Che a Miami si respiri aria di ricostruzione non è cosa nota, vuoi per lo scadente e pietoso anno passato, vuoi perché del roster che solamente 3 anni or sono si laureava campione NBA sono rimasti solo [b] Dwyane Wade[/b] ed [b] Udonis Haslem[/b], vuoi perché il ricambio non è stato di livello, gli Heat si trovano ancor oggi a vivacchiare con il sesto record ad Est, 18 vittorie e 14 sconfitte, il terzo bilancio nella Southeast Division, alle spalle di Orlando ed Atlanta, in bilico tra un posto ai playoffs e lennesima stagione conclusa in anticipo.
Che tutto, oggi, agli Heat ruoti attorno a [b]Wade[/b] è fuori discussione, la recente nomina a [b]giocatore del mese per la Eastern Conference[/b], terza volta in carriera, dicembre 2004 e febbraio 2006 quelle precedenti, per lui (settimo giocatore della storia degli Heat ad arrivare a tale riconoscimento) arriva a coronamento di un inizio di stagione strepitoso, almeno sul piano personale: capocannoniere della lega a 29 punti di media, conditi da oltre 6 assist e 5 rimbalzi, quasi 2 rubate ed 1.5 stoppate a partita in 37 minuti dimpiego, Wade sta mettendo in mostra tutto il mostruoso bagaglio di soluzioni offensive di cui è capace e che molti temevano avesse smarrito tra i tanti fastidi fisici (ginocchia e spalle in primis) che lo hanno afflitto negli ultimi 2 anni. Non solo Wade sta lentamente tornando quello che vinse lMVP delle finals 2005/2006 ma sta migliorando anche nel jumper, ancora insicuro e [i]falloso[/i] dalla lunga quanto semiautomatico dalla media, e nelle letture, mentre continua ad accendere e spegnere nella fase difensiva, fidandosi spesso solo del suo atletismo e pagando anche il fatto di essere in sostanza il motore offensivo degli Heat.
Il problema principale della franchigia della Florida è proprio questo. Tolto Wade, infatti, il resto del roster è, al momento, poca cosa. La scelta di [b]Michael Beasley[/b] non solo non sta pagando i dividendi sperati, ma anzi, il suo rendimento spiega aldilà di ogni elucubrazione perché Riley volesse a tutti i costi [b]Derrick Rose[/b]. Il paragone tra i primi due giocatori scelti nellultimo draft è impietoso: mentre [b]Rose[/b] ha preso subito in mano le redini dei Bulls, assestandosi su 17 punti e 6 assist di media, pur se in unaltra realtà molto particolare come quella di Chicago, Beasley al momento ha fondamentalmente deluso, non tanto nei numeri, 13 punti e 5 rimbalzi di media, quanto nellimpatto sul gioco. In primis lex Kansas State si sta dimostrando molto più [i]tweener[/i] di quanto si credesse in sede di draft: al momento non ha un ruolo preciso, essendo troppo piccolo e leggero (nel recente backtoback contro i Cavs è sembrato un po più basso ed assolutamente più leggero di Lebron James) per giocare stabilmente vicino a canestro ed al contempo senza gli istinti e troppo grezzo tecnicamente per pensare di giocare da ala piccola. Non solo, i paventati movimenti in post basso al momento non sono pervenuti, ed anzi, aldilà di un buon jumper dalle media e di qualche movimento di pura agilità offensivamente si è dimostrato impreparato alla realtà che lo attendeva, vivacchiando di soluzioni dinamiche, scarichi ed appunto tiri dalla media, meglio se aperto e quindi eseguibile con i suoi tempi. I dubbi sul ruolo peraltro si vanno ad aggiungere alla realtà di un roster dove ci sono già [b]Shawn Marion[/b], giocatore a cui proprio Beasley viene spesso paragonato, che agli Heat sta mostrando quanto poco fossero veritieri i numeri accumulati ai Suns, e dove da centro gioca Haslam, a completare una front line sì atipica, ma anche bassa, poco tecnica e quasi nulla fisicamente. Naturalmente parliamo di un diciannovenne, quindi è naturale che Beasley, nel corso degli anni cresca come rendimento, di certo però le aspettative riposte in lui questestate, quando veniva proposto come un dominatore assoluto, reduce da unannata al college a tratti abbacinante. Il problema, è in questo la parabola di [b]Kevin Durant[/b] dovrebbe insegnar qualcosa, è che molto spesso non si riesce a riproporre lo stesso tipo di gioco che rende questi giocatori dominanti al college. Tantè che ad oggi [b] coach Spolestra[/b] lo utilizza in uscita dalla panchina, mischiando le carte a seconda degli avversari che si trova di fronte.
Alla scarsa fisicità della front line, visto che le riserve ad oggi sono [b]Joel Anthony, Mark Blount e Jamaal Magloire[/b], si aggiungono le perplessità che accompagnano i giocatori in cabina di regia. Ad oggi gli Heat hanno nel loro roster tre point guard: il trottolino [b]Chris Quinn[/b], più tiratore che gestore, [b]Marcus Banks[/b], quattro squadre cambiate in cinque anni ed un contratto fuori logica elargitogli dai Suns, ed il sorprendente Mario Chalmers, seconda scelta da Kansas. Al momento è Chalmers a guidare il quintetto di Miami, sfruttando la sua buona conoscenza del gioco e la predisposizione alla difesa, che gli permettono di essere in NBA nonostante non sia né un passatore di alto livello né un tiratore mortifero. Farlo partire in quintetto permette da un lato a Miami di cautelarsi, non essendo né Quinn né Banks giocatori in grado di tenere il campo per lunghi periodi, e dallaltro al giocatore di sviluppare tutto il suo potenziale.
Il resto del roster, composto da [b]Daequan Cook[/b] cambio di Wade e sostanzialmente un tiratore, [b] Yakhouba Diawara [/b], ex fortitudino, ed altro [i]tweener[/i] ed i [i]desaparecidos[/i] [b] Shaun Livingston[/b], il cui ritorno al basket pare fortemente difficoltoso, [b] Dorell Wright[/b], fuori dalle rotazioni, e [b] James Jones[/b] ala piccola titolare nei piani estivi, grazie alla sua capacità di tirare dalla lunga, che è alle prese con il recupero dallinfortunio al tendine del polso destro, conferma come il ritorno degli Heat ad alti livello è tuttaltro che scontato.
Come possano muoversi gli [b]Heat[/b] per migliorare la squadra è il grande interrogativo che accompagnerà la dirigenza della Florida nei prossimi due anni. Tantè che nel 2010 [b]Wade[/b] potrà uscire dal contratto che lo lega a Miami, valutando tutte le alternative possibili, e cè già più di una voce che lo vorrebbe a [b]New York[/b], assieme al suo amicone [b]James[/b], a rinverdire i fasti dei [b]Knicks[/b], giocando nel sistema di [b]DAntoni[/b] e facendo aumentare a dismisura la salivazione di [b]David Stern[/b], visto che il Commissioner non ha mai nascosto il disappunto per i recenti campionato di N.Y., il principale mercato mediatico della lega. [b]Riley[/b] dovrà quindi puntare a qualche grosso calibro, si parla di un forte interessamento per [b]Boozer[/b], in uscita da Utah, che però mal si accoppia con gli altri lunghi degli Heat, magari cedendo Marion, che ha contratto in scadenza in estate per 17.2 milioni di dollari e mire economiche che difficilmente qualcuno potrà soddisfare. Un ulteriore banco di prova per il [b]Pat Riley[/b] dirigente degli Heat, che non ha mai convito appieno come il Riley allenatore.