L’inizio che non ti aspetti è quello dei Cleveland Cavaliers, una macchina già collaudata alla quale è stato aggiunto il pezzo pregiato Shaquille O’Neal. Forse proprio dal soprannome, uno dei tanti, del centro da LSU (The Diesel) deriva la partenza a rilento della squadra di Sua Maestà LeBron. Che i motori si scalderanno e in fretta non c’è da dubitarlo, rimane dubbiosa la convivenza tra Shaq e Ilkauskas, ci si domanda dell’utilità dell’acquisto di Jamario Moon, qualcuno si chiede che succederà a Delonte West, di suo già “instabile” e ora col morale aggravato dalle recenti accuse per possesso di armi, ecc.
Il record al momento dice 4-3, non quello che ti aspetti da chi doveva – e magari riuscirà a – dominare l’intera Lega. Il 2-2 casalingo fa temere, soprattutto, dato che nella scorsa stagione dalle parti del lago hanno dovuto aspettare i Lakers per incassare la prima. Non così quest’anno. James continua a fare il suo, almeno individualmente, le cifre sono costantemente di tutto rispetto (26 punti, quasi 8 rimbalzi e 8 assist a partita), dando l’impressione di fermare ancora e troppo spesso l’attacco disegnato da Mike Brown, ora poi che per sgombrare l’area dai piedoni di O’Neal ci vuole qualche ulteriore secondo in più.
Chicago al momento guarda tutti dall’alto, forte di un 3-0 casalingo (4-2 il record totale) e la cura Del Negro sembra funzionare. Partenza incerta anche qui poi 3 vittorie consecutive e primo posto nella division, condito dalla vittoria per un punto proprio ai danni dei Cavs. Il coach italo-americano meno pubblicizzato rispetto ad altri con medesime origini sta dando almeno 10 minuti di impiego a 9 giocatori del roster, dei quali 4 finiscono con costanza in doppia cifra: Deng, Salmons, Rose e Noah. Forse è proprio Joakim la sorpresa positiva di questo inizio di stagione: non solo lottatore, non solo combattente dalla mano quadrata, il nostro tira col 60% dal campo ed aggiunge 11 rimbalzi (!) dei quali quasi 4 offensivi a sera. Derrick Rose invece non è ancora lo scorer ammirato nella sua stagione da rookie e deve fare i conti con le 3 palle perse a partita che sicuramente macchiano un comunque positivo avvio di campionato. Giovani Bulls, si sente definirli da anni, ora è arrivato il momento della maturità!
Se i rossoneri in parte sorprendono, lo fanno del tutto i Milwaukee Bucks per i quali è giusto spendere qualche parola, e in particolare per la loro point-guard che ben conosciamo alle nostre latitudini. Dopo una partenza a dir poco shockante Brandon Jennings si è attestato su una media di 18 punti a gara, impensabile per chiunque l’abbia visto giocare in maglia Lottomatica! Altro paese, altra Lega, forse…altro gioco! Queste le spiegazioni già sentite da commentatori nazional-popolari e probabilmente veritiere. Ma c’è dell’altro: Jennings gioca 31 minuti a partita, crea per se e per i compagni (4.4 assist) e si è integrato molto bene sia con i più giovani (Bogut) che con i veterani (Michael Redd su tutti). La formula sembra poter funzionare e nel Wisconsin si aspettano grandi cose perchè sognare un posticino ai playoffs, nella Eastern Conference, è decisamente più semplice che sperare nella vincita milionaria al Superenalotto.
Detroit e Indiana, entrambe con record negativo, chiudono la division e al momento i playoffs di cui sopra li guarderebbero dal divano di casa. Se “ci sta” in un’ottica NBA dove hai tempo e modo di ricostruire dopo gli anni di gloria, senza il rischio di retrocessioni et simili, il discorso non vale per Indiana. Detroit ormai deve smantellare, deve attendere alcune scadenze contrattuali, Dumars lo sa e sta già lavorando per il futuro, non disdegnando un presente che potrebbe anche essere coronato da insospettabili risultati positivi, da qui a Maggio. Per i Pacers è tutt’altro discorso: dalla finale del 2000, con ancora Reggie Miller in campo e Bird in panchina, è stato un susseguirsi di disastri, di squadre mal assemblate e promesse non mantenute. Larry che in canotta era conosciuto come “Legend” non sta tenendo fede al proprio soprannome da dietro una scrivania e le sue scelte sembrano per ora non pagare. La squadra appare sempre come un cantiere aperto, il solo Granger si erge a punta di diamante dell’attacco di Coach O’Brien (ma sparacchiando un pessimo 15-51 da 3 e tirando in totale con il 38% dal campo) e un po’ di luce la sta facendo vedere Tyler Hansbrough con 13 punti in 13 minuti al suo debutto NBA. Troppo poco.