Sulle note di Sting e del suo “nuovo giorno” i Sixers stanno vivendo una seconda giovinezza, se di questo si può parlare.
Nella offseason tutti i tifosi avevano pensato che, con l’arrivo di Elton Brand, si sarebbero risolti tutti i cronici problemi di attacco a metà campo, presenza in post e solidità a rimbalzo. Se a questo aggiungiamo che il gruppo già presente aveva dato non poco filo da torcere ai Pistons durante il primo turno di playoffs, dopo aver giocato una seconda metà di stagione al limite della perfezione: sky’s the limit.
Ma come spesso accade in questo bellissimo sport, una figurina di un determinato tipo, può mutare radicalmente gli equilibri di un album che ha prodotto buoni risultati in precedenza.
Infatti l’inizio di stagione della truppa di Cheeks è stato a dir poco deficitario.
Già quel [b]Maurice Cheeks[/b]: player coach, sempre educato e al suo posto, che non è più riuscito a tenere in mano le redini della squadra e che per questo è stato sollevato dall’incarico il 13 dicembre.
Sembra paradossale, ma la squadra di inizio stagione sembrava giocare proprio contro il suo allenatore; lo stesso che con la sua politica molto “pro-players” li aveva fatti crescere e fidare delle proprie qualità qualche mese prima.
La staffetta 4×100 degli esterni atletici come Iguodala, Young, Green e Miller si vedeva sempre più di rado; questo derivava da una difesa al limite dell’accondiscendenza e come ben si sa: senza difesa e recuperi, il contropiede non si sviluppa.
Dopo un record di 10-14 Stefanski opta per un’inversione di marcia, affidando la squadra a [b]Tony Di Leo[/b], presenza di vecchia data (17 stagioni) alla corte della città dell’amore fraterno.
Ormai è in voga nell’NBA la soluzione del traghettatore interno alla squadra (una specie di Nando Gentile a stelle e strisce), che conosce il personale a disposizione e soprattutto può rimediare con maggiore efficacia agli errori precedenti.
Dopo poco dalla nomina di coach Di Leo, si fa male alla spalla anche la stella designata Elton Brand, che viene costretto ad uno stop abbastanza lungo.
Quando la tua stella si infortuna le reazioni del supporting cast molto spesso si riducono a due: uno slump di risultati e rendimento, oppure una responsabilizzazione di ogni effettivo che sopperisce con cuore ed intensità alla mancanza, rendendola quasi positiva.
I Sixers hanno reagito proprio in questa maniera, con un [b]Marreese Speights[/b] in più (occhio a questo ragazzo che ha numeri importanti e potrebbe diventare un giocatore che sposta) e una vitalità che mai si era vista in questa stagione.
La squadra è ritornata ad essere caratterizzata dai giovani rampanti che mettono tonnellate di intensità e voglia, facendo scaturire risultati anche inaspettati. [b]Young e Iguodala[/b] stanno giocano in maniera divina, Williams é la solita pera di ginseng in uscita dalla panchina e ‘Dre Miller organizza tutti con la sapiente bacchetta di Alleviana memoria.
La stagione cambia in un attimo: arrivano sette vittorie in fila, prima dello stop contro Dallas di qualche giorno fa e la vita post all-star game sembra poter sorridere ai biancorossoneri, che potranno dare un nuovo assalto a dei playoffs ad est che sembrano molto più difficili degli ultimi anni.
Questo discorso è validissimo ed abbiamo i fatti a corroborare le idee, ma ora si viene a creare una potenziale crisi di rigetto nella quale la squadra, dovrà metabolizzare l’imminente ritorno di Brand. Sembra chiaro che questa squadra senza la transizione sia “monca”, ma è altrettanto palese che Elton non possa essere propedeutico ad un tipo di basket con l’acceleratore pigiato al massimo. Per Di Leo non sarà facile trovare un compromesso che possa continuare a far divertire e vincere i Sixers, ma forse è giunto il momento di fare un passo importante per diventare una big o restare nel limbo.
Good luck Tony.