Gara 7 ha sempre un qualcosa di mistico, è la gara senza ritorno per entrambe le squadre e la tensione si taglia con il coltello. Solo i veri campioni si ergono a protagonisti, mentre i role player subiscono la pressione del non poter sbagliare, al posto che viversi il piacere di giocare una partita del genere. Durant è entrato nell’olimpo dei grandi protagonisti con i suoi 39 punti che hanno portato i Thunder alla finale di Conference. Benissimo anche Westbrook e Harden, dall’altra parte è mancato un pò di Z-Bo e una valida alternativa offensiva.
Gerarchie Gara 7 ha testimoniato ancor di più che la via migliore per i Thunder è cavalcare la propria stella e dare priorità alle sue conclusioni. Westbrook, in questa serie, ha tirato più di Durant per ben cinque volte su sette partite, con l’esagerazione di gara 3 in cui ha praticamente ignorato la sua stella per ampi tratti, perdendo di vista i compagni e soprattutto mandando tutti fuori ritmo. Ieri sera l’uomo da UCLA ha interpretato alla perfezione il match, permettendo da subito a KD di ricevere nei comfort spots e di prendersi tutte le responsabilità del caso. Ad inizio quarto periodo Russ aveva 8 punti (con un ininfluente 3-11), ma 10 rimbalzi e 11 assists, arrivando alla tripla doppia poco dopo (solo Pippen ci riuscì in una gara 7 dal ’92 ad oggi) e fissando i chiodi nella bara dei Grizzlies, dopo che KD aveva imperversato per i primi tre periodi. La capacità di cambiare marcia di Westbrook e le sue penetrazioni sono fondamentali per l’attacco di Brooks, ma è altrettanto vero che farle con logica e non eccessiva sfrontatezza, permette a Durant di punire sistematicamente da fuori e ad Harden, Cook, Collison ed Ibaka di essere più incisivi. La gestione degli istinti di Russ sarà la chiave per la finale di conference contro i Mavs, perchè se i Thunder sono quelli di gara 7, si parlerà di loro anche ad inizio giugno.
Onore ai vinti. Non ci sono più dubbi che Zach Randolph si sia meritato il rispetto di tutti portando di peso i Grizzlies ad una storica gara 7 di semifinale di conference, ma nell’ultimo atto della serie, abbiamo notato che anche lui ha ancora un passo da fare verso la grandezza. La sua tendenza ad usare solo ed esclusivamente la mano sinistra, ne limita fortemente l’efficacia quando, ad una difesa fisica e verticale come quella di Ibaka (che lui ha scherzato in molte situazioni), si sostituisce quella tecnica e di contatti di Collison. Il suo 6-15 dal campo (canestri perlopiù arrivati con jumper dalla media) è stato il più grosso problema per gli ospiti, non tanto per i sei canestri, quanto per i soli 15 tiri, che per un go-to-guy sono pochi in un elimination game. Molti di quei tiri sono finiti nelle mani di Conley o della panchina (26 sugli 88 totali) e la mano “degli altri” ha tremato non poco. Il piccolo Buddha è stato un’icona della resistenza cestistica per due settimane, ma l’anno prossimo sarà chiamato all’ultimo step-up che lo potrebbe portare nell’olimpo NBA con qualche anno di ritardo.
Cosa aspetta OKC in finale di conference? Dopo il personaggio Z-Bo, OKC dovrà “sopportare” il focoso owner dei Mavs Mark Cuban, a bordo campo con la maglietta che vedete qui di fianco. Un genio: a suo modo e con il suo passo come diceva Ligabue.
Collis(i)on A OKC lo hanno ribattezzato Nick “Collision” rivisitando un pò il texano “el contusion” di argentina memoria. Ma l’ex Kansas e Harden sono stati semplicemente la chiave della serie per coach Brooks. Nick ha difeso in maniera esemplare sul miglior giocatore di post basso della stagione, dandogli sempre contatti forti e non permettendogli mai conclusioni facili o canestri nei momenti cruciali. Baricentro molto basso, inibizione delle partenze frontali di Randolph e un movimento laterale contro i vari perni dell’avversario, da tramandare ai posteri. In gara 7 tutto è stato magnificato da una prova a rimbalzo notevole (12, di cui quattro offensivi), ma il suo apporto è stato presente e costante per tutta la serie.
Cast away In quanti si possono permettere un giocatore come James Harden dalla panchina? Terry è paragonabile a lui per l’impatto sui match, ma quello che fa “il barba” sui 28 metri è da autentico swingman. In gara 7 è stato impiegato anche da playmaker; le sue esecuzioni di pick and roll hanno sempre trovato un uomo libero (chiedere a KD nel terzo quarto) e, quando le due stelle erano a riposare, lui ha preso sulle spalle la squadra a suon di triple e “and-one”. Quando James ha impattato la partita dal punto di vista realizzativo, Oklahoma ha sempre avuto break positivi e, se vogliamo cercare un MVP fuori dal coro, JH è la principale nominee.
Simone Mazzola