Dopo una partenza a razzo gli [b]Hawks[/b] sono, come da più parti pronosticato, calati. Così da un record che recitava un lusinghiero 6-0, miglior partenza dal lontano 1997, quando le vittorie di fila furono 11 e le stelle della squadra si chiamavano [b]Steve Smith, Christian Laettner, Dikembe Mutombo[/b] e [b]Mookie Blaylock[/b], gli Hawks sono scesi in picchiata, [i]come si compete ad un falco[/i] (ok, lapidatemi), e con 4 sconfitte consecutive (3 in trasferta ed 1 in casa) ad un pur sempre buono 6-4.
Una partenza spettacolare, basata su una [b]buonissima difesa[/b], che ha concesso 89.5 punti a partita con il 42% dal campo agli avversari arpionando 12 rimbalzi offensivi a partita, e potendo contare su un [b]Joe Jonhson[/b] in formato MVP: 23 punti, 5 rimbalzi e 5 assist a partita, compreso il grosso delle giocate decisive. Paradossalmente le prestazioni di JJ sono anche cresciute nelle tre sconfitte successive, 30 punti 6 assist e 5 rimbalzi di media, ma ciò che gli Hawks hanno perso è la difesa: 112 punti concessi agli avversari, e se è accettabile concedere 34 punti al miglior [b]Paul Pierce[/b] all time diventa meno concepibile permettere di furoreggiare a [b]Brook Lopez[/b] o a [b]Ryan Anderson[/b], o permettere agli avversari di tirare con il 48% dal campo. Certo, dalla partita contro i Raptors in casa Atlanta ha dovuto fare a meno di [b]Josh Smith[/b], una, se non la principale, splendida anomalia del sistema Hawks, ma limpressione è che la sconfitta di Boston, arrivata in volata dopo una partita dura e spigolosa, con contatti spesso al limite, abbia un po tolto tensione agli Hawks che contro i Nets, aldilà di limiti strutturali noti, hanno dato limpressione di esser scesi in campo proprio con lattegiamento sbagliato, mentre contro i Pacers (in Indiana è arrivata la quarta sconfitta consecutiva) un po laver perso Horford dopo pochi minuti (scontro fortuito con Nesterovic dopo un blocco, caviglia girata ma niente di preoccupante, i raggi-X hanno dato esito negativo), un po la stanchezza (quarta partita in 5 giorni in un ciclo di fuoco di 11 partite in 16 giorni, 7 delle quali in trasferta) ed un po linvoluzione del gioco(soprattutto della difesa) hanno influenzato landamento della partita.
Gli Hawks comunque sono questi, una squadra ottovolante, capace di portare a gara7 negli ultimi playoffs i futuri campioni NBA di Boston e di beccarne 119 dai Nets, giocando esattamente come questanno: ricerca esasperata della transizione, tiri veloci, gioco semplice e tanto atletismo. Il quintetto è ormai stabilmente quello piccolo, con Al Horford a giocar da (finto) centro, con Smith (quando rientrerà) e Marvin Williams a scambiarsi le posizioni di ala e con Johnson e Bibby dietro. Un quintetto come detto piccolo, atletico, da corsa dove i ruoli sembrano un optional visto che è proprio JJ quello che inizia spesso lazione dalla rimessa, con Bibby libero di seguire i propri istinti (ed i blocchi disegnati per lui da coach Woodson) sulla linea di fondo, con Smith a ciondolare sul lato debole giocando senza palla e con Horford e Williams chiamati, almeno in attacco, a vivere delle altrui inziative. Ad Al, secondo anno bicampione NCCA da Florida, lessere estremamente altalenante in attacco è concesso per via di inesperienza, gioventù ma soprattutto per la tremenda carica agonistica che mette in ogni aspetto del gioco: spettacolare contro Boston, sia lo scorso anno nei playoffs quando provocò a più riprese Pierce, facendolo andare fuori di testa in gara6, sia questanno quando al TD Banknorth Garden si è allacciato più di una volta con KG, riuscendo anche fare la faccia da duro. Su Williams [i]la giuria è ancora riunita[/i]: Chiunque lo avesse visto a North Carolina non poteva che rimanerne abbagliato: panterona nera di oltre due metri, movimenti felpati, jump che non perdona ed il gusto per il crossover lo avevano reso agli occhi di scout e semplici appassionati, lennesimo [i]next Garnett[/i]. Gli Hawks, investendo tanto del proprio futuro, nel 2005 lo omaggiarono della seconda assoluta (alle spalle del centro australocroato Andrew Bogut) scegliendolo davanti a gente del calibro di [b]Deron Williams[/b] e [b]Chris Paul[/b], tra quelli più acclamati. Azzardarsi anche solo a paragonare le rispettive carriere, ad oggi, è solamente esercizio dingenerosità verso il ragazzone, che ancoroggi, come al college, ha sprazzi di classe purissima: capisce il gioco perché sa farsi trovare e sa come trovare i compagni, ha mani educatissime, è agile, atletico e veloce, ogni tanto dal palleggio piazza una finta francamente imbarazzante, considerato che siamo abbondantemente oltre i 2 metri, e piazza un più che discreto jump dalla media, che magari non farà esultare gli esteti per via di quei piedi che vanno via storti di lato quando rilascia il pallone, ma che, se è in serata, può far male. Il problema è che tutto questo è alternato a lunghi momenti di abulia totale per ciò che gli accade intorno, così non è raro vederlo ciondolare in angolo sul lato debole in attesa di uno scarico, quasi indifferente a ciò che gli accade attorno.
Accanto ai giocatori del quintetto però, novità di questanno, si segnalano anche i panchinari, proprio quando tutto lasciava presupporre che i cambi dei titolari sarebbero stati uno dei problemi principali di questi Hawks, vista la partenza, direzione Pireo, di quel [b]Josh Childress[/b] che approposito di scelte di lotteria bizzarre targate Hawks dovrebbe ricordare qualcosa ai fan della franchigia della Georgia, vista la chiamata alla sesta assoluta nel 2004 davanti a gente del calibro di [b]Luol Deng, Andrè Igoudala, Andris Biedrins[/b], ed [b]Al Jefferson[/b], tra gli altri. La panca Hawks questanno è tuttaltro che povera come si prospettava, almeno se Ronald Flip Murray e Maurice Evans continueranno a produrre una doppia cifra abbondante di punti di media. Murray addirittura più volte ha messo in discussione il ruolo di Bibby, peraltro autore di una buonissima partenza, in controtendenza alle ultime annate cadavere-style, ed ha spedito definitivamente in naftalina [b]Acie Law[/b], playmaker di stazza (siamo sui 190cm) e buona visione di gioco ma confusionario ed assolutamente impalpabile in attacco, soprattutto da dietro larco. Tanto per arricchire la statistica anche Law ha una bella storia dal draft: chiamato allundicesima assoluta lo scorso anno prima di [b]Thaddeus Young, Al Thornton[b] e [b]Rodney Stuckey[/b], tra gli altri e senza volersi dilungare troppo. [i]Mo[/i] invece si limita a fare, meglio, tutto quel che Childress faceva lo scorso anno, difesa esclusa, al momento in poco più di 24 minuti di media produce 8 punti conditi da 4 rimbalzi ed un eccellente 48% dalla lunga distanza. Accanto a loro si segnala anche [b]Solomon Jones[/b], terzo anno da South Florida, che anche a causa dellinfortunio di Smith sta riuscendo a ricavarsi il suo spazio, buttando in campo due gambe al tritolo al servizio di un fisico non proprio adamantino ma che visto landazzo tornano più che utili. Jones si spartisce i minuti in area con [b]Zaza Pachulia[/b], altro [i]giocatore cult[/i], in primis perché è il miglior giocatore georgiano, alla faccia di tutti i Nikoloz Tskitishvili, ed in secondo luogo perché è sul serio un discreto attaccante ma soprattutto perché pur avendo una faccia assolutamente da secchione è uno dei giocatori più sporchi ed irritanti (per gli avversari) che popolano le aree NBA.
Dove possono arrivare questi Hawks è difficile dirlo, di sicuro sono nel lotto delle squadre che si giocheranno lacceso playoffs fino alla fine, perché se lEst continua ad apparire meno qualitativo dellOvest è pur vero che la concorrenza non è meno fitta anche se qualitativamente più scadente. Di sicuro non cè da deprimersi per le ultime sconfitte, come testimonia anche Joe Johnson, sempre più leader, con un inizio di campionato che in parte smentisce chi lo voleva poco capace di prendersi la squadra sulle spalle (pare ci fosse, di questo parere, anche qualcuno nello spogliatoio dei falchi): [i] (In queste ultime partite) Noi non stiamo giocando di squadra, non ci stiamo mettendo la giusta energia, come come invece facevamo nelle prime sei partite. Io penso che noi ci siamo troppo compiaciuti delle sei vittorie in fila e ci siamo un po fermati, non giocando più una pallacanestro di squadra. Questo è abbastanza normale in NBA dove è facile avere alti e bassi, come io stesso ho detto ai miei compagni quando siamo partiti 6-0 non pensiamo di aver fatto tutto ciò che cè da fare, il campionato è una maratona, non uno sprint, ora dopo lup è arrivato un momento di down per noi, ma non ci scoraggeremo, lo garantisco. E se lo dice lui