Non sarebbe una brutta stagione quella dei Rockets. Teoricamente i tifosi, l’organizzazione e la stessa squadra non avrebbe di che lamentarsi.
Numericamente sarebbe una buona annata: i Rockets sono terzi ad Ovest, con 44 vittorie a fronte di 25 sconfitte, non troppo distanti dagli Spurs, secondi, anche se con il fiato sul collo di Nuggets, Blazers e Hornets. Una posizione di tutto rilievo, dopo tre quarti di stagione, frutto di un roster lunghissimo, completo e competitivo.
Sarebbe una buona stagione se i Rockets non avessero iniziato la stagione con l’obbiettivo dichiarato di [b]vincere il titolo[/b], forti dell’arrivo di [b]Ron Artest[/b], del fatto che le migliori stagioni dell’ex bad boy di Indiana siano coincise con la presenza in panca di Rick Adelman e che proprio questo mix di cattiveria, tecnica, durezza e incapacità di accettare la sconfitta che Artest rappresenta sin troppo bene, andasse a colmare le lacune caratteriali del duo di comando: Yao Ming e Tracy McGrady.
Il punto è che tra scarsa amalgama e soprattutto infortuni i Rockets del nuovo trio non sono mai decollati. Prima dell’infortunio al ginocchio che ne ha chiuso in anticipo la stagione, [b]McGrady[/b] aveva comunque palestato i problemi che ormai sono una costante della sua carriera, basti pensare che in maglia Rockets non ha mai giocato una stagione per intero e non è mai andato in campo per più 78 partite in una stagione, al suo esordio in Texas 5 anni fa: problemi cronici alla schiena, problemi di artrite alla spalla sinistra, problemi al ginocchio sinistro, operato la scorsa stagione, il cui processo di guarigione procedeva a rilento. Proprio quest’ultimo infortunio, che TMac si trascinava ormai da tempo immemore, ha costretto l’ex stella dei Magic ad una decisione radicale: è così maturata a fine febbraio, dopo un lungo giro di consultazioni con vari specialisti e non senza qualche irritazione tra il management Rockets, la decisione di sottoporsi ad un’operazione, la tanto temuta microfracture surgery, che ha posto fine con largo anticipo alla sua stagione. Stagione comunque monca, se si considera che per i reiterati problemi fisici TMac aveva già saltato 21 partite prima della pausa per l’All Star Game, e che il suo rendimento era ai minimi in carriera (se si esclusono le prime due stagioni di apprendistato a Toronto): 15.6 punti, 5 assist e 4.4 rimbalzi, tirando con il 38.8% dal campo (questo sì career-low). Un intervento, effettuato a Chicago dal Dr. Brian Cole, necessario, vista la recidività del problema a fronte di un intervento in artroscopia subito lo scorso maggio, ma anche un intervento rischioso, considerando la delicatezza di McGrady, l’età, l’usura, e ricordando come tornò a giocare un giocatore, ugualmente tartassato dagli infortuni come Webber.
Il rischio che McGrady non torni mai più il fantastico swingman a cui siamo abituati, il giocatore in grado di vincere per due volte la classifica cannonieri NBA, è concreto.
Interessante anche il parere del [b]Dr. Tom Clanton[/b], medico dei Rockets:[i]”Credo che TMac non voglia ripassare attraverso la situazione dello scorso anno, con un ginocchio che, nonostante l’operazione, ha cominciato a gonfiarsi e che ha richiesto iniezioni e rimozione di liquido. Vuole provare a fare qualcosa che abbia la probabilità di portarlo ad ottenere che il ginocchio sia di nuovo vicino al funzionamento normale. Quello è ciò che la procedura di microfracture suggery offre. L’operazione pare sia andata bene, ora lo aspetta un periodo, tra ricovero post-operatorio e riabilitazione, che potrà andare dai 6 ai 12 mesi. Fortunatamente è ancora giovane, ha meno di 30 anni e nonostante sia nella lega da 12 stagioni, ci sono buone possibilità di recupero”[/i]
In contumacia TMac si sta ergendo a leader un insospettabile Yao Ming, che viaggia ad un battito di ciglia sotto i 20 punti ed i 10 rimbalzi di media. Il cinesone quest’anno sta impoendo la propria presenza, soprattutto in post basso, nonostante un sistema di gioco che ne preveda un ampio utilizzo in post alto, per sfruttarne il morbido jump dalla media e le qualità di passatore. Intendiamoci Yao è ancora distante dall’essere un giocatore dominante, un pò per limiti strutturali, vista la difficoltà di tenere la posizione e di essere incisivo a rimbalzo, un pò per limiti caratteriali, che gli impediscono di essere il leader vocale di cui i Rockets hanno disperatamente bisogno. Il problema di Yao, oltre a quanto detto, è anche il sistema di gioco dei Rockets, e quì subentrano anche le colpe di Adelman, come eseplificato dal recente derby texano perso in casa, in volata, contro gli Spurs. I Rockets, nonostante il punteggio sia stato praticamente sempre in equilibrio non hanno mai dato la sensazione di poter prendere possesso della partita, nonostante gli Spurs siano stati per larghi tratti di partita alle corde, chiara a riguardo è stata l’ultima azione della partita: nonostante uno Yao Ming scintillante, palla al trottolino Aaron Brooks che si è andato ad infognare in area Spurs, prendendosi un layup che sbatte contro la parte inferiore del tabellone.
Aldilà della gestione della singola azione quel che perplime è in generale il gioco dei Rockets: se la palla non arriva ad Artest per l’uno contro uno di potenza, preferibilmente partendo dal post basso, o a Yao Ming, preferibilmente a sinistra, il gioco dei Rockets diventa un’interminabile serie di isolamenti, di Scola o di Landry in post, o di uno dei tanti esterni, le scoperte Brooks e Von Wafer, o i tiratori sugli scarichi Barry e Battier. Un roster completo, lungo, tosto anche in difesa. Un roster a cui manca la stella in grado di decidere la partita quando conta, quel giocatore che si carica la squadra sulle spalle, il leader che nemmeno McGrady ha mai dimostrato di essere.
Artest, il giocatore che nei piani di Daryl Morey, GM Rockets, avrebbe dovuto garantire il salto di qualità mentale e tecnico alla squadra per ora sta disputando “solo” un’ottima stagione: 17 punti 5 rimbalzi e 3 assist a partita, oltre alla solita durezza ed applicazione difensiva ed alle scariche di adrenalina che il suo gioco dà alla squadra. La leadership però, sia a livello vocale, ma soprattutto a livello tecnico, è un’altra cosa. Artest è un [i]gattone[/i] dalle movenze compassate e dalla tecnica di alto livello, ma le soluzioni offensive, soprattutto contro i top player, continuano ad essere troppo risicate per farne un giocatore-faro per i propri compagni quando la palla scotta. In più il suo contratto a fine stagione scadrà e non è detto che con la crisi economica che fustiga anche le ambizioni delle franchigie NBA, i Rockets, che hanno sul groppone già i massimi salariali elargiti a McGrady e Yao, vogliano accollarsi un terzo contratto pesante.
Così il rischio, per quest’anno e non solo, per i Rockets è quello di trovarsi ad aver un roster di alto livello, con due (tre?) grandi secondi violini, un roster in grado di dare continuità durante la stagione regolare ma che altrettanto continuamente farà poca strada in off season. Tant’è che, dopo la notizia dell’operazione a McGrady, sono iniziate a girare voci riguardo un’eventuale cessione di TMac, che nel 2010 (ah, la terra promessa…) vedrà scadere il suo contrattone da oltre 23 milioni di dollari l’anno. Solo voci? Ad oggi nulla è scontato..