La serie tra Portland e Houston non ha un padrone, non ancora almeno. Dopo la vittoria nella notte tra le mura amiche, [b]Portland si è infatti portata sull’1-1 e ha riequilibrato la serie[/b], in attesa di vedere cosa succederà in Gara 3 a Houston.
E’ durata solo una partita dunque l’ambientamento dei Blazers ai Playoff, e soprattutto è durata solo una partita la timidezza di [b]Brandon Roy, autore in Gara 2 di ben 42 punti e 7 rimbalzi[/b], pareggiando per numero di punti il record di franchigia in possesso di Clyde “The Glyde” Drexler.
Rispetto al primo incontro ovviamente è cambiato l'[b]approccio mentale[/b] dei Blazers, che non hanno fatto scappare Houston già da subito come in gara 1 e soprattutto hanno patito molto meno [b]Yao Ming[/b] che grazie alla buona difesa di Przbylla, è stato [b]tenuto a 11 punti ma soprattutto con soli 6 tiri presi[/b], anche a causa dei problemi di falli in cui è incappato presto nella gara.
La scelta dei Blazers è stata chiara. Farsi punire dagli esterni ma evitare che i lunghi banchettassero nel pitturato. Infatti, oltre alla prestazione sottotono di Yao, c’è da registrare anche il minor contributo di Scola, che non ha mantenuto le medie e l’apporto di sabato notte, mettendo a referto 12 punti.
Non è quindi un caso che i migliori marcatori dei texani siano stati gli esterni. [b]Ron Artest[/b] ha infatti messo a segno [b]19 punti, Von Wafer 21, e Aaron Broks 23[/b], confermando il suo ottimo inizio di postseason.
In attacco, Portland, ha invece ottenuto nettamente di più oltre che dalla sua stella principale, anche dal secondo violino. [b]Lamarcus Aldridge[/b] ha infatti fatto dimenticare la sua scialba prestazione di Gara 1 dando alla causa [b]27 punti e 12 rimbalzi[/b], e mantenendo alta la pericolosità dei lunghi Blazers, clamorosamente mancata nella sfida precedente.
Importante anche il contributo dello spagnolo [b]Rudy Fernandez[/b], che con 11 punti e percentuali ottime ([b]2-3 da 2, 1-1 da tre e 4-4 ai liberi[/b]) ha reso difficile le rotazioni difensive dei Rockets, che avevano la costante presenza sull’esterno dello spagnolo e di Outlaw. E proprio la pericolosità offensiva dell’ala piccola di Portland era vista come una delle possibili chiavi di vittoria della squadra dell’Oregon.
Con un Aldridge sui livelli attesi, anche la rotazione dei lunghi di Portland è cambiata, e a farne le spese è stato [b]Channing Frye, che non ha messo piede in campo[/b]. Per lui un preoccupante segnale sulla sua involuzione. Logica conseguenza però del non saper sfruttare le opportunità a disposizione in una gara importante di Playoff.
Le noti dolenti dal reparto lunghi però sono arrivate dal solito problema di falli di [b]Greg Oden[/b], capace di stare in campo soltanto 11 minuti prima di uscire pre il sesto personale. Quando Greg è in campo l’apporto si vede, sia come intimidazione che come energia a rimbalzo offensivo (3 per lui, la metà del fatturato totale di squadra).
Però deve riuscire a stare di più meglio in campo e ad usare il corpo difensivamente, ma questo è un problema già arcinoto.
Con le contromosse studiate da Mc Millan la partita è stata dunque godibilissima, come testimonia l’equilibrio dei punteggi in tutti e 4 i quarti. E il finale è stato degna conclusione dell’intera gara.
A spostare pesantemente l’ago della bilancia per la vittoria finale per i Blazers ci ha pensato, come ovvio, Brandon Roy, che con una tripla a 2:24 dallo scadere dopo un rimbalzo offensivo di Blake portava a +6 il vantaggio per Portland.
Il contraccolpo emotivo sui Rockets era visibile e nelle azioni successive i texani perdevano 3 volte palla facendo andare Portland a +8. Brooks però non si arrendeva e con 8 punti in 20 secondi riportava a contatto i Rockets siglando la tripla del 100 a 104. La precisione ai liberi di Portland però permetteva al team di casa di mantenere il distacco ai 2 possessi, e la tripla di un indemoniato Brooks per il -2 arrivava quando mancava solo 1 secondo alla fine. Il 2 su 2 di Fernandez ai liberi sigillava la partita sul [b]107 a 104 Portland[/b], permettendo ai Blazers di riportare l’inerzia della serie su livelli di equilibrio.
Purtroppo però in Gara 3 e per tutto il resto dei Playoff mancherà uno dei protagonisti più folcloristici della sfida, ma anche dell’intera lega.
Durante il primo quarto, infatti, un [b]infortunio al ginocchio [/b]dopo una lotta a rimbalzo con Greg Oden ha privato della possibilità di concludere la stagione al centro di riserva di Houston, l’esperto (eufemismo) [b]Dikembe Mutombo[/b]. Sfortunatamente per lui, e per tutti gli amanti di questo sport, l’infortunio metterà fine alla stagione e quindi alla carriera del nigeriano.
Dopo [b]18 anni[/b] in questa lega, è giusto rendere onore a un giocatore che può vantare [b]4 titoli di difensore dell’anno e 8 partecipazioni all’All Star Game[/b], nonchè una finale NBA giocata e persa al fianco di Allen Iverson con Philadelphia nel 2001. Con il suo addio al basket giocato perderemo uno dei più grandi stoppatori di tutti i tempi e uno dei più grandi misteri dell’NBA contemporanea: quello relativo alla sua età reale.
Ecco la sua dichiarazione dopo l’infortunio: [I]”Mi dovrò operare. Per me il basket è un capitolo chiuso. Ho pianto molto mentre ero steso sul parquet quando mi sono reso conto di questo. Ma quando sono entrato negli spogliatoi ho deciso di pensare in positivo e ho ringraziato Dio per i 18 magnifici anni che mi ha dato”.[/I]
Sulla partita, Brandon Roy ha trovato la spiegazione giusta per la vittoria: [I]”Abbiamo giocato con molta più fiducia stasera!”.[/I]
Rick Adelman ovviamente è contrariato: [I]”Sono dispiaciuto per il modo in cui abbiamo giocato. Non abbiamo fatto quello che avevamo deciso di fare. Non abbiamo avuto la pazienza di pensare a cosa stava succedendo in campo e a comportarci di conseguenza”[/I]