Ne avevo parlato pochi giorni fa, a proposito della location (Forum di Assago) della sfida Milano-New York. Avevo accennato a transenne e quant’altro, poi in mezzo c’è stata l’allegra parentesi di Italia-Serbia di calcio, ed ora – cosa che ci riguarda ben più da vicino – arriva la conferma ufficiale: l’Italia, candidata ad ospitare l’Europeo del 2013, si tira indietro. Ai più attenti non sarà sfuggito il filo conduttore che unisce in un certo senso questi tre avvenimenti, per quanto, senza entrare nel merito di un argomento estraneo a questo articolo, gli incidenti di Genova hanno motivazioni e radici che prescindono dal discorso legato alla modernità degli impianti sportivi italiani.
E’ lo stesso presidente Dino Meneghin ad annunciarlo in diretta telefonica a SkySport 24: non abbiamo le strutture necessarie per un evento di questa portata! Inutile quindi rimanere il lizza quando le altre nazioni concorrenti possono presentare fatti (non pugnette) e numeri concreti. Secondo il “monumento nazionale” manchiamo principalmente in palazzetti degni di questo nome, se ci ricordiamo ogni tanto di essere nel 2010 e non nel 1930. La scadenza è troppo breve per pensare seriamente di rimediare, quando mancano gli sponsor, e quindi i soldi, per realizzare impianti da 15mila posti (almeno!). In totale accordo con Meneghin, che ha ricordato come in tutto il mondo esistano posti con queste capienze, con servizi moderni, non centrali ma di fondamentale contorno al campo di pallacanestro, che all’occorrenza può diventare di volley, hockey (addirittura baseball in Giappone), spazio per manifestazioni, concerti, convention. Non la scoperta dell’acqua calda, ma una sincera e realistica presa di coscienza della situazione italiana.
Stuzzicato dai conduttori in studio sul futuro ed eventuali possibili nuove candidature, il presidente federale non ha potuto dare nessun tipo di risposta e garanzia: siamo in fase di stallo, da tantissimi anni, e non si vede come il tutto possa sbloccarsi, se non con l’intervento di pool di privati che – col benestare dei governi nazionali, regionali, provinciali, comunali, della parrocchia e chissà chi altri – mettendo di tasca propria i soldi necessari creino finalmente dei progetti seri, vedendoci un ritorno economico, se non nell’immediato, per lo meno attraverso 10, 20 o addirittura 30 anni di gestione degli impianti. Sappiamo bene tutti come andrà a finire, non è pessimismo, ma al pari di quella di Dino, una semplice e realistica constatazione.
E’ stato citato nell’intervista, come esempio da seguire, il progetto che vede Giorgio Armani e il Comune di Milano affiancati nel re-styling dello storico Palalido di Piazza Stuparich, che porterà nella stagione 2011-2012 l’attuale capienza (3500) a poco più di 5mila posti. Si avete letto bene: 5000! E allora i mega-impianti polivalenti da 15-20 mila posti? E allora le regole dell’Eurolega che obbligheranno a breve le società partecipanti ad avere capienze di almeno 10mila seggiolini?
Continuiamo a parlarci chiaro: quando Meneghin – non il primo, non l’ultimo, sottoscritto compreso – parla ancora, nuovamente, di “movimento” riferendosi al basket italiano, cosa dovrebbe farci pensare? Ci viene incontro Wikipedia che tra le altre cose suggerisce:”Inserito nel contesto dei comportamenti collettivi, il movimento è rappresentato da un gruppo dove i ruoli non sono ancora definiti e nel quale le relazioni sociali sono per lo più a carattere cooperativo e dotate di forte carica emotiva“. Ora, senza addentrarmi in un campo a me sconosciuto, non è possibile non notare la componente “non definitiva” data dalla definizione, scusate il giochino di parole. Ma questo siamo (tutti noi cestofili italiani): un movimento! Domanda: qualcuno ha mai sentito parlare in questi termini riferendosi ad esempio al basket americano? O al calcio Inglese? Parliamo abitualmente di movimento o di NBA? O di Premier League (due esempi non casuali per citare un paio di leghe ai vertici per strutture, marketing, risultati sportivi e quant’altro nei rispettivi sport di riferimento)? Guarda caso entrambi gli esempi vengono presi come riferimento e paragone quando si parla di strutture ed impianti di proprietà. Allora forse, scusate, non è un caso, come non lo è quello che ci vede ancora qui a definirci “movimento della pallacanestro italiana”, come se fossimo appunto nel 1930 e non nel 2010. Ben vengano allora i “Palalido del futuro” con i loro – miseri – 5000 posti.
Andrea Pontremoli