Gli Houston Rockets chiudono la stagione 2008-2009 con un buonissimo record, 53-29, valido per la seconda piazza della combattutissima Southwest Division, e lo spot numero 5 del tabellone ad Ovest. 33 di queste vittorie avvengono tra le mura amiche, confermando come anche questo vertice del terribile triangolo texano resti insidioso per tutte le franchigie in gita a “sinistra” del Mississippi. Eppure l’annata dei Rockets non è stata per nulla semplice: infortuni, scambi sul mercato, chi più ne ha più ne metta. Invece guidati dal Ron Artest che non t’aspetti i biancorossi sono stati capaci di vincere anche senza, alternativamente o insieme, il duo di stelle McGrady-Yao, arrivando a fare lo sgambetto a Portland nel 1° turno di playoffs (4-2) e facendo soffrire oltre l’immaginabile i futuri campioni dei L.A.Lakers, vincitori del duello solo dopo gara 7.
In conclusione la stagione è da ritenersi assolutamente positiva, ma i dubbi estivi – classici ormai dalle parti della “città della NASA” – rimangono: cosa fare con le suddette superstars, che soprattutto nel caso di T-Mac costringono i Rockets ogni anno a ridisegnarsi in corsa, vuoi per un ginocchio, vuoi per la schiena malandata? Le sorti di Houston rimangono legate a queste decisioni, da prendersi il prima possibile se si vuole tornare a guardare tutti dall’alto, come nelle stagioni d’oro marchiate a fuoco da Hakeem Olajuwon e Coach Tomjanovic.
[b]Sorpresa:[/b] se di Artest s’è detto, non si può non sottolineare la stagione eccellente di Aaron Brooks, che con 11.2 punti per gara si è fatto notare come una guardia capace di mettere punti sul tabellone, forse più che dirigere le operazioni della propria squadra. Nei playoffs ha elevato ulteriormente le sue prestazioni concludendo con una media punti di 16.8 in 13 gare disputate. Coach Adelman ha sicuramente trovato un giovane e sicuro punto di partenza nel backcourt che non ha fatto rimpiangere la partenza di Rafer Alston, finalista per altro con i “suoi” Orlando Magic. Brooks dunque si è dimostrato un ottimo tassello per questa squadra e come sempre sarà chiamato a difficili conferme nella stagione 2009-2010, soprattutto se la guardia da Oregon dovesse trovarsi a dividere la palla non solo con Artest, ma anche con McGrady, Yao & C.
[b]Delusione:[/b] inutile ridire quanto Tracy McGrady sia giocatore affascinante, dal potenziale illimitato, uomo attorno al quale fino a ieri qualsiasi GM avrebbe costruito la propria squadra. Fino a ieri, appunto. Che sia da considerarsi nell’ambito della fortuna/sfortuna, o ritenuta una caratteristica altrettanto fondamentale per un giocatore insieme al talento, l’altalenante condizione fisica del “cugino” di Vince Carter lo sta portando ad una prosecuzione di carriera zeppa di delusioni e rimpianti. Visto poi che non viene giù proprio gratis (21 milioni), TMC rimane il Dubbio, con la D maiuscolissima, del front-office dei Rockets, e la cui soluzione, in un senso o nell’altro (ovvero scambiandolo ora che potrebbe avere ancora estimatori qua e là nella Lega) sarà decisiva per il futuro della franchigia.
[b]Futuro:[/b] il GM Daryl Morey ha scelto 3 volte al secondo turno del draft 2009 portando a casa il realizzatore Jermaine Taylor da Central-Florida e l’ala da Arizona Chase Budinger. Questi giocatori nell’idea dello staff texano dovranno dare un contributo immediato mentre la terza scelta, Sergio Llull del Real Madrid resterà in Spagna. E’ proprio nel ruolo di point-guard che si concentra l’attenzione del management di Houston, “chiacchierato” per un forte interessamento al gioiellino Ricky Rubio, scelto al n° 5 assoluto da Minnesota. I Rockets proveranno a prenderlo durante l’estate, nell’intento di ringiovanire il roster e renderlo futuribile. Intanto Ariza è arrivato dai Lakers in cambio di Artest e se le prospettive rimangono di assoluta qualità (augurandosi che Yao non si ritiri e che l’infortunio al piede sinistro non gli impedisca di saltare tutta la stagione), sarà McGrady probabilmente a fare le valigie, ipotizzando uno scambio che potrebbe shockare l’intera NBA.