[b]- [u]Day one: trionfano le matricole[/b][/u]
Dopo otto lunghi anni (il 2002 fu anno del draft per Yao, Stoudemire e Boozer), i Rookies interrompono la striscia positiva dei Sophomores vincendo il match 140-128.[url=”http://www.nba.com/games/20100212/RKESPH/gameinfo.html] Boxscore[/url]
Sotto l’attento sguardo del vice-coach dei Nuggets Adrian Dantley, le matricole s’impongono all’American Airlines Arena guidati dal fantastico duo Tryeke Evans, nominato poi miglior giocatore della serata e Dejuan Blair, che dimostra ancora una volta con un mostruoso 22+23 l’incredibile presa degli Spurs la scorsa estate, bene anche l’ex Virtus Roma Brandon Jennings, convocato inevitabilmente dopo lo show personale a dicembre. Male, per forza di fatti, il nostro azzuro Gallinari, primo italiano a partecipare al weekend delle star: Danilo parte in quintetto e segna subito 5 punti, ma in poco tempo le sue energie si riducono a zero, costringendo coach Ewing a preservarlo in panca in vista della impegnativa serata successiva.
I Sophomores si affidano così ad uno straordinario Russel Westrbrook, che con un quarantello tondo tondo dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, l’incredibile stato di forma, sempre più utile ai suoi Thunder in piena lotta per un posto ai Playoffs. Tornando all’Italia, tra i Rookie si fa vedere per qualche breve minuto anche una conoscenza del nostro campionato, Jonas Jerebko, lo svedese ex Biella e oggi a Detroit, in notevole visibilio dopo la chiamata ad un tale show.
Lo spettacolo però pare ancora restio ad ammettere “International players” e a farne le spese c’è il buon Marc Gasol, 15 minuti di ben poca sostanza, anche se di certo non sarà un magro All Star a sminuire le qualità del catalano, che resta comunque uno dei centri puri più promettenti della lega. Semplicemente, con una mentalità europea, non sembra facile poter interpretare questo tipo di evento, una delle più classiche [i]”americanate”[/i]. Nel meno noto [b]Celebrity Game[/b], l’attore Michael Rapaport (The war at home e Prison Break) porta a casa il premio di MVP grazie a doti di trash talking davvero sublimi, assicurando divertimento a tutti.
-[b] [u]Day two: Robinson fa tripletta[/b][/u]
Comincia il weekend: abituato a svegliarmi quelle tre/quattro volte al mese per i miei Lakers, il Nokia che squilla alle 2 in piena vacanza è dura da spegnere, anche se l’appuntamento si chiama All Star Saturday. Morale? Mi perdo l’Haier shooting, ma avvio lo streaming in HD (grazie TNT) in tempo per il Gallo e la sfida da tre punti. La gara, priva di veri tiratori, è piuttosto fiacca: non sorprendono gli errori del campione uscente Cook, un po’ fuori posto viste le cifre, e i tanti errori di Danilo, che oltre al dolore all’avambraccio paga forse la scelta di partire dal proprio lato debole rimediando ai tanti errori solo con gli ultimi due carrelli. Vince così Paul Pierce, che sfrutta l’inesperienza del giovane rookie Curry, il migliore al primo round e l’unico vero avversario fino alle ultime battute.
Passa mezz’ora (di pubblicità ovviamente) ed è ora dello Slam dunk contest con la fantasia che torna ad essere il problema principale: abbandonato il teatrino Howard-Robinson dell’ultimo biennio, sono Brown, Wallace e DeRozan a tentare di rubare il trono al piccolo Knick, già favorito in partenza per simpatia e talent show. La sfida oltrettutto fin da subito appare quasi nulla: Brown sbaglia un bel 360° e a nulla serve l’assist di Kobe, mentre Wallace delude più di tutti con due schiacciate davvero banali. Il rookie dei Raptors dunque è l’unico, per atletismo ed eleganza, a poter competere con Robinson: l’alleyhoop di Gallinari e l’ultima, decisiva, schiacciata con lancio su tabellone e seguente reverse lasciano però ben poca scelta al pubblico che lo preferisce a DeMar.
La gara comunque, lascia quanto meno il dubbio sul proseguo di una tale monotonia: forse, come si fece nell’annata 97-98, sarebbe il momento di sospenderla in attesa di nuove leve capaci di regalare nuove emozioni al pubblico annoiato, perchè ad ora banalità e palesi copiature al passato stanno prendendo il sopravvento…
Nei restanti eventi “repeat” per Kevin Durant nell'[b]HORSE[/b], una sorta di palla asino in cui l’obiettivo è emulare il tiro dell’avversario precedente segnandolo per evitare l’aggiunta della lettera, vittoria per Nash nello [b]Skills Challenge[/b] (tempo record) e per la rappresentativa del Texas nell'[b]Haier shooting stars[/b], grazie al cinismo del beniamino di casa Dirk Nowitzki.
Le quattro passate, si torna a letto…sperando in un All Star Game decisamente più appassionante.
[b] – [u]Day three: 108.000 and counting…[/u][/b]
E’ davanti a 108.713 spettatori (record per una partita di basket) che si gioca il 59° All Star Game nello spettacolare scenario del Cowboys Stadium di Arlington, Texas [url=http://www.nba.com/video/channels/allstar/2010/02/15/mm_timelapse_300_final.nba/?ls=iref:nbahpt2]riadattato in maniera eccezionale[/url], e piuttosto costosa, da Mark Cuban, discusso proprietario dei Mavericks. Privato da diversi infortuni nelle settimane antecedenti, il match ha così visto protagonisti un po’ tutti, con Chris Bosh, nativo tra l’altro di Dallas, autore di una doppia doppia da 23+10 e dei due liberi decisivi proprio nel finale.
La partita è infatti più intensa del solito, con East e West sempre vicine: un 19/29 dal campo nel secondo quarto fa volare James&co. sopra di 7 (76-69), ma a ricucire il gap ci pensa un grande Anthony da 27+10, ben coadiuvato dalla coppia di play Billups-Nash, quest’ultimo autore di ben 13 assists. La giocata decisiva arriva però solo negli ultimi minuti: Billups trova il jumper del pareggio a poco più di un minuto dal termine, chiudendo un ottimo parziale per i West, ma Wade, con 12.7” sul cronometro, a trovare fallo sul tiro guadagnandosi due liberi.
L’arrivo in lunetta di Flash viene accolto da fischi e rumoreggiamenti da parte dello stadio, incapaci di dimenticare quelle pazze Finals del 2006 quando da un 2-0 iniziale dei Mavs, gli Heat riuscirono a trionfare, a Dwayne comunque non trema la mano piazzando un 2 su 2. Nowitzki firma una nuova parità a quota 137, ma Bosh tentando una penetrazione subisce l’ennesimo fallo (5″ dalla sirena), dopo una dubbia steal di Wade su Williams. In mancanza di Bryant, l’ultimo tiro se lo prende Anthony, ma la tripla della vittoria, piuttosto forzata, sfiora solamente il primo ferro.
Lo spettacolo visto, e la presentazione chiaramente organizzata per esaltarlo, sembrano indirizzare LeBron come vincitore dell’MVP, ma Stern lo consegna a sorpresa a Wade (28+11 assists) [i]”Ho avuto sempre fortuna qui a Dallas. Il 2006 è stato memorabile, qualcosa che ho sognato a lungo in questi anni. Venire ancora qui e vincere un altro premio è qualcosa di davvero speciale”[/i]. Democratico James, che durante la premiazione non riesce a nascondere [url=http://i50.tinypic.com/2rcs591.gif]la delusione[/url] e che ai microfoni devia il discorso [i]”Alzavi lo sguardo e non vedevi un posto libero, c’erano davvero 108.000 persone stasera ed essere parte della storia è sempre qualcosa che sogni fin da piccolo”[/i]. L’Arena si svuota, il sipario si chiude: dietro rimangono una montagna di soldi spesi per uno dei più maestosi eventi organizzati per lo sport, tra concerti di Shakira e Alicia Keys, una tripla di Dwight e un maxischermo di 50 metri…next stop, [b]Los Angeles 2011[/b].
Start, chiudi sessione, arresta il sistema. E’ già Lunedì, si torna a scuola.
Martedì rincomincia la cavalcata della Regular Season.
Saluti,
Michele Di Terlizzi