ecco defilarsi il diamante dei Phillies. Con tutti gli spazi e palestre connesse a tali impianti.
In ogni caso a noi interessa il basket, e basket sia mentre dopo aver parcheggiato ci accingiamo ad entrare al palazzo. Pronti via, la fila quasi inesistente. Il commesso ci passa rapidamente il metal detector portatile dalla testa alle caviglie, legge con il lettore ottico il codice a barra stampato sui biglietti da me ricevuti e ci fa entrare!
Linterno è più simile ad un centro commerciale. Tanta gente, negozi di gadget in ogni angolo, commessi che distribuiscono a tutti le famose asciugamani da agitare, i palloncini e altre amenità, scale mobili che si intersecano sui tre livelli e soprattutto la TV. Infatti vi è un palco rialzato in uno degli atri dellingresso con su i classici commentatori della ESPN e videocamere a riprendere in diretta. Un po di gente è lì che osserva o si fa riprendere. I posti più affollati sono i fast-food, gelatai e bar che si susseguono senza soluzione di continuità lungo tutto il perimetro dellarena fra i tre piani presenti. Vendono [b]cibi di dimensioni bibliche[/b]. Ma noi al momento siamo troppo eccitati dallevento e soprattutto vogliamo entrare sul campo, vedere leffetto che fa varcare lingresso e ammirare il colpo docchio di 20mila persone assiepate attorno al parquet.
Ci sono questi ingressi verso linterno, ognuno dedicato ad un settore e noi cerchiamo febbrilmente il nostro. Ma la curiosità è troppa. Voglio entrare nel primo che capita. Ognuno dei varchi ha un corridoio, alla fine del quale vi sono due steward (un uomo e una donna), eleganti e minacciosi nellaspetto ma non nei modi. E si intravede uno spicchio di tribuna affollato Mi avvicino, i due mi squadrano. E il settore centrale, noi saremmo in curva ma Sto lì lì per desistere. Perché fare subito la figura dellitaliano furbetto? La signora, più alta di me di un terzo, più larga di un quarto, mi saluta e mi da il benvenuto. Non guarda neanche il mio biglietto. Non vi sono divisori allinterno. Ne fra i settori né dal campo. Posso girare in tondo lungo tutto il primo anello o attraversare il parquet. Forse in questultimo caso qualcuno mi fermerà, scusate se non ho provato. Ma in teoria potrei farlo. Comunque sono già abbastanza basito dalla vista delle tribune e dal megaschermo che penzola dal soffitto come unastronave in atterraggio sul centro del rettangolo.
Scendo, tocco limpalcatura del canestro, mi guardo intorno fra le luci accecanti. [b]LAmerica è un gigantesco parco giochi.[/b]
Trovati i nostri posti che non sono affatto male, osserviamo i tifosi che placidamente prendono posizione sulle poltroncine. Ognuna provvista del portabibita, come al cinema.
Guardandomi intorno noto la disposizione delle tribune e degli anelli.
Il più basso contiene anche i parterre, che in verità sono due file di sedie poggiate direttamente sul parquet a stretto contatto con lazione di gioco. Quindi poltroncine reclinabili, in file non più lunghe di 10 per volta, in modo da ottenere un buono e comodo flusso di persone fra gli spalti e linterno del palazzo, che abbonda di negozi di cibo (è il termine più adatto, credetemi). Non esistono le curve, semplicemente le poltroncine si prolungano per tutta la circonferenza. Non esistono posti in piedi.
Lanello superiore, il terzo, è quello più popolare. Laltezza è notevole, ma la distanza in linea daria dal centrocampo è abbastanza ridotta per poter godere comunque di una discreta visuale. Le sedie più in alto però, da quaggiù sembrano davvero sullEverst.
Lanello più spettacolare è senza dubbio il centrale. Qui non abbiamo sedie, parterre e neanche tribuna vip con squallide poltrone foderate o catering. Ci sono 30-40 loggioni, stile teatro. In realtà sono veri e propri terrazzini che affacciano sul campo con 4 poltrone. Più allinterno un mini-appartamento con tv al plasma 42 pollici satellitare + ps3, XBOX e VOD. Divani, tavolo, tappeto, libreria e frigobar. Ed ovviamente si può ordinare la cena ed invitare ospiti. Il piano è separato dal resto delle tribune e quindi molto discreto. E un ambiente un po snob, perché molti vip (e ricconi) amano sedersi sul parterre a bordo campo per dare il cinque ai giocatori, farsi vedere dalla comunità, ma anche godersi meglio la partita. Però vedere cose simili fa sempre un certo effetto.
Finalmente dei boo di disapprovazione ci riportano a quella che dovrebbe essere una partita di basket. Sono entrati i Detroit Pistons per il riscaldamento! Posso [b]vedere Rasheed Wallace[/b] togliersi la tuta e provare a schiacciare, poi ecco fra gli applausi fare il loro ingresso i Sixers.
Latmosfera però è ancora freddina. Il pubblico è ancora intento a fare vita sociale ed ovviamente a mangiare e siamo ancora lontani dal pienone. Nel frattempo mi faccio rapire dalle interviste pre-gara e dagli highlights delle gare precedenti che scorrono mirabolanti sui quattro megaschermi, oltre a dare un occhio agli altri incontri della giornata sui display che circumnavigano la struttura.
Poi ecco che le squadre escono. Vengono presentati uno per volta i Pistons tra i fischi. Larena è finalmente piena e concentrata sul campo. Poi silenzio. Si spengono le luci la folla si scalda.
Un occhio di bue illumina luscita dagli spogliatoi, una voce esalta le origini cestitiche del primo giocatore, una musica incalza mentre il megaschermo proietta statistiche e giocate spettacolari di un atleta che intanto è uscito dallocchio di bue e si dirige, carico come una pila, verso il suo canestro.
Poi si passa al secondo e bum, due fiammate da reattore mi balzano a pochi metri di distanza e vengo invaso dal calore. Qualcuno, approfittando della distrazione del pubblico ha portato nelle due curve degli autentici cannoni che sparano letteralmente lingue di fuoco altre 4 metri. Ovviamente verso il soffitto, però il pacchiano effetto è garantito.
Quando anche lultimo Sixers è presentato si arriva al momento più toccante.
Luci basse, tutti in piedi con la mano sul petto e cantate al centro del campo. The National Anhtem, cantato a cappella è qualcosa da brividi, pure se non sei americano. E un europeo è quanto di più lontano ci possa essere da un americano, fidatevi. Sullultimo acuto dal cielo cadono nastri e coriandoli bianco-rosso-azzurri e finalmente, dopo lultimo show si parte con la palla a due
…to be continued….