A volte ritornano. Secondo Stephen King sono i nostri peggiori incubi, più spaventosi dei mostri immaginari, ma terribilmente reali.
Si spera non sia così il ritorno, per certi versi clamoroso, di Allen Iverson a Philadelphia.
Quando ha lasciato i Sixers tre anni fa, sembrava impossibile che avrebbe ancora indossato la maglia della città dell’amore fraterno.
Oggi, però, sembra sia tutto ricominciato da capo e che i guai siano dimenticati.
Con la sua vecchia squadra Iverson ha firmato un contratto di free agent. I dettagli dell’operazione non sono ancora stati resi pubblici, ma sembra, secondo una fonte anonima, che il contratto sia di un anno ($ 650.000).
Anche se la mossa non è finanziariamente esosa per la squadra, sono in molti a pensare che potrebbe vanificare i tentativi fatti in questi ultimi anni di costruire un nucleo di giocatori giovani. Tuttavia, dopo l’infortunio subito da Louis Williams (fuori con un minimo di recupero di otto settimane), la presenza di Iverson improvvisamente appare come necessaria.
Iverson aveva pensato di ritirarsi e di fatto aveva dato l’annuncio fatale (a cui in pochi, in realtà, avevano creduto).
Certo che Phila è un’opzione affascinante, anche se i ritorni, sportivamente parlando, non sono sempre stati un successo.
A Livorno si dice che “minestra riscardata ‘n fu mai bona” ovvero inutile riprovare quando è già andata troppo male una volta: non ci sono speranze.
Iverson, però, non è uno qualsiasi.
E’ un campione altrettanto importante per la storia di questo campionato, come Michael Jordan e Magic Johnson, Larry Bird e Bill Russell, Oscar Robertson e Wilt Chamberlain. Il suo ex compagno di squadra Willie Green ha detto di lui che “ci sono superstar e superstar”. “Lui è una Megastar”.
E poi si è dimostrato un tipo tosto, uno che non ha avuto paura a tornare sui suoi passi, alle origini.
Coach Eddie Jordan aveva estremo bisogno di un play di esperienza che potesse sin da subito conformarsi al suo stile di gioco e che sapesse sostenere senza scomporsi certi ritmi.
Alla conferenza stampa di ben tornato, Iverson ha espresso tutte la sua commozione evidenziando che il suo desiderio era proprio di finire la carriera nella città che è sempre stata nel suo cuore, Phila ovviamente.
Penso che sia una benedizione per me essere tornato a Philadelphia. Quando la settimana scorsa ho annunciato il mio ritiro ho pensato davvero che la parte della mia vita legata al basket fosse finita. Ma ero felice, perché potevo dare a mia moglie e ai miei figli qualcosa che lo stile di vita Nba mi ha sempre impedito di dare loro. Poi ha chiamato il mio agente dicendomi che avevo la possibilità di tornare a casa: non potevo rifiutare. Ho tifosi in tutto il mondo e li ringrazio, ma il rapporto che ho con quelli di Philadelphia non ha eguali nello sport. Io li amo e loro mi amano. Poi, piangendo: Tornando qui riuscivo solo a pensare che questa è la gente che mi ha reso quello che sono. Non mi sono mai sentito veramente a mio agio senza la maglia dei Sixers, e vedermi con unaltra divisa mi ha sempre fatto sentire strano. Guardo tutte le altre squadre Nba, ma mai Philadelphia. Non ci sono mai riuscito da quando me ne sono andato, mi emoziona troppo.
Nella mia vita ho fatto tanti errori di cui non vado certo fiero. Ho creato unimmagine di me che non è vera, ed è forse per quello che poche squadre si sono interessate a me. Ma sono stati anche quegli errori a rendermi luomo che sono adesso. Voglio solo giocare a basket. Sono nato per essere un giocatore: lunica altra cosa che so fare è essere un padre e un marito. Se non sapessi di poter giocare a basket al livello a cui sono abituato non sarei mai tornato. Ma so di poterlo fare e lo dimostrerò, aiutando questa squadra a vincere. Ma voglio inserirmi, essere uno del gruppo. E giocare a basket.
A 34 anni non si sa se questo sarà il suo ultimo anno o no nella NBA. Se lo sarà, il finale, ora, ha un senso.