Aria di crisi e di rinnovamento attraversano la città dei motori americana ed i Pistons non appaiono immuni dal vento del cambiamento.
Più che di un cauto rinnovamento diremmo che ci troviamo di fronte ad una vera rivoluzione silenziosa operata da Joe Dumars.
Il plenipotenziario dei Pistons ha, già da agosto, disegnato in modo netto le linee per il prossimo futuro con il consueto stile efficace fatto di pochi fronzoli.
I nuovi Bad Boys si sono presentati al training camp con un rookie come Michael Curry in panca, un segnale inequivocabile di un progetto per il futuro a lunga scadenza.
Spazio quindi per le nuove leve come Stuckey e Maxiell messi di fronte subito ad importanti responsabilità con minuti e tempo per dimostrare di meritare la fiducia di Curry ed implicitamente anche di Dumars.
La partita a scacchi per Zio Joe era appena cominciata: dopo un inizio non avvincente ma comunque concreto altro cambio di direzione con la trade che ha visto la partenza di Billups e McDyess direzione Denver con lapprodo di Iverson alla corte di Sheed e compagni.
Un vero shock se si pensa alle caratteristiche tecniche ed umane di Allen I che mal si conciliano con letica tutta sostanza e lavoro dei Pistons dannata.
Motivi strettamente salariali hanno portato alla scelta di Iverson, ultimo anno di contratto infatti per lex folletto di Sixers e Nuggets e 21 milioni che andranno defalcati dal monte salariale a fine stagione.
Se sommate a questi i 13 del decadente Sheed Wallace troverete i Pistons in eccellente posizione per tentare la scalata a breve per i free agent più appetibili nel 2009 ma soprattutto nel 2010, anno mitologico tanto chiacchierato quanto il millenium bug di fine secolo scorso.
Per arrivare pronto alla sfida LeBron, Wade ma soprattutto Bosh, vero obbiettivo nemmeno tanto celato del front office di Detroit, Dumars ha dovuto cambiare pelle allintera struttura tecnica ed emotiva della franchigia.
Perdere Billups ha rappresentato un colpo durissimo per la credibilità futura in chiave playoffs, sia dal punto di vista della qualità del gioco che, in particolare, da quello umano.
Il leader non tanto vocale, in questo il brontolone Sheed è maestro inarrivabile, quanto emotivo, re indiscusso dellultimo tiro, della fiammata di puro orgoglio che spesso cambiava faccia alla gara.
Insomma cuore, grinta e carisma, tutte qualità che riconducono al più classico dei Bad Boys, una sintesi perfetta, anche se meno talentuosa, di Isiah Thomas e dello stesso Dumars.
Etica del lavoro e del sacrificio che appartiene solo in parte ad Iverson, condizionato spesso da un carattere originale, pari solo al suo talento straordinario ed onirico.
La rinuncia allex Nuggets pare certa a fine stagione come quella probabile a Wallace, Curry si godrà il ritorno di McDyess rientrato, come previsto, a casa base dopo la parentesi sullaventino a Denver.
Mettere insieme due anime disomogenee fatte di veterani a fine corsa per motivi diversi, lo stesso McDyess, Iverson e Wallace, comprimari dal ruolo indefinito ( Hermann, Bymun) e scommesse eternamente perdute come Kwame Brown è compito arduo per chiunque.
Il rischio è che questanno sia vissuto come una pacifica transizione in attesa di altre rivoluzioni in arrivo da giugno, situazione molto pericolosa che lo stesso Dumars non vuole nemmeno prendere in considerazione:Non esiste nessun anno di transizione, stiamo certamente cambiando ed il progetto che abbiamo in mente è a lungo termine ma nessuno deve sentirsi lontano dalle battaglie di oggi, ci sono da raggiungere già traguardi immediati questanno..
Obbiettivi che ragionevolmente questanno vogliono dire playoffs ma che non sono così scontati per il grande equilibrio che regna ad oriente e che non fa sconti a chi si considera già pronto per lestate.
Gli alti e bassi in questo prosieguo di stagione sembrano comunque destinati a restare: Iverson non sembra possedere le chiavi per guidare con saggezza il gruppo, McDyess e Wallace devono ridare spinta morale oltre che tecnica, la preoccupazione di Curry sarà quella di evitare sconfitte sconcertanti come quella casalinga con i TWolves ed, in parte, con i Knicks al Garden.
Il roster presenta comunque sempre giocatori affidabili e nel pieno della maturità agonistica come Prince e Hamilton, pietre angolari per ripartire.
Le valutazione tecniche di Dumars non sempre sono state felici ad esempio nel draft, deludenti per motivi diversi le avventure europee di Milicic e Delfino, ma nella scelta dei leader lo staff dei Pistons ci ha abituato a sontuose vittorie, Billups ed il turbolento Wallace sopra tutti.
La musica della Motown è fatta di hit di prestigio: sette stagioni da oltre 50 vittorie, un titolo nel 2004 e sei finali di conference consecutive, insomma fidatevi dello Zio.