Passata ormai la metà stagione, l’NBA si ferma per il classico All Star Game, l’esibizione delle stelle che quest’anno vedrà forse meno spettacolo del solito, visti i recenti infortuni ai vari Kobe, Roy, Paul,…: la pausa diventa comunque un buon momento per dare uno sguardo più ampio alle classifiche, ricercando le migliori franchigie in piena bagarre per le alte piazze.
1) [b]Cleveland Cavaliers (43-11)[/b]
Guidati da un ormai indescrivibile LeBron James, i Cavs giungono al week-end di Dallas sull’onda di una striscia positiva di ben 13 gare, acquisendo così il più totale controllo nella East Conference, 7 gare di vantaggio sui Magic, battuti proprio nella nottata, ma anche la leadership della Lega, con un record di 2W migliore rispetto a quello dei Lakers.
Il fenomeno #23 è diventato ad oggi il miglior marcatore della lega con 29.8 punti di media a partita, che uniti ai 7,1 rimbalzi, agli 8.2 assist con il 50% abbondante dal campo rendono Lebron sostanzialmente una squadra di per se stesso. I tre premi Player of the Month confermano in maniera ancor più evidente la totale supremazia, lanciando il prodotto di Ohio verso due altri premi quasi certi, l’MVP di Domenica all’All Star Game (vista l’assenza di Kobe), ma soprattutto quello di fine stagione, già ottenuto lo scorso anno. La cavalcata del team di coach Mike Brown, deve poi molto anche a Anderson Varejao, decisamente il lungo a cui più fare affidamento rispetto agli acciaccati O’Neal e Ilgauskas: il brasiliano, porta cifre importanti dalla panchina, oltre ad una grande energia difensiva grazie ad una buona mobilità nel pitturato.
L’unica pecca di questa stagione? Non essere riusciti a portare Shaq all’ennesimo ASG, che probabilmente ne risentirà a livello di spettacolo…ciò che certo non manca quest’anno a Cleveland.
2) [b]Los Angeles Lakers (41-13)[/b]
[i]No Kobe, no problem[/i]. Chi l’avrebbe mai detto?
Privi della loro stella #24 tenuta previdentemente a riposo dall’Athletic Trainer losangelino Gary Vitti, i gialloviola hanno inanellato tre vittorie consecutive contro avversarie di tutto rispetto quali Blazers (campo ostico dal lontano 2001), Spurs e Utah, quest’ultimi battuti dopo una serie di W arrivata fino a nove: la dimostrazione chiara e tonda dunque, che LA resta la squadra più talentuosa dell’NBA, non seconda certo, se non a livello di record stagionale, ai Cavaliers. Il merito di una tale risposta alla doppia assenza del duo Bryant-Bynum, è arrivata dal trio Gasol-Odom-Artest, che in ognuna delle tre sfide ha preso le redini dell’attacco, giocando ottimamente la tanto nota TPO che col Mamba spesso viene tralasciata: il merito dei ragazzi va infatti ricercato nelle caratteristiche dei due giocatori assenti che tendono a fermare di più il pallone all’interno del sistema, Kobe perchè è il miglior realizzatore al mondo e oltre a tiri nel sistema si deve prendere anche conclusioni in isolation, Bynum perchè un terminale offensivo che difficilmente produce per gli altri e che quindi quando il pallone passa tra le sue mani prova molto spesso la conclusione. La morale comunque resta di una squadra che nell’ultima settimana ha avuto grandi cose da ciascun singolo, mantenendo in vita le speranze di scavalcare James&co. nella East Coast: nel frattempo gli occhi di tutti si posano sulla giovane promessa Shannon Brown, impegnato domani sera nello Slam Dunk Contest…e allora [i]Let’s Shannon dunk![/i]
3) [b]Orlando Magic (36-18)[/b]
Come i Magic della passata stagione, ancora una volta la squadra di Van Gundy si trova a dipendere troppo da tiri da tre, oltre a restare un vero disastro dalla lunetta dove si piazza ultima nella Lega, con un magro 72%. Tornando ai tiri dalla lunga comunque, Orlando è sesta a percentuale ed ha la stessa come distribuzione (il 36% dei suoi tiri è da oltre 7.25 metri): per una squadra che utilizza cosi tanto questa conclusione è dunque indispensabile che la percentuale sia la più alta possibile e soprattuto che le cifre si mantengano costanti per l’intero corso del match, elemento messo in discussione proprio in nottata, nella sconfitta alla Quicken Loans Arena. Inoltre, i lampi di genio di Vince Carter sembrano essere ben più rari e di minor efficacia rispetto a quanto dimostrato da Hedo lo scorso anno, come è pur andato scemando il contributo sotto i tabelloni di Marcin Gortat, che come backup di Howard aveva fatto davvero bene ai Playoffs, soliti problemi fisici poi anche per Nelson, che prosegue in prestazioni altalenanti e ancor poco convincenti. Il migliore in queste ultime partite sia per energia che per cifre è stato così Matt Barnes che, oltre a guadagnarsi il posto in quintetto ai danni di Pietrus, si sta dimostrando il più adatto nello sfruttare i buchi che la difesa crea raddoppiando Howard, un lavoretto simile a quello compiuto in Arizona con la maglia dei Suns.
Se nel 2009 i Magic sfruttarono il fattore sorpresa, nei prossimi mesi dovranno invece lottare con squadre ben più organizzate per affrontarli: il cammino è ancora duro!
4) [b]Denver Nuggets (35-18)[/b]
Nella Western Conference l’unica rivale credibile ai lacustri restano i Nuggets, dotati di maggior esperienza rispetto alla scorsa stagione e con rotazioni più lunghe, grazie all’acquisto di uno come Afflalo che è decisamente più un upgrade rispetto a Dahntay Jones, sopratutto in un’eventuale Finale di Conference, in ottica difesa su Kobe. Billups poi migliora di anno in anno, come il vino, per non parlare di Ty Lawson il furto più incredibile del draft assieme a Blair in casa Spurs: proprio San Antonio, però, ha rovinato ieri sera una prima metà di stagione davvero ottima per Denver, che ha dovuto infatti subire un pesante ventello dal team di Popovich. I Nuggets possono comunque usufruire della pausa per rifiatare, nonchè recuperare Kenyon Martin, che ieri ha saltato la seconda partita consecutiva per problemi al tendine rotuleo del ginocchio e molti altri giocatori che stanno curando gli infortuni da qualche tempo (Melo su tutti) a cui certo qualche giorno di stop non può che giovare in vista della volata finale per i playoff.
Problemi nel solo reparto difensivo, dove non basta l’elemento chiave Chris Andersen (2 stoppate a gara) per evitare una delle 5 peggiori difese della Lega: in particolare la frontline priva di Kenyon soffre molto a rimbalzo dove più volte a dovuto subire pesanti colpi. La L rimediata contro gli Spurs comunque è la sola 5a sconfitta in 28 gare casalinghe il che certo non mette in allarme, per battere LA però anche le piccole cose devono essere sistemate prima di poter sfoggiare (proprio come allo Staples, lo scorso venerdì) un’arma letale quale il trio Smith-Anthony-Billups…Lakers avvisati.
5) [b]Atlanta Hawks (33-18)[/b]
Un grande inizio per Atlanta, quarta forza certa, da poco terza, di una modesta Eastern Conference, che studia già da grande nel tentativo di impensierire Magic e Cavs che a dir la verità però sembrano ancora messe un gradino al di sopra della squadra di Woodson, per quanto le tre grandi vittorie contro i Celtics (2 al Garden), limitati a 89 punti a gara, abbiano espresso tutta la forza di volontà e la determinazione di questi ragazzi. Atlanta si piazza poi tra le prime 7 franchigie in quanto ad assists per gara, oltre ad essere la miglior squadra della NBA, per minor numero di TO (12.1): il punto cruciale resta però ad ogni modo il fattore esperienza. Al di fuori del discorso PO infatti, per gli Hawks si tratterebbe già di un buon passo avanti mantenere la terza posizione per il resto della stagione ottenendo il non secondario fattore campo fino ad almeno le semifinali. Boston ha già dovuto subire un duro sweep stagionale, LA e Cleveland attendono fine marzo per il confronto, ma visto il calendario e le sempre migliori cifre di Johnson, Smith e compagnia non è da escludere un ulteriore balzo in avanti nella Eastern Conference…