Ieri notte Derrick Rose ha assaggiato l’NBA. Quella addormentata e un po’ sbilenca d’inizio stagione, ma pur sempre di NBA si tratta. E il sapore non gli è dispiaciuto.
In un’opening game importante soprattutto per coach Skiles, di ritorno a Chicago dove non aveva lasciato molti amici, [b]i Bucks e i Bulls hanno dato il via a due progetti di ricostruzione che si spera portino frutti nel medio termine[/b]. Cantieri aperti, è l’espressione più facile da accostare a questi due team che devono definire la propria identità, ancora prima dei loro obiettivi. E già la questione dei quintetti titolari ne è conferma concreta. Skiles ha scelto di partire con Ridnour come pointman titolare, accanto a Redd e Jefferson nel reparto dietro, mentre in mezzo all’area Villanueva ha affiancto Bogut. Dall’altra parte, aspettando Hughes che sta recuperando da un infortunio alla spalla, Sefoslosha è partito come starter tattico vicino a Rose, con Hinrich e Gordon pronti a uscire dalla panchina. Del Negro ha schierato una frontline leggera con Deng, Tyrus Thomas e Gooden nella posizione di centro.
Ecco, sono notazioni iniziali, perché dopo aver visto la partita [b]è verosimile pensare che da qui ad Aprile le cose potranno cambiare[/b], e anche abbastanza di frequente. Specie in casa Bucks, dove molti probabilmente non sono entrati in particolare sintonia con il nuovo corso. Che in estrema sintesi Skiles potrebbe esprimere così: se non difendi è meglio che tu sia il miglior attaccante della squadra, altrimenti vieni a sederti vicino a me. E visto che il miglior attaccante della squadra, salvo glaciazioni, è Michael Redd (e lo chiariscono i 30 punti, con 10-19 al tiro di ieri notte), ce ne sono tanti altri a roster che dovranno adeguarsi, e possibilmente farlo in fretta. Ridnour è storicamente difensore molto sotto gli standard richiesti, e anche nella gestione di palla non ha convinto. Lue sembra più adeguato alle esigenze del coach, ma non è un play titolare in questa lega. Quindi [b]ci si augura che Sessions, al momento ai box per pubalgia, si prenda il posto con la forza e non lo molli più[/b]. Jefferson ha sparacchiato (5-17 dal campo per 15 punti), e sembra diventato un giocatore abbastanza monodimensionale (scorer di lusso, certo ma poi?), quindi applicarsi in difesa potrebbe giovargli.
Quanto ai lunghi, c’è da fare un discorso tecnico generale, prima di parlare dei singoli. Skiles era abituato a dei Bulls senza soluzioni vicino a canestro e giocava una pallacanestro perimetrale proprio in funzione di ciò. [b]Ora, però, si trova tra le mani Andrew Bogut, cioè uno dei migliori lunghi passatori della lega ed un giocatore di post basso raffinato[/b]. Non coinvolgerlo nell’attacco, come è successo ieri in maniera abbastanza inaccettabile (solo 4 conclusioni dal campo tentate, peraltro tutte a segno), sarebbe davvero delittuoso, e controproducente per la pallacanestro a metà campo di Milwaukee. Sarà bene servirlo con più continuità spalle a canestro, come anche in post alto, dove può fungere da facilitatore del gioco. Villanueva, invece, dovrà sporcarsi un po’ i gomiti per rimanere in quintetto. [b]Al momento è il candidato più credibile al premio “nemico di Skiles” dell’anno[/b] (solo 9 minuti in campo), perché non difende nulla ed è giocatore offensivo di isolamenti, quindi esattamente il prototipo di giocatore inutile nel sistema. E’ anche per questo che ieri il rookie Mbah a Moute è stato in campo quasi mezzora: il ragazzo di UCLA è uno specimen fisico pauroso, salta un monte, difende su tre ruoli, ruba e stoppa. In attacco non vorresti nemmeno vedergliela toccare, però è sicuramente destinato ad avere spazio in una squadra che non ha un defensive stopper credibile.
Nei Bulls, l’inusuale coppia di lunghi Thomas e Gooden ha convinto e sorpreso, soffrendo a rimbalzo solo inzialmente, ma dando una continuità offensiva davvero inaspettata. [b]TT in particolare è parso in rampa di lancio per la stagione del botto, e con i mezzi che si ritrova sarebbe anche l’ora[/b]. Ieri ha messo insieme 15 punti, 10 rimbalzi, 3 ass, 2 rubate e una stoppata, e nel frattempo ha trovato modo di condurre contropiedi come una guardia, commettere un paio d’intereferenze a canestro, palleggiarsi sul piede dopo finte di tiro pregevoli e sfondare su partenze a testa bassa. La sensazione, comunque, è che Del Negro ci creda e che i miglioramenti visti in pre-stagione possano trovare conferma da qui ad aprile. Molto bene Luol Deng (21 punti con 8-13 dal campo), che si trova a suo agio sia sui 28 metri che contro difesa schierata grazie ad un in-between game invidiabile. E sembra che a trovarsi bene con Deng e Thomas sia soprattutto Rose (11 punti, 9 assist e 3 recuperi), in quello che è un quintetto iniziale da corsa. [b]La prima scelta assoluta ha mostrato personalità e fosforo, non proprio la norma per chi è al debutto nell’NBA[/b]. Crea tanto per sé stesso e per gli altri, con una visione di gioco già su livelli eccelenti. Preferisce la transizione ma sa attaccare con pazienza anche a metà campo, dove usa il pick & roll come arma prediletta. Ci mette qualche fronzolo di troppo e difende pochino, ma si tratta di difett fisiologici per la giovane età e lo scarso chilometraggio in questa lega.
Anche la second unit ha giocato bene, specie Hinrich e Gordon. Little Ben è onestamente un caso a parte perché ha giocato un primo tempo contemplativo in cui sembrava in polemica anche con le retine dei canestri, per poi esplodere senza preavviso in una seconda metà da 18 punti. La sua gestione non è mai stata, e presumibilmente mai sarà, facilissima. [b]E’ evidente che al rientro di Larry Hughes qualche scelta andrà fatta, perché il reparto guardie dei Bulls è semplicemente troppo affollato per non creare problemi[/b]. Da queste scelte, e dalla continuità di alcuni elementi del roster, Thomas e Rose su tutti, dipenderanno le chance di playoffs di questo giovane nucleo, che comunque deve avere la pazienza di aspettare i suoi migliori talenti per essere competitivo ai massimi livelli.