Settimana NBA che riserva ai tifosi italiani e non, un gustoso antipasto dei playoff a ovest, con protagonisti i nuovi Denver Nuggets e gli Oklahoma City Thunder. Due appuntamenti sugli schermi di Sky Sport utili per entrare al meglio in una serie che si preannuncia divertente e, perché no, spigolosa. Il primo atto di questa sfida era il più importante per capire le reali possibilità da parte di Denver di agganciare i Thunder e strappargli il vantaggio del campo. Ha vinto Oklahoma, mettendo sostanzialmente la parola fine sulla corsa al quarto posto. Una partita dai molti spunti, che ha messo in mostra il solito irreale Durant e una Denver comunque solida.
Sgombriamo subito il campo da ogni dubbio: per quanto forti i Thunder giocano un basket brutto, piacevole solo in transizione e contropiede e fondamentalmente basato sugli isolamenti di Durant e Westbrook (non molto in palla nella partita in questione). Diverso il discorso per Denver, che non ha gerarchie ben radicate in attacco, com’è normale per una formazione che ha cambiato tanto, perdendo le sue due stelle conclamate ed inserendo giocatori di livello, ma non certo stelle in grado di arrivare ed ergersi a prima opzione offensiva.
Giova ricordare, per chi non se ne fosse accorto, che Denver ha dovuto fare a meno di Aaron Afflalo (di fatto titolare inamovibile del quintetto di Karl), oltre che di Andersen e, dal secondo quarto anche di Mozgov. Tre assenze a loro modo pesanti, in particolar modo quella dell’ex UCLA, diventato tiratore affidabile ma soprattutto fondamentale nella staffetta difensiva pensata da Karl per arginare Durant. Sulla stella dei Thunder si sono alternati Chandler, Gallinari e Martin, ma è indubbio che per caratteristiche fisiche, tecniche e difensive la miglior risposta al fenicottero di Oklahoma sia il buon Aaron. La sua assenza ha influito anche in attacco, dove il coach dei Nuggets si è affidato molto alla coppia Lawson-Felton: la coppia ex North Carolina può essere una buona soluzione in alcuni momenti della partita, ma di fatto stiamo parlando di due giocatori che amano andare dentro col pallone o comunque averlo sempre in mano, cosa che ha in qualche modo ha messo fuori ritmo la squadra, anche perché uscito uno dei due, il primo cambio è JR Smith, giocatore dal talento sconfinato ma non certocolui che può dare equilibrio ad un attacco.
Capitolo Gallinari. La partita del Gallo è andata a strappi: Danilo ha segnato i primi cinque punti della gara, ma pian piano è uscito dalla partita, poco servito dai compagni, non tanto per antipatie, come piace pensare a molti italiani, quanto per il discorso fatto in precedenza, visto che Lawson e Felton sono portati quasi sempre alla conclusione personale. E’ vero che si poteva e si doveva coinvolgere di più Gallinari, che a fine partita ha anche rischiato di vincerla da solo. E’ altrettanto vero che prima dello sciagurato parziale a cavallo tra terzo e quarto periodo (Harrington ci sei?), Denver aveva grandi chance di vittoria, dunque la verità sta nel mezzo.
Dal Gallo a Durant. Negli ultimi tempi si sono lette e sentite cose imbarazzanti sul talento dei Thunder: è solo un tiratore, non fa nient’altro che tirare, Gallinari al contrario è un all-around player. Sorvolando sulla serie infinita di nefandezze dette domenica dalla coppia Bagatta-Pozzecco, che hanno dipinto il Gallo come un misto tra Magic, Bird e Rodman (clamorosa quella di Bagatta su Bird poco passatore, tanto che pure Pozzecco si è dissociato). E’ indubbio che stiamo parlando di due categorie di giocatori diverse. Gallinari è, e sarà, un giocatore fantastico, ma Durant è al vertice della pallacanestro mondiale, che si giochi in NBA o in manifestazioni FIBA, perché, forse qualcuno l’ha scordato, in estate KD ha portato a scuola fior di giocatori in un Mondiale dominato (almeno personalmente) dall’inizio alla fine, con tanto di titolo di miglior giocatore della manifestazione. Ah, è vero che la carta d’identità del buon Danilo recita 8/8/88, ma non scordiamoci che il Durant di cui sopra è di ben un anno più giovane. Insomma ci vuole misura in tutto e il patriottismo, che è una bella cosa (specialmente in periodo di celebrazioni dell’Unità d’Italia), non deve offuscare il giudizio sui giocatore. Quindi forza Gallinari, ma rimaniamo coi piedi per terra.