[b]I FLOP[/b]
Lultima off season è stata indubbiamente movimentata: hanno cambiato squadra giocatori importanti, alcuni addirittura considerati uomini franchigia, come Elton Brand e Baron Davis. Ma non tutti questi scambi hanno dato i frutti sperati, cerchiamo di capire chi ha deluso e quali sono i motivi di questi fallimenti.
[b]Baron Davis[/b]
In estate il barone è stato al centro di unoperazione di mercato incentrata più sulle ripicche, sui giochi di potere che sullaspetto puramente tecnico. Reduce da stagioni convincenti allombra del Golden Gate, Davis è prima entrato in rotta di collisione con Don Nelson, che nella partita più importante dellanno, quella che fondamentalmente poteva valere laccesso ai playoff, ha pinato il barone per tutto il secondo tempo, dichiarando che Davis doveva riposare. La mossa non è ovviamente andata giù a Baron, che convinto da Elton Brand, si è accasato (non per due soldi), ai Clippers, tornando così nella sua amata Los Angeles. Ma lumore del barone è passato dalle stelle alle stalle quando Brand ha uccellato tutti firmando per Phila. Un cambio di scenario che non è per niente piaciuto a Davis, che però ha fatto buon viso a cattivo gioco. Ma se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo, e si è abbattuta sui Clippers, a partire proprio da Davis, che in termini numerici e dimpatto, sta disputando la peggior stagione da quella in cui era un rookie. Fuori forma, senza una squadra competitiva da guidare, Davis sta tirando col 35% dal campo (il 28 da 3), non giustificando il contratto firmato in estate. Insomma per il momento il ritorno a casa non è stato dei più felici per il Barone, che non è detto ritroveremo in maglia Clippers nella prossima stagione.
[b]Elton Brand[/b]
Nei progetti dellex prima scelta dei Bulls, larrivo del Barone ai Clippers avrebbe costituito una coppia potenzialmente devastante in grado di riportare ai playoff i cugini poveri dei Lakers. Ma la realtà è stata ben diversa, e proprio per colpa di Brand, che di punto in bianco ha deciso di firmare per i Sixers, spostandosi ad est per pochi soldi in più (dopo che Golden State aveva provato a portarlo nella baia, più per ripicca che per reale necessità). Giocato il tiro mancino ai Clippers, Brand è arrivato nella città dellamore fraterno per dare peso e punti in area (non dal post basso), per alzare insomma il tasso di talento nei pressi del canestro. La però non ha dato i suoi frutti, i giovani di Phila hanno faticato a metabolizzare la presenza di Elton che riempie larea, non proprio il massimo per una squadra che non ha tiratori puri ma, al contrario, è piena di atletoni smaniosi di andare dentro con la palla e di correre in campo aperto. I Sixers sono partiti male, hanno cambiato allenatore in corsa, e non è un caso che il miglior momento di Phila sia arrivato quando Brand era ai box per linfortunio alla spalla. Da quando è rientrato coach Di Leo preferisce usarlo dalla panchina, con un calo importante del minutaggio, dovuto si allinfortunio, ma anche a precise necessità della squadra. Se il barone potrebbe fare le valigie la prossima stagione, non è detto che Brand non possa partire da Phila già adesso.
[b]Corey Maggette[/b]
Ed ecco il terzo vertice del triangolo che ha infiammato il mercato estivo NBA. Altro Blu Devil, Maggette, in rotta ormai da qualche stagione con il suo ex coach Dunleavy, è sbarcato a Golden State per sostituire nei cuori la partenza di Davis. Purtroppo per lui e per la sua nuova squadra, la realtà è stata diversa da quello che ci si poteva immaginare: Dopo un avvio di stagione non esaltante, Corey si è infortunato, ed al suo ritorno si ritrovato come compagno di reparto un certo Jamal Crawford, non il primo giocatore che vuoi avere accanto se hai bisogno di prenderti tiri e responsabilità offensive. Nonostante il sistema (?) di Nelson preveda tiri in abbondanza per tutti, i due hanno già cominciato a pestarsi i piedi, non mandandosele a dirle, e laria nella baia si è fatta pesante. Le cifre di Corey non sono male, ma certamente la qualità dei suoi punti è scesa e non di poco, come testimonia il 19% da tre punti una cifra misera per uno che pur non essendo mai stato un tiratore ha sempre avuto percentuali abbondantemente oltre il 30%. Altro scambio che verrà ripudiato prima ancora della fine della stagione?
[b]Jermaine ONeal[/b]
In estate Colangelo ha fatto unaltra scommessa: persa quella con TJ Ford (troppo oneroso il suo contratto per averlo solo come cambio), il GM di Toronto ha spedito il folletto texano a Indiana, accompagnato da Nesterovic, in cambio di ONeal. Nellidea della dirigenza canadese, la presenza di JO avrebbe portato benefici sia a Bosh, che avrebbe finalmente avuto il giocatore darea perfetto per dargli manforte contro i lunghi avversari, sia a Bargnani, che sarebbe stato sgravato da responsabilità e avrebbe dovuto pensare solo a produrre punti in uscita dalla panca. Un azzardo comunque calcolato, perché sebbene il contratto di ONeal sia importante, e le sue condizioni fisiche non altrettanto, lex Pacers è in scadenza di contratto e questestate libererà 21 milioni di dollari, non proprio spiccioli. Purtroppo per i Raptors lesperimento ONeal non ha funzionato, non tanto per una incompatibilità tecnica con gli altri, quanto per le pessime condizioni fisiche di Jermaine, ancora alle prese con un ginocchio deteriorato e che solo per pochi frangenti delle gare è stato il big man che si ricordavano a Indianapolis. Il secondo punto dolente è che la sua presenza, invece di alleggerire la pressione dalle spalle di Bargnani, ne ha bloccato la crescita (anche se qui bisognerebbe aprire un capitolo a parte sul romano), e infatti nelle gare in cui ONeal era fermo, Bargnani ha giocato la sua miglior pallacanestro dal suo sbarco in NBA, seppur con risultati di squadra pessimi. La sua partenza in direzione Miami per Shaw Marion è dovuta alla volontà da parte di Toronto di dare ancora più spazio ad Andrea Bargnani. Il duo Colangelo-Gherardini ha valutato come compromessa la stagione dei Raptors, tanto vale vedere quanto vale veramente Andrea, e comunque il contratto di Marion è in scadenza.
[b]Rookies[/b]
Per giudicare appieno un draft, bisognerebbe aspettare almeno un paio di stagioni, ma si sa, la tentazione di parlare dei nuovi arrivati è irresistibile: descrivere vita morte e miracoli dei giocatori scelti nelle prime posizioni, sindacare sullordine delle scelte, sui motivi per cui un giocatore viene scelte più o meno in alto. Quello che si può dire al momento è che la covata di matricole sbarcata questanno in “the league” è, pur senza essere eccelsa, molto interessante, e soprattutto sembra composta da giocatori cestisticamente molto solidi e maturi. Facciamo unipotetica top 5, scusandoci fin da ora per qualche nome mancante: i giocatori sono tanti, bisogna fare delle scelte, ecco le nostre.
[b]O.J. Mayo[/b] 19.3 ppg, 4.3 reb, 2.8 apg, .442 FG%, .384 3P%, .873 FT%, 37.9 mpg
Un battito di ciglia sotto i 20 punti a serata, Mayo, come molti altri talenti prima di lui, è stato danneggiato da una reputazione figlia più dei sentito dire che della effettiva realtà dei fatti. Certamente è una persona sicura di sè, dei suoi mezzi e della possibilità di poter essere un giocatore importante anche a livello NBA. Pensando a Mayo si pensa spesso ad un giocatore egocentrico ed egoista, ma i fatti smentiscono questa nomea. Ovvio, Mayo non sarà mai un giocatore che pensa prima al passaggio che al tiro, ma le sue scelte di tiro non sono male, sa passare la palla e ha le potenzialità per diventare un buon difensore. Talento purissimo, può costruirsi un tiro dal palleggio, andare dentro con la moto, correre in contropiede e tirare da 3 punti, insomma, un attaccante completo. Il problema è che ai Grizzlies deve cantare e portare la croce, vista la mancanza di un play vero, cosa che Conley ancora non è, e forse non sarà mai. Che sia uscito dalle prime 3 posizioni è indice di quanto le logiche che governano il draft, certe volte siano assurde.
[b]Derrick Rose[/b] 16.9 ppg, 3.6 reb, 6.3 apg, .472 FG%, .263%, .784 FT%, 36.8 mpg
Derrick Rose ha talento, fisico e tecnico. E questo il motivo principale per cui Chicago lha scelto prima di Beasley, che forse (ma siamo nel campo delle ipotesi), poteva servire di più ai Bulls. Certo, il fatto che Derrick sia un good guy, ma soprattutto un chicagoano d.o.c. ha contribuito molto alla sua scelta con la prima chiamata. Rose ha due gambe al tungsteno, con le quali può accelerare quando sembra già alla massima velocità. Fisicamente è solido, ha una parte superiore del corpo che già ora è importante, arriva al ferro con facilità e con una rapidità impressionante. Non è un tiratore naturale, e su questo deve crescere: il tiro dalla media è buono, ma ha sempre bisogno di un palleggio per entrare in ritmo, mentre il tiro da 3 oltre a non essere unopzione molto usata è deficitario. Già adesso è un buon passatore, anche se limpressione è che i suoi assist siano più frutto di penetra e scarica che di una reale capacità di far girare il pallone, infatti quando non è coinvolto in prima persona nellazione, Rose tende ad estraniarsi dalla manovra. Già adesso è un signor giocatore, letà, il talento e la voglia di crescere sono dalla sua parte.
[b]Michael Beasley[/b] 13.2 ppg, 5.2 rpg, 0.9 apg, .447 FG%, .370 3P%, .765 FT%, 24.3 mpg
La faccia da schiaffi, il talento che scorre da quella mano mancina, il fiuto per il rimbalzo e per il canestro, una qual certa allergia alla difesa, Michael Beasley ha tutte le carte in regola per essere quel tipo di giocatore che non lascia indifferenti: o lo si odia o lo si ama. A Miami sperano molto nella seconda opzione, ma linizio di stagione non è stato dei più confortanti, specialmente per quando riguarda il rapporto con Wade (le cifre nelle prime 15 sono state buone), che ha un po storto il naso per lapproccio dellex Kansas State. Adesso le cose stanno andando meglio, ma il problema rimane sempre la metà campo difensiva, ed il carattere del giocatore, che ha accettato il ruolo di sesto uomo ma non senza mugugnare. Quel che è certo è che siamo davanti ad un giocatore di talento assoluto, ma se sei una seconda scelta assoluta e a metà stagione sei già stato al centro di voci di trade, cè qualcosa che non gira per il verso giusto.
[b]Brook Lopez[/b] 12.3 ppg, 8.1 rpg, 0.8 ast, 1.9 bpg, .508 FG%, .814 FT%, 29.9 mpg
Parlare di metà buona della coppia di gemelloni sarebbe ingeneroso nei confronti di Raul, che in quel di Phoenix non gioca praticamente mai, ma è indubbio che dei due il più talentuoso e quello destinato ad una migliore carriera NBA è Brook. Arrivato a New Jersey in un momento di piena ricostruzione, Lopez si sta dimostrando un giocatore solido, dotato di grande presenza fisica associata ad una mano rotonda, come confermato anche dallottanta per cento abbondante dalla lunetta. Come tutti i centri veri fatica a muovere i piedi lontano da canestro, ed il suo atletismo non è certo scintillante, ma capisce bene il gioco e vicino a canestro sa usare i suoi cm e i suoi Kg. Anche se la tendenza dellNBA (e non solo), è quella di avere giocatori agili e atipici, è indubbio che una presenza in area è sempre stata un buon viatico per costruire una squadra vincente.
[b]Marc Gasol[/b] 11 ppg, 7.1 rpg, 1.7 ast, 1.0 blg, .523 FG%, .710 FT%, 30.2 mpg
Da un centro allaltro. Da un Gasol allaltro si potrebbe dire. La storia di Marc Gasol assomiglia molto a quella del brutto anatroccolo: sovrappeso nei suoi primi anni in ACB, ignorato da Ivanovic e schiacciato dal confronto col più talentuoso fratello Pau, Marc ha continuato a lavorare, sul suo fisico (rimasto imponente ma più asciutto), sulla sua tecnica e sulla sua testa, fino a diventare uno dei giocatori più dominanti di Spagna e di conseguenza un giocatore appetibile dalla NBA. Il caso ha voluto che i diritti su Marc fossero proprio dei Lakers, e che il suo arrivo negli U.S.A. sia stato possibile grazie alla trade che ha portato Pau in maglia giallo viola. Pur essendo una matricola, Gasol jr ha già alle spalle esperienze di gioco importanti, è stato MVP del campionato spagnolo, ed ha disputato la sua prima olimpiade. Al contrario del fratello, oltre allaltezza, Marc è dotato di stazza importante, ma la sua vera caratteristica è una grande intelligenza, una comprensione del gioco che gli permette di sopperire allo scarso atletismo. Di fatto è il vero playmaker di Memphis, come affermato anche dal suo compagno O.J. Mayo. Deve continuare a lavorare, specialmente sullesplosività, che per il momento è il suo tallone dachille, quello che non gli permette di finire forte nei pressi del canestro.
[b]Stefano Manuto[/b]