Se c’è una cosa che sorprende dei Memphis Grizzlies stagione 2008/2009 è che per la prima volta da un paio d’anni a questa parte sembrano avere idee e materiale umano per far partire un progetto di ricostruzione che dia competitività a una franchigia che, nella sua breve storia, ha solo annusato l’aria dei playoffs NBA. In questi primi scampoli di stagione regolare i Grizzlies hanno vinto 3 partite, perdendone 5, ma in questo contesto [b]contano di più i segnali incoraggianti mandati dai giovani componenti del roster rispetto al record[/b], che comunque non è da buttare. Sei delle prime 8 gare sono state giocate in trasferta (di cui una sola vittoria a Oakland), mentre nelle uniche due apparizioni davanti al loro pubblico Gay e compagni hanno portato a casa due vittorie convincenti contro Warriors e Magic.
Memphis non ha un attacco sfavillante, tutt’altro (91.1 punti a partita, peggio fanno solo Bobcats, OKC e Clippers), ma ha mostrato una difesa abbastanza convincente, che tiene gli avversari a 94 punti a gara, costringendogli al 42% dal campo e a soli 17.6 assist per allacciata di scarpe. Questo è un dato abbastanza interessante, perché considerata la propensione di Iavaroni al gioco veloce e la supposizione fondata che molti degli elementi a roster non fossero difensori di livello, erano attese molte sparatorie ai 110 punti, soprattutto ad inizio campionato. Invece i Grizzlies finora hanno messo in mostra una difesa perlomeno onesta. Merito di chi? Difficile stabilirlo al momento. Ma c’è da rilevare come OJ Mayo, rookie da USC conosciuto quasi esclusivamente per le sue doti realizzative, stia mettendo in mostra insospettabili doti difensive. Si tratta di istinti più che di competenze acquisite, ma pare ci sia la creta per costruire uno stopper di altissimo livello. Se poi ci aggiungete che [b]nelle ultime quattro partite sta viaggiando a 28 punti di media con il 50% dal campo e un irreale 52% da dietro l’arco, è abbastanza evidente che al momento questo è il più legittimo candidato al titolo di rookie dell’anno[/b], nonché uno su cui la franchigia può essere contenta di aver investito, a prescindere dai dubbi che circondavano il ragazzo in sede di draft.
Mayo non è l’unico primo anno a partire in quintetto per Memphis. C’è anche Marc Gasol, che già aveva dimostrato di poter appartenere a questa lega durante le Olimpiadi pechinesi. [b]Quello che era ritenuto il fratello scarso dei due catalani, ha iniziato la stagione col piglio di chi è in questa lega da molto tempo[/b]. Solido, offensivamente educato e difensivamente presente come non ti aspetteresti da un rookie specie nel ruolo di centro (ma va detto che gli addetti ai lavori al di qua dell’oceano scommettevano sulla prontezza del lungo spagnolo). Al momento in cui scriviamo viaggia a quasi 11 punti e 8 rimbalzi di media, a cui aggiunge una stoppata per partita. E’ discretamente coinvolto nel sistema offensivo e ha scarsissima competizione nel ruolo, per cui le sue cifre sono destinate a rimanere stabili, se non ad aumentare, e con esse migliorerà il suo adattamento al gioco NBA. [b]Memphis punta sul fatto che lui sia il centro titolare per molti anni a venire[/b].
La stella della squadra rimane Rudy Gay, che per la verità ha iniziato la stagione un po’ in sordina. Chiamato ad un’annata che lo confermi come go-to-guy di questa franchigia, il prodotto di Connecticut University sta sì viaggiando a 20 di media, ma lo sta facendo con percentuali disastrose (sotto il 40% dal campo, addirittura il 17% dalla lunga distanza) e perdendo molti più palloni rispetto all’anno scorso (ben 3.6 a gara). Gay è giocatore di un’eleganza quasi impareggiabile anche a questo livello e ha un arsenale offensivo illimitato. [b]In più tende a mettere i tiri importanti, come dimostra il buzzer beater contro i Magic a inizio stagione[/b]. Da lui lo staff tecnico si attende un’annata su livelli di eccellenza che ne chiarisca il ruolo di leader all’interno di questo giovane roster.
Il quintetto per ora è completato da Mike Conley e Darrel Arthur. Conley è un sophomore che finora ha dimostrato pochino in questa lega e che probabilmente potrebbe rappresentare il punto debole del quintetto da qui a qualche tempo. [b]Non è un caso che dalla panchina il primo ad alzarsi sia spesso Kyle Lowry, pointman al terzo anno nella lega con attitudine difensiva, tasso di attività elevato e grande voglia di emergere[/b]. Il ruolo di power forward titolare allinizio era di Darko Milicic, ma un esordio disastroso ha di fatto consegnato il posto in quintetto a Darrel Arthur, altro rookie da Kansas. Arthur ha mezzi atletici interessanti, tempismo per stoppare, e va a rimbalzo con continuità. In attacco è ancora piuttosto indietro, e può incappare in problemi di falli come il suo compagni di reparto Gasol, ma paiono una coppia ben assortita. Sta ben impressionando anche Hakim Warrick, giocatore discontinuo come pochi altri, ma che alzandosi dalla panchina come sesto o settimo contribuisce con 10 punti abbondanti e quasi 5 rimbalzi a partita. Il ragazzo non è nuovo a strisce di rendimento positivo, quindi è lecito attendersi anche laltra faccia della medaglia in un futuro più o meno prossimo, ma resta comunque un legittimo cambio NBA.
Il calendario propone ora a Memphis una serie di tre partite casalinghe (NY, Sacramento e Milwaukee) non proibitive. Nella migliore delle ipotesi il record va sopra il 50%, il che sarebbe già un risultato apprezzabile viste le premesse della stagione. [b]E evidente che questa resti comunque una stagione di pura transizione, e che i playoffs non possano essere considerati un obiettivo raggiungibile[/b], a meno di un crollo generalizzato delle molte contendenti dellovest. Il dato positivo, tuttavia, è che i Grizzlies paiono finalmente avere un progetto cui dare continuità e stabilità nel corso degli anni. Di solito si comincia da qui per costruire una squadra da titolo.