Sulla carta era una delle contender di questa stagione, ma l’avventura dei Rockets non è cominciata nel migliore dei modi: risultati altalenanti, infortuni vari e poca intensità, tutti fattori che, nonostante tutto, non privano la squadra allenata da coach Adelman, della leadership nella Southwest Divison (12-7 il record). Ma vediamo di scoprire meglio cosa ancora scricchiola negli ingranaggi a Houston.
Che T-Mac fosse soggeto ad infortuni non è certo una novità, lo erano invece gli aggiustamenti, Artest su tutti, presi quest’estate per colmare l’eventuale buco: sfortuna vuole che McGrady si sia nuovamente infortunato e il ruolo scoperto, fatica ad essere rimarginato dalle due guardie disponibili: Carl Landry e Aaron Brooks, entrambi ancora giovani ed inesperti, incapaci di prendersi possessi e tiri pesanti come il pari ruolo e compagno numero 1, senza comunque nulla togliere a queste due ottime promesse per il futuro del basket.
Inesperienza pagata nella gara svoltasi a Denver, contro i Nuggets, che ha messo in chiara luce i limiti che sembra avere Houston senza la propria star contro squadre ben organizzate: difficoltà di gioco, poche idee, troppe perse…insomma una brutta uscita che il solo Yao non ha potuto risolvere da solo. Il cinesone, per quanto alto e grosso, scarseggia di velocità nei movimenti e spesso, questa sua goffaggine, paga molto (2,7 to per gara).
Nene, che ha sfruttato al meglio i momenti di panchina del cinese, lo sa bene ora, dopo aver chiuso la gara con un ottimo 17+10, re del pitturato e infermabile per tutti gli uomini in maglia rossa, sovrastati dal giocatore brasiliano in entrambe le metacampo.
La partita casalinga contro i Clippers, ancora McGrady-less, ha nuovamente evidenziato queste disattenzioni, camuffate però dal trio Yao-Alston-Artest in serata di grazia (rispettivamente 24, 19 e 21 punti), che ha trascinato i Rockets alla dodicesima W.
Il merito, o meglio il demerito, va però alla difesa losangelina che ha concesso la bellezza di 39 tiri liberi ai padroni di casa, regalando così 31 punti facili facili dalla lunetta. La partita ha inoltre visto tornare, in campo, Shane Battier e, sulla panchina, Steve Francis, out dal lontano dicembre 2007.
Ma ora, se dovessimo attribuire colpe per questo inizio tentennante, chi sarebbero gli imputati?
Salta subito all’occhio che al gruppo manca un gioco fluido: T-mac sì o T-mac no, i Rockets soffrono troppo le difese rapide a chiudersi, e, non essendo tra i migliori nel settore palle rubate, difficilmente riescono a mandare a segno punti facili in contropiede.
La mancanza poi, di un vero playmaker, si fa sentire nella gestione dell’azione: non è raro difatti che Houston giunga a tiri forzati negli ultimi secondi dei 24, sprecando così palloni che, a fine gara, potrebbero risultare incisivi sul risultato.
A queste difficoltà offensive, si vanno ad aggiungere quelle difensive, con avversari troppo liberi di andare a canestro, difficoltà non ben evidenziate dalle statistiche (95.2 punti concessi), che proprio non possono giustificare raddoppi mal portati e troppi wide-open concessi. Errori da cui non si esenta neppure uno tra i migliori difensori della lega, Ron Artest, che, sul piano offensivo ultimamente è indiscutibile (16 punti di media nelle ultime 5 gare), ma che per tutto Novembre ha seguito a ruota i compagni, nel bene e nel male.
Riassumendo, Houston dà segnali di poter competere ad alti livelli, la determinazione sembra infatti non mancare, molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare, partendo dal cercar di dipendere sempre meno da T-Mac, visti i suoi continui problemi fisici che lo rendono sempre più inaffidabile sul piano presenze.
Il calendario è piuttosto clemente a Dicembre, ma già molti occhi si puntano sul mese di Aprile, tempo di Playoffs, dove la squadra texana dovrà giungere agguerrita e vogliosa di riscatto: un’altra eliminazione al primo turno, molto probabilmente, avrà come imputata numero uno la coppia Yao-T-mac e chissà mai che si arrivi a qualche interessante trade…non ci resta che attendere.