Un lieto fine che tuttavia non può lasciare tranquilli i numerosi appassionati pesaresi, visto che al momento in cui si scrive la società è in mano ad una dirigenza che vuole mollare e l’unico pretendente all’acquisto fin qui accreditato (Sauro Bianchetti del marchio Siviglia Wear, già noto agli appassionati di pallacanestro), in realtà si è rivelato interessato solo ad una mera sponsorizzazione.
Ma andiamo con ordine, anche perché di questo probabilmente si avrà ancora modo di parlare.
Nel precampionato nessuno si poteva attendere un campionato di sfortuna e sofferenza come questo; al contrario gli acquisti di Green e Williams, la premiata coppia di play e pivot già vista all’opera in quel di Avellino con risultati a dir poco portentosi lasciava presagire, ben altre prospettive.
Così non avveniva perché la sfortuna cominciava ad accanirsi fin d subito sulla compagine di Dal Monte, privandola per buona parte del precampionato e per le prime quattro giornate della stagione regolare del pivottone Williams.
L’assenza del totem d’area su cui verteva il progetto di Dal Monte (nonché le difficoltà di rientro dopo un’assenza prolungata), un calendario oggettivamente in salita ed il manifestarsi della lacuna più evidente della Scavolini Spar di quest’anno, ovvero l’incapacità di riuscire a gestire in tranquillità i finali delle partite, facevano sì che l’inizio di stagione si materializzasse come un vero e proprio incubo per il pubblico di casa: otto sconfitte su otto partite ed un ultimo posto evitato solo per la grottesca presenza della formazione di Napoli.
Va dato merito alla dirigenza di non aver perso la bussola in un momento tanto difficile e di aver consentito a Dal Monte di potersi giocare le sue possibilità con una squadra che solo in quel momento poteva dirsi al completo.
Accadeva così che, al momento della vera resa dei conti con le due partite consecutive interne contro Cremona e Ferrara, arrivavano le prime due vittorie; in effetti con un Williams finalmente a pieno regime, la conseguente crescita di Sakota e l’arrivo di Cvetkovic a tamponare le carenze nel reparto esterni, finalmente la Scavolini Spar cominciava a mostrare il suo vero volto.
L’arrivo dell’ala serba, in particolare, si è rivelato fondamentale soprattutto nel finale di stagione quando, dopo un arrivo in punta di piedi, il buon Branko diventava uno dei leader della squadra, sia per il buon contributo di punti che in particolare per la sua concretezza nonché la sua capacità di rendersi utile in mille modi.
Alle due vittorie interne seguivano così il primo exploit esterno in quel di Biella la successiva vittoria casalinga contro Teramo;m a proprio quando le quattro vittorie consecutive sembravano poter rilanciare i pesaresi verso sogni di playoff oramai accantonati, la sfortuna tornava.
Il povero Van Rossom, autore di una stagione fin lì in crescendo, come l’anno precedente veniva bloccato da un infortunio nel miglior momento della stagione e, immediatamente al suo rientro, toccava a Cvetkovic rimanere fuori per circa un mese a causa della mononucleosi.
Nonostante fosse già arrivato l’onesto Joksimovic per turare la falla derivante dall’assenza del belga, la conseguenza più evidente era che la Scavolini Spar imboccava una preoccupante serie di sconfitte interne contro Treviso, Caserta e Montegranaro che, a fronte dell’unica vittoria esterna in quel di Cantù, la vedevano risucchiata ancora in piena bagarre salvezza.
In questo momento critico emergeva una prima volta la questione Green: il folletto americano, chiamato nel momento del bisogno a prendersi sulle spalle la squadra, deludeva clamorosamente il che, oltre a fare imbestialire l’esigente pubblico di casa, faceva emergere in maniera evidente un’incompatibilità caratteriale con il coach.
Effettivamente la stagione del playmaker ex Avellino è trascorsa all’insegna di una certa abulia sia per carenza in termini di punti che di leadership, spiegabile solo con una mancanza di feeling con Dal Monte che, nel momento di maggior criticità aveva fatto pensare anche all’ipotesi del taglio.
Peraltro, proprio nell’immediato dopo gara del derby interno contro Montegranaro (forse il momento di crisi più acuta all’interno del team biancorosso), proprio un gestaccio di Green in risposta alle contestazioni dei tifosi sanciva una prima rottura con la curva.
E’ stato proprio in questo momento di sbandamento, in cui in maniera forse inopportuna il patron Vellucci aveva dichiarato i propri propositi di disimpegno, che Dal Monte è riuscito a ricompattare nuovamente la squadra verso l’unico obiettivo rimasto: il raggiungimento della salvezza il più presto possibile.
Dopo la debacle interna contro i cugini di Montegranaro il ravvicinato scontro casalingo contro l’insidiosa Olimpia Milano poteva affossare la squadra in una crisi senza rimedio ed invece il match contro gli storici ed odiati rivali di mille battaglie si è rivelato il momento decisivo della stagione.
Per i biancorossi di casa è stato forse il match più entusiasmante dell’annata: tutta la squadra ha giocato con il sangue agli occhi, Green ha remato nella stessa direzione ma forse non è stato un caso che tutto ciò sia coinciso con il ritorno di Cvetkovic, vero uomo in più del rush finale.
Di lì in poi, al di là della risicata sconfitta di Cremona, sono giunte le vittorie decisive di Ferrara e in casa contro Biella che sono coincise forse con il momento di migliore forma di una Scavolini Spar nuovamenteal completo.
D’altra parte lo stesso Dal Monte, a salvezza quasi acquisita nel dopo gara del match contro Biella, non aveva mancato di sottolineare come solo in quell’ultimo periodo aveva avuto la possibilità di far giocare la propria creatura come nelle sue intenzioni iniziali.
Tuttavia, nonostante l’acquisizione della salvezza fosse quasi una formalità per i biancorossi, la stagione doveva ancora riservare la sorpresa più amara con il drammatico ricovero di Sakota a causa di una lesione duodenale fortuitamente rimediata proprio nel susseguente match di Teramo; un ricovero che per alcuni interminabili giorni ha fatto temere addirittura per la vita dell’ala serbo – greca, mentre i biancorossi si accingevano a disputare le final four di Eurochallenge.
Inutile dire che di fonte al sospirato miglioramento delle condizioni di salute di Sakota il fallimentare esito della coppetta passava in secondo piano.
Quello che non passava inosservato ai tifosi della curva era il secondo gesto di insofferenza di Green nei confronti delle loro disapprovazioni, il che sanciva la rottura irrimediabile fra il playmaker e l’ambiente.
L’ultimo match interno di Varese, ed è storia di domenica scorsa, si svolgeva in un clima surreale in cui al clima da allenamento sul parquet si accompagnava un’atmosfera piuttosto polemica sugli spalti, condita da duri slogan contro lo stesso Green e contro la dirigenza, tacciata di incompetenza e di mancanza di passione.
Un finale surreale per una stagione che ha lasciato sicuramente l’amaro in bocca all’esigente pubblico pesarese ma d’altra parte, come si diceva in apertura, le stagioni che nascono sotto una cattiva stella spesso finiscono anche peggio per cui, anche se la squadra ha stentato, il gioco ha latitato e la società non ha soddisfatto, si può solo tirare un sospiro di sollievo per avere superato tante traversie.
L’ideale sarebbe tirare una bella riga sul passato e guardare al futuro con rinnovata fiducia ma, come si diceva, purtroppo le ultime notizie non lasciano tranquilli i tifosi pesaresi neanche per la post-season; in effetti il passaggio alla Siviglia Wear, che veniva dato oramai per concluso, pare definitivamente naufragato e così i tifosi pesaresi si trovano ancora a sperare che ci sia qualcuno disposto a subentrare a Vellucci in oneri ed onori dell’avventura – basket in riva all’Adriatico.
Giulio Pasolini