Nelle ultime 26 volte in cui una finale NBA si è trovata sul punteggio di 2-2, 19 la vincente di gara 5 ha portato a casa l’anello. Questo uno dei tanti dati disponibili in questi giorni e che fanno capire – anche attraverso i numeri – l’importanza di gara 5, quella che questa notte andrà in scena, ultima di 3 consecutive, all’American Airlines Center di Dallas
Al momento le chiavi di lettura di un incontro, proiettandosi verso quello successivo, sono state se vogliamo banali, ma azzeccate. La differenza sostanziale tra le due contendenti è che mentre per i Mavericks le cose “che contano” sono sempre bene o male le stesse, l’andamento fluttuante di Miami dà sempre nuovi spunti e cose da confermare/cambiare per la partita successiva. E’ chiaro come scritto nei giorni scorsi, che a parità di allenatori che si stanno dimostrando assolutamente all’altezza del palcoscenico, e delle seconde linee che, partendo in quintetto o venendo dalla panchina, non possono far mancare il proprio contributo, restano i fuoriclasse a decidere, nel clutch-time, queste Finals 2011.
Wade un fuoriclasse lo è da tempo, marchiato a fuoco come vincente già dalla serie del 2006 che regalò a lui e agli Heat il primo titolo della propria storia. Così sta giocando in queste finali. Non guardiamo al tiro libero sbagliato nell’ultimo quarto, o alla quasi palla persa sulla rimessa decisiva, quella che se conclusa con un canestro da tre punti avrebbe per lo meno prolungato le chances di passare sul 3-1, mandando tutti all’overtime. Dwyane sta giocando come ha sempre fatto, con una sostanziale differenza. Dopo Shaq non ha più avuto partners all’altezza, fino a questa stagione. Se Bosh è “solo” la terza punta della squadra, soprattutto a livello offensivo (perchè nella propria metà campo ha sempre detto la sua, bene o male) è chiaramente LeBron James l’altro personaggio atteso – e fin qui, in parte, inutilmente – sul proscenio della serie finale.
Il suo ultimo periodo in gara 4 è stato a dir poco imbarazzante: 0 punti, 1 solo tiro, un clamoroso mancato aiuto difensivo sulla decisiva penetrazione di Nowitzki, un’auto-esclusione dal gioco che non ha giustificazioni. Per quasi tutta la gara James ha dato l’impressione di voler coinvolgere i compagni, lasciando in bocca a tutti quell’aquolina per la scorpacciata del quarto quarto, che non c’è stata. Wade (come Kobe, come Duncan, come Pierce, e tutti i vincitori – da protagonisti – degli ultimi anelli) non può vincere da solo, errori personali o meno. Gara 5 confermerà o smentirà tutto questo, ridando a LeBron il titolo di “King James”?
Intanto la 4^ partita della serie se ne è andata. Dallas ha effettuato l’ennesima rimonta negli ultimi 12 minuti, la 6^ ormai in questi playoffs, cambiando ancora le carte, facendo partire subito Barea in quintetto, ma finendo con in campo la formazione più alta, Marion da 3 con Nowitzki e Chandler nel front-court. Coach Carlisle può ruotare più uomini, nonostante l’infortunio di Haywood, e già nel primo tempo riesce a schierarne 10! Questo regala freschezza ai suoi, e limita le possibilità di fallo, soprattutto di Tyson Chandler (autentico MVP difensivo della serie!) che a proposito aveva avuto non pochi problemi nella partita precedente. L’ex coach dei Pistons non si fa problemi a togliere Nowitzki (“eroicamente” in campo con 38° di febbre) per i possessi difensivi degli ultimi secondi, per poi re-inserirlo per l’azione d’attacco. Non sono suoi i liberi che chiudono la gara, ma di Terry, sempre più pedina fondamentale sulla scacchiera di queste Finals, in un ruolo, quello di 6° uomo, che non trova nel roster degli Heat un avversario in grado di bilanciare l’apporto del Jet.
Parlando di coach: la sola critica che si può muovere a Spoelstra è quella della scelta sull’ultima rimessa. Con quasi 7 secondi a cronometro l’unico motivo valido per far effettuare la rimessa a Mike Miller poteva essere quello di farlo entrare poi in campo, con poca attenzione su di lui da parte della difesa, subito dopo il passaggio iniziale. Non possiamo sapere se è questo quello che il giovane allenatore aveva disegnato nell’ultimo huddle, quel che è certo è che la somma dei punti di scarto sommati tra le 4 partite fin qui disputate (15 in totale!!!) lascia intravvedere possibili nuovi finali dove l’esecuzione può premiarti o condannarti alla sconfitta.
Andrea Pontremoli