In vetta alla [b]Southeast division[/b], con un ottimo record di 22 vittorie e 6 sconfitte, [b]terzi assoluti ad Est[/b] dietro agli inarrivabili Celtics ed ai poco pubblicizzati Cavaliers, ci sono gli [b]Orlando Magic[/b].
La franchigia della Florida, reduce da 5 vittorie in fila e da 9W nelle ultime 10 gare si sta imponendo, poco alla volta, come terza forza ad Est, scavalcando, nella corsa a diventare lincomodo alla finale già scritta, ad Est, tra Boston e Cleveland, i Pistons, che ancora devono metabolizzare, e chissà se mai ci riusciranno, la partenza di Billups e larrivo di Iverson.
Una squadra, quella allenata da [b]coach Stan Van Gundy[/b] che ama giocare a segnare un punto in più degli avversari, soprattutto a causa della scarsa predisposizione di squadra alla difesa, ma anche per un assetto, quello con Rashard Lewis ed Hedo Turkoglu in quintetto, che se in attacco permette di aprire il campo e sgombrare larea per le scorribande di Dwight Howard, in difesa pone sistematicamente in condizione di svantaggio i Magic nello spot di ala forte in termini di chili e centimetri. A ciò va aggiunto che il backcourt, formato da Jameer Nelson ed a turno uno tra Mickael Pietrus, Keith Bogans o J.J. Reddick, non solo è 9 volte su 10 più piccolo e leggero degli avversari, ma manca di attitudine difensiva, che da un lato viene occultata dalle fragorose stoppate in aiuto di Howard ma che dallaltro costringe la difesa a muoversi quasi sempre sin dal primo passaggio, costringendola ad innescare aiuti e recuperi che spesso vanno a buon fine, sfruttando la velocità di piedi della front line e lottimo timing per gli aiuti di Howard, ma, purtroppo per i supportes dei Magic, altrettanto spesso premiano lattacco con un tiro pulito. Così se i Magic sono il nono attacco assoluto della lega, fatturando quasi 102 punti a partita dallaltro lato del campo concedono quasi 95 punti di media agli avversari, una cifra ben lontana dagli 89 di Cleveland e dai 91 di Boston.
In attacco il sistema dei Magic è molto semplice, con 4 giocatori sul perimetro ed Howard a fare il [i]centroboa[/i], con un sistema di blocchi e veli che cerca sempre o quasi di aprire il campo, mettendo Howard nelle condizioni di giocarsi luno contro uno spalle a canestro o di riaprire sugli esterni, che facendo circolare la palla abbastanza velocemente cercano con insistenza i tiratori negli angoli, segnatamente Lewis o una delle guardie. Un gioco che per certi versi ricorda quello della Houston bicampione NBA nei primi anni novanta, con [b]Hakeem Olajuwon[/b] a centro area ed una finta ala forte accanto a lui come Robert Horry. Intendiamoci, ad oggi il paragone tra [i] “the Dream” [/i] ed Howard non sta né in cielo né in terra, il nigeriano di Houston era unenciclopedia della tecnica, un concentrato di quanto di meglio un lungo potesse offrire: gancio, semigancio, giro e tiro dalle tacche, scivolamenti, passi dincrocio, jump frontale, sviamento dorsale con appoggio o conclusione rovesciata e via discorrendo, mentre [i]the man child[/i], da questo punto di vista, è allABC. Non che in questi suoi primi Howard non sia migliorato, anzi, rispetto ai primi anni ha messo su qualche movimento in post che non sia la schiacciata, ma la macchinosità e la tendenza a volerla ancora buttare sulla potenza pura, senza peraltro aver torto, visto che al momento parliamo del lungo più dominante della lega senza molti dubbi, sono palesi. Un limite emerso prepotentemente nella gara che recentemente i Magic hanno giocato a Boston, una sorta di test di maturità per i ragazzi di Van Gundy da cui, purtroppo per loro, sono usciti con le ossa rotte. Boston infatti ha sistematicamente negato larea ad Howard, raddoppiandolo sia con Garnett, sia con gli esterni, sporcandogli il palleggio, lavorando duro sui tagliafuori, negandogli la posizione profonda in post e costringendolo a lavorare lontano dalle mattonelle preferite. Il risultato è stato una sconfitta impietosa, 107-88, ed una delle peggiori partite di Howard in stagione, con soli 14 punti frutto di un pessimo 5/12 dal campo. Non una bocciatura per il centrone dei Magic, che comunque resta il miglior rimbalzista della lega, 14 a sera, di cui 4.5 offensivi, numero uno anche quì, che condisce con 21 punti cui aggiunge e 3.7 [i]blocks[/i], miglior stoppatore NBA, il tutto tirando con il 56% abbondante dal campo. La bocciatura, se in tale senso si vuole intendere, è stata complessiva per i Magic, che si sono confermati non ancora pronti a recitare il ruolo di contender. Cosa manca per pensare di potersela seriamente giocare? Aldilà di una panchina poco profonda e senza grosse alternative, soprattutto tra le ali, sicuramente la prima, evidente, lacuna, è quella che riguarda il backcourt, dove [b]Nelson[/b] non ha ancora convinto appieno, alternando partite di grande spessore, che però sono quelle dove segna tanto in prima persona più che [i]apparecchiare la tavola[/i] per i compagni, a pesanti battute a vuoto, al momento viaggia a 17 punti e soli 5 assist a partita, tirando con un fantascientifico 52% dal campo, che gli permette di essere, assieme a Rajon Rondo dei Celtics, lunico esterno tra i primi 20 [i]percentualisti[/i] NBA. Se su Nelson, anche per via del recente prolungamento di contratto, che lo porterà a guadagnare tra i 5.5 ed i 7.8 milioni lanno fino al 2013, i Magic sono costretti a puntare anche per il futuro, perplime ancor di più la posizione di shooting guard, dove Reddick sembra inadatto fisicamente allNBA, dove Boogans è enormemente migliorato al tiro ma non garantisce pericolosità né in avvicinamento né dalla media ma soprattutto non è un giocatore in grado di creare dal palleggio, e dove Pietrus sta evidenziando, al netto dellinfortunio che lha tenuto fermo nellultimo periodo, la stessa incostanza che aveva ai Warriors, da cui è arrivato in estate, senza peraltro essere un giocatore in grado di segnare a giochi rotti, come servirebbe ai Magic. Viste le caratteristiche di gioco molto particolari di Lewis, la chiave del gioco dei Magic continua ad essere [b]Hedo Turkoglu[/b], che piuttosto spesso, nellarco della stessa partita, si trova a giocare tutti i ruoli meno quello del centro, essendo, se la definizione non è troppo abusata, il playmaker occulto di questi Magic, un po per lottima visione di gioco, un po perché è spesso lui a dover organizzare il gioco dai Magic, giocando da vera e propria [i]point forward[/i], come testimoniano i 4.4 assist a partita. Il problema è che molto spesso il serboturco si trova a dover improvvisare, e le difese, dopo la strepitosa annata scorsa, si sono adeguate alle sue penetrazioni non velocissime ma concluse con un tiretto in controtempo, magari dopo aver sbilanciato lavversario, o con un sottomano dalla parabola molto accentuata, frutto del fatto che parliamo di unala piccola di quasi 210 cm. Si spiega così il leggero calo nelle cifre, da 19 a 17 punti di media, dal 45.6 al 38.2% dal campo, dal 40 al 31% dalla lunga distanza, che testimonia da un lato il fatto che le difese studino il suo tipo di gioco e come limitarlo e dallaltro una certa involuzione nel gioco dei Magic che spesso lo porta a dover inventare conclusioni dal palleggio a pochi secondi dalla fine dellazione. Un calo, quello di Turkoglu, che però non ne scalfisce limportanza allinterno della squadra, anzi, visto che senza di lui verrebbe meno gran parte della logica di questa squadra. Per i Magic quindi trattenerlo ad Orlando sarà questione prioritaria, visto che a fine anno [i]Brother Hedo[/i] come lo chiamavano ai Kings, potrà uscire dal suo contratto e sondare il mercato dei free agent. Unaltra scelta importante quindi per il management Magic, poiché il salary cap è già gonfio a causa del contrattone di Howard, ma soprattutto dellinsensato massimo salariale elargito a [b]Rashard Lewis[/b], circa 20 milioni lanno fino al 2013, che rende il mercato dei Magic molto complicato.
Cosa, dunque, ci si può aspettare da questi Magic? Un gioco divertente, frizzante, giocatori interessanti, come Turkoglu e Lewis, ed il miglior lungo NBA, oggi, Howard, ma per i traguardi veri, oggi, sembra troppo presto, e non è detto che in futuro la situazione cambi.