[b][u]Armani Jeans Milano – Montepaschi Siena 47-82 (9-32, 11-18, 15-18, 12-14)[/b][/u]
[b]Quintetti:[/b]
[u]Montepaschi:[/u] McIntyre, Domercant, Sato, Stonerook, Eze.
[u]Armani Jeans:[/u] Price, Thomas, Hawkins, Hall, Marconato.
[b]Statistiche:[/b]
[u]Montepaschi:[/u] Domercant 9 (0-3, 3-5), McIntyre 11 (1-3, 1-5), Finley 6 (1-2, 1-4), Eze 7 (3-5), Carraretto 3 (1-2 da 3), Sato 14 (3-4 da 3), Lavrinovic 15 (1-3, 2-4), Kaukenas 12 (3-5, 1-3), Ress 2 (1-3, 0-1), Stonerook 3 (1-3, 0-1).
[u]Armani Jeans:[/u] Hall 8 (2-4, 0-3), Mordente 2 (1-2, 0-1), Vitali 0 (0-1, 0-1), Thomas 9 (3-6, 1-4), Price 3 (1-3 da 3), Hawkins 13 (4-9, 0-2), Katelynas 3 (0-1, 1-3), Marconato 4 (1-3), Beard 5 (2-4), Sangarè 0.
116-26 è la valutazione delle due squadre, addirittura 51- (-3) nei primi 10 minuti, che esemplifica in maniera chiara come l’ultima gara della serie non si sia nemmeno disputata.
Il contraccolpo psicologico di aver perso una gara 3 che si meritava di vincere, l’assenza di Taylor unita a quelle croniche di Rocca e Sow, la totale assenza dal parquet nella serie di Price, Vitali e Mordente ha sancito nel modo peggiore la fine di una comunque positiva stagione milanese.
Siena è troppo per chiunque: ha un sistema collaudato e curato nei minimi particolari, ha la confidenza di chi gioca insieme da anni e si conosce, ma soprattutto ha quella fame tipica delle grandi squadre che sopra di venti punti, vogliono arrivare a trenta e così via.
Si sapeva che sarebbe stata una delle finali più scontate della storia del gioco ed il campo non ha mentito, con la truppa di Pianigiani che infila la tripletta riuscita solo all’Olimpia e alla Virtus Bologna in precedenza.
Siena è rappresentata dall’MVP della serie McIntyre, dalla concretezza di Stonerook, dall’estro di Domercant e dalla solidità di Kaukenas; dal carisma di Pianigiani, dalla competenza di Banchi, passando per l’influenza di Minucci. Tutti questi tasselli vanno a comporre un puzzle che perde una sola partita in tutta la stagione e, per di più, contro una squadra poi retrocessa.
Dall’altra parte Milano va oltre i suoi limiti raggiungendo una finale insperata, fatta di sacrificio, attitudine, voglia ed attributi, ma capisce chiaramente cosa serva per passare da una finalista sparring partner ad una reale contender. Il progetto milanese ha evidenziato qualche “principio senese” rimanendo unito nel momento di maggior difficoltà e facendo gruppo uscendo tutti insieme dalle secche. Questa finale ha marcato in maniera chiara quanti limiti e quanto lavoro ci sia da fare per questa squadra e per i singoli giocatori. Siamo cautamente ottimisti sul fatto che la bontà del lavoro milanese di quest’anno possa pagare utili importanti nel giro di un paio d’anni, per ora il pubblico si deve “accontentare” di essere la seconda forza del campionato e di tornare nell’Europa che conta dalla porta principale.
Sulla partita in sè c’è poco da dire. Dopo un 6-2 iniziale di Milano, l’impietoso parziale recita 30-3 per gli ospiti che seppelliscono gli avversari sotto le triple (sei) di Domercant e Sato, e sotto le schiacciate (tre) di Stonerook ed Eze.
McIntyre chiude i primi dieci miuti a 17 di valutazione (che poi sarà anche il suo fatturato finale), dando l’impressione di una dominanza tecnica assoluta su partita, compagni ed avversari.
In questa serie non sempre è stato un grande esempio comportamentale, ma se ne facciamo un fatto squisitamente tecnico, ci chiediamo come mai l’NBA non abbia suonato alla sua porta già qualche tempo fa.
All’intervallo il risultato è 50-20 per Siena, che nel secondo tempo non entra in campo per tirare a campare, ma bensì per dilatare il vantaggio. Milano non c’è già più con la testa dal primo quarto, si trascina stancamente verso la fine della stagione, manifestando quanto questi avversari ti svuotino mentalmente prima che fisicamente. I 30 minuti di garbage time sono solo il preambolo alla festa che i tifosi senesi in trasferta, si godono fino all’ultimo secondo.
[b]Play of the game:[/b] Il primo quarto difensivo di Siena. Un trattato di come una grande squadra debba giocare nella propria metà campo, per poi divertirsi e divertire in quella avversaria. In una parola: mentalità.