Come può una squadra arrivata alla finale NBA migliorarsi? Semplice, vincendo il titolo! Per quanto banale possa sembrare la stagione dei Lakers non verrà archiviata sotto la voce fallimento solo se si concluderà con la conquista dellanello. Peraltro un recente sondaggio tra i dirigenti NBA ha accreditato i [b]Lakers[/b] come favoriti per la vittoria finale. Facile? Nemmeno a dirlo, pur essendo i favoriti ad Ovest, dove i valori sono un po meno facili da decifrare rispetto agli ultimi anni, anche i gialloviola sono alle prese con piccoli adattamenti che potrebbero rivelarsi fondamentali nella corsa allanello. Il primo cambiamento sarà quasi per certo in ala piccola, dove [b]Vladimir Radmanovic[/b] lascerà con ogni probabilità lo spot di titolare a [b]Trevor Ariza[/b], per ragioni prettamente difensive. Radmanovic infatti è stato certamente il peggior laker degli ultimi playoffs, dove la sua incapacità in difesa e le sue scelte offensive non proprio illuminanti (specialmente quelle compiute dopo un alto numero di minuti in campo) ne hanno decretato lesclusione. Ariza, giramondo NBA (i Lakers sono la sua terza squadra, dopo Knicks e Magic) garantisce meno talento ma molto più atletismo e soprattutto difesa, e permetterà a Bryant di non spendere troppe energie dietro, non dovendo correre dietro al miglior esterno avversario, come è successo, ad esempio, nella serie contro i Celtics. Il secondo cambiamento, non del tutto certo, riguarda le modalità di inserimento in squadra di [b]Andrew Bynum[/b], pivottone vecchio stampo che in teoria andrebbe a sovrapporsi a Gasol per istinti cestistici. Il principale indiziato a lasciargli il posto sarebbe [b]Lamar Odom[/b], e con questo cambio i Lakers virerebbero prepotentemente verso un assetto pesante. Il punto però è che i Lakers con Odom nei playoffs hanno preso a volare, essendo risultato lex Heat e Clippers un rebus di difficile risoluzione per tutti i difensori della Western ed avendo permesso, grazie alla sua perimetralità, di tenere larea non troppo intasata, permettendo a Bryant, e non solo, frequenti incursioni verso lanello o giochi in avvicinamento. La presenza di Bynum, se da un lato permetterebbe di avere un centro forte a rimbalzo, atletico e con piedi veloci che gioca molto bene il pick and roll, dallaltro intaserebbe larea impedendo, ad esempio, a Bryant di iniziare le azioni offensive partendo in post basso, come sempre più spesso ama fare. Peraltro non è trascurabile laspetto difensivo, visto che né Bynum, né [b]Gasol[/b] sembrano avere piedi abbastanza rapidi per correr dietro alle tante ali forti perimetrali che calcano i parquet NBA. Tantè che anche [b]Phil Jackson[/b] si è lasciato sfuggire che almeno allinizo Bynum sarà unaggiunta in uscita dalla panca e che è ingiusto aspettarsi che un giocatore così giovane, peraltro reduce da uninfortunio al ginocchio che lo ha bloccato per metà della scorsa stagione, possa sin da subito inserirsi nei meccanismi della squadra e fare subito la differenza. Da notare inoltre che Bynum scade tra due anni e le negoziazioni per il rinnovo sono già iniziate. Per ora le parti sono distanti: alla proposta dei Lakers di un quinquennale da 10 milioni di dollari lanno, lagente di Bynum, David Lee, avrebbe risposto con una richiesta che suona come uno scherzo: 17 milioni di dollari lanno. Bynum ha un anno intero per dimostrare ai Lakers di valere quei soldi, vedremo come andrà.
[b]Il quintetto[/b]:
[u] Derek Fisher [/u]: perennemento sottovalutato, Fisher è uno dei segreti meglio tenuti di questi Lakers. Leader vero, intelligente e scafato, è il giocatore che non solo organizza il gioco, ma che si prende responsabilità, parla (e viene ascoltato) con i compagni, difende alla morte e non va mai sopra le righe. Indispensabile, pur essendo poco sotto le luci della ribalta, per questi Lakers.
[u] Kobe Bryant [/u]: conquistato finalmente lMVP per la stagione regolare gli manca solo lMVP delle finali, e statene certi, ne andrà a caccia fino a quando avrà la forza di giocare a pallacanestro. Quintessenza di ciò che sintende per competitivo, giocatore dal raro killer-instinct, ha sbattuto spesso durante la finale contro la difesa dei Celtics, organizzata su misura contro di lui. Giocatore tecnicamente spaziale, ha ancora qualche margine nel tiro dalla lunga distanza, di cui spesso abusa, e deve migliorare, come dimostrato in finale, nelle scelte quando la difesa gli nega le soluzioni più gradite, ma siamo a livelli deccellenza che pochi giocatori hanno raggiunto.
[u] Trevor Ariza [/u]: sarà chiamato a prendersi cura dellavversario offensivamente più difficile ed a dare sprazzi di atletismo in attacco, dove peraltro è bravo a tirar fuori punti dalla spazzatura. Come detto dal suo inserimento potrebbero cambiare molte cose per i Lakers, anche in ottica titolo.
[u] Lamar Odom [/u]: almeno allinizio il posto sarà suo. Grandiosa stagione quella scorsa, conclusa con prestazioni imbarazzanti in finale dove però si è trovato contro un Kevin Garnett [i]in missione per conto di Dio[/i]. Di certo il suo gioco perimetrale, le sue letture, la sua agilità ed il suo buon jump dalla media hanno messo in crisi non poche power forward dellOvest, appunto molto power ma poco propense a correr dietro a questantilope che gioca dove lo porta listinto e molto spesso gradisce addirittura iniziare lazione come playmaker. Deve riscattarsi, e non è detto che non lo faccia.
[u]Pau Gasol[/u]: di lui vien facile dire [i]forte con i deboli, debole con i forti[/i] specialmente dopo non averlo visto far la voce grossa in finale contro Kendrik Perkins, in uno dei [i] matchup[/i] che maggiormente avrebbe dovuto favorire i Lakers. La realtà è che pur essendo un giocatore tecnicamente divino, che quando va in trance è soggetto a veri e propri [i]deliri di onnipotenza[/i] cestistici, avendo nel suo bagaglio tecnico praticamente tutto, resta un lungo troppo poco fisico per poter dominare continuativamente unarea colorata NBA. Resta però negli occhi anche la bellissima serie contro gli Spurs, non tanto per quanto fatto in attacco quanto per lo stupendo lavoro sui pick and roll dei neroargento, dove la sua velocità di piedi e soprattutto di mani gli hanno permesso di chiudere molto spesso con successo Tony Parker. Ora si trova ad avere lemergente Bynum alle spalle ed a dover dimostrare di valere i soldi che guadagna, perché un conto è fallire a Memphis ed un altro è farlo ad Los Angeles, ed anche lui, come Odom, ha qualcosa da farsi perdonare.
[b]La panchina[/b]
Lunga, talentuosa, e giovane. Tra gli esterni ci sarà la verve in regia di Jordan Farmar, che dovrà dimostrare ulteriori miglioramenti in termini di regia pura e di tiro, sul tiro dalla lunga di Sasha Vujacic e Vlarimir Radmanovic con il serbo che potrebbe giovarsi di poter giocare pochi minuti in cui concentrarsi esclusivamente sulla produzione offensiva, senza il compito di dover essere uno starter affidabile. Sotto canestro perso Turiaf, partito in direzione Golden State, accanto a Bynum cè solo dellonesta manovalanza, ma come dimostrato da Jackson anche durante la stagione regolare, non è che le rotazioni dei Lakers debbano essere necessariamente sterminate. A far da collante tra i due reparti ci sarà come al solito Luke Walton, che resta un giocatore dal talento ed dallatletismo limitato ma sulla cui intelligenza i Lakers potranno sempre fare affidamento.
[b]Il giocatore chiave[/b]
Sarebbe semplice puntare il dito su [b]Kobe Bryant[/b], infondo lui è il leader, il giocatore più pagato ed il [i]go to guy[/i] della squadra. La chiave di volta di questi Lakers però potrebbe essere Ariza in primis e Bynum in seconda battuta. Ariza dovrà infatti permettere ai Lakers di fare un salto di qualità difensivo tra gli esterni, mentre Bynum, dovrà dare profondità al settore lunghi. In unipotetica riedizione delle finals dello scorso anno Ariza sarebbe fondamentale per marcare Pierce o Allen, permettendo a Bryant di giocare da [i]battitore libero[/i] partendo magari su Rondo, mentre Bynum renderebbe impossibile qualsiasi accenno di raddoppio big on big di KG su Gasol e terrebbe lo stesso Garnett molto più vincolato allarea colorata di quanto non abbia fatto Odom, impedendone gli interventi in aiuto.
[b]Il coach[/b]
Di Phil Jackson si è detto ormai tutto, tra interviste, libri ed illazioni. Questavventura ai Lakers però lo ha consacrato come uno dei migliori coach della storia. I suoi detrattori lo hanno sempre accusato di essere un sopravvalutato, uno che raccoglieva i frutti di un lavoro semplice, avendo sempre avuto roster di altissimo livello, in realtà questi ultimi Lakers (quelli del dopo Shaq, per intenderci) sono la sublimazione delle sue capacità: applicazione, intelligenza, partite preparate con cura, grande varietà di scelte. Certo poi se non hai Bryant diventa dura, ma i suoi detrattori a fine carriera avranno una cartuccia in meno da sparare.
[b]Prospettive per la stagione[/b]
I Laker vogliono il titolo, ogni altro risultato sarebbe insoddisfacente. Lo vuole Bryant, per chiudere definitivamente la bocca a chi gli rinfaccia che alla fine della fiera è riuscito a vincere solo accanto a Shaq, lo vuole Jackson, a coronamento del suo ritorno ai Lakers, lo vuole la proprietà, prodiga di investimenti (questanno i Lakers avranno il sesto payroll della lega), e lo vuole Jack Nicholson.
Le incognite sono più di quelle che ad unocchiata superficiale potrebbero sembrare, ma il talento, i numeri e lorganizzazione per centrare il traguardo ci sono tutte.