Must-win game si era detto nei giorni scorsi. Ma quando l’ultima diapositiva dell’ennesima serata no lacustre si chiude col dimenticato sorriso sul volto di Cuban, qualcosa deve essere andato storto…stortissimo.
Nel primo quarto LA parte bene, facendo subito capire che a Dallas la truppa gialloviola vuole riprendere a tutti i costi le redini della serie: il primo a convincere è Bynum, che nel pitturato fa il bello e il cattivo tempo arginando da una parte e mandando a vuoto dall’altra Tyson Chandler. Suonano presenti anche Fisher e Odom (in quintetto vista la squalifica di Artest), mentre Kobe ragiona e non forza, seppur costretto già a metà quarto a sedersi con due falli sul groppone. I Lakers subiscono presto il ritorno dei Mavs con due triple targate Nowitzki, non concedendo però grandi parziali chiudendo così i primi dodici minuti sotto di due sole lunghezze. Squadre fin qua non eccezionali con la sola grande preoccupazione ospite di un Pau Gasol molle e polemico. La Seconda frazione è giocata sostanzialmente sugli stessi ritmi della prima, LA non si fa prendere dalla frenesia, ma sbaglia comunque troppo lasciando a lunghi tratti agli avversari comodi wideopen dalla lunga, che i Mavericks non concretizzano a dovere, facendosi di nuovo riprendere negli ultimi due minuti: a guidare il contro parziale, tanto per cambiare, è un Drew al limite della perfezione, il più grande rammarico per Jackson&co. dovesse finire tutto domani sera, mentre Kobe, raggiunta la terza posizione nella storia della Lega per punti segnati nella postseason (5,263 dietro i soli Jordan e Jabbar), ne piazza altri 4 spingendo il vantaggio gialloviola fin sul +4, 47-51 alla pausa lunga. I texani fin qui convincono poco, ma l’impressione è che siano i soli a poter dare una vera scossa, LA infatti è opaca e si limita a restare a galla.
Il terzo periodo sembra tingersi di gialloviola fin dalle prime battute, l’asse Kobe-Fish ispira in poco meno di 4 minuti il +7 con cui Carlise è costretto al timeout, LA però, come d’abitudine, spegne il turbo e si fa presto raggiungere, complice un Gasol orribile sul piano tecnico-mentale (coach Zen che urla non è assolutamente usuale) e qualche fischio dubbio della triade, a cui però non si può imputare la scarsa grinta che aleggia nelle fila ospiti. Scherzo del destino, questi Lakers sono ancora in piena lotta e mossi dagli acuti di Bynum,Odom e Kobe chiudono il quarto sul +6 con un grande tap-in di Shannon Brown, unica nota positiva di una second unit corta e inesistente. Eppure i losangeleni tengono il passo per poco, il gap tra i due team non lievita e i Mavs, con percentuali al limite dell’umano, riescono sempre a spegnere possesso dopo possesso le fiammate ospiti: Dirk e Stojakovic trovano impreparata la debole difesa avversaria ed LA, proprio nel momento più importante, sbaglia l’impossibile: il Mamba non segna più, Bynum si fa fischiare il quinto personale e dulcis in fundo Terry raccatta il suo primo ed unico rimbalzo offensivo del match a 40” dal termine guadagnandosi poi la lunetta e chiudendo di fatto ogni conto. 98-92 e terza doccia gelida per i lacustri.
Manca la testa, manca il cuore, al di là di una gestione possessi finale rivedibilissima (perchè Odom e non Bryant?), LA ha compromesso tutto già cinque giorni fa gettando al vento quei 16 punti di vantaggio tra le mura amiche. E’un peccato perchè gli Spurs erano caduti, perché chiudere un anno in questo modo è davvero sconfortante, e perché Bynum che gioca un 15+10 a sera è pura manna dal cielo, visti soprattutto alla luce degli anni precedenti. Indipendentemente dalle prestazioni dei singoli questi Lakers hanno lasciato che i Mavs li uccidessero con l’unica arma a loro disposizione e questo è un dato di fatto.
Si torna in campo domani, arduo o impossibile decidetelo voi, il 4-0 sarebbe giusto e non veritiero allo stesso tempo. End of the line?
Michele Di Terlizzi