E’ possibile che la stagione 2010-2011 termini questa notte. Dallas ha sulla racchetta il match-point per chiudere la serie e portare a casa il primo titolo della sua storia, completando così la “vendetta” (sportivamente parlando) ai danni dei Miami Heat che 5 anni fa beffarono Cuban & Co. avanti 2-0 e rimontati in 6 partite.
Gara 5 ha toccato l’apice di tutto quanto si è detto e scritto da settimane, se non mesi. I Mavs hanno trovato finalmente il loro ritmo offensivo, le percentuali da fuori che non erano state così esaltanti nelle prime 4 gare della serie. Il gioco in campo aperto, in transizione, non era mancato, e giustamente Carlisle ha insistito, senza snaturarle, sulle caratteristiche che hanno portato fino a qui la propria squadra. Nowitzki che sta tirando poco da 3 punti è l’alternativa interna, soprattutto al gomito e in generale nell’in-between game, insieme a Terry, mentre Chandler sa muoversi senza palla, spesso perso dalla difesa degli Heat e pescato dai compagni in completa solitudine per una facile schiacciata. Il resto l’hanno fatto Stevenson e Kidd da tre punti, e Barea che può battere l’avversario, Bibby o Chalmers che sia, dal palleggio a piacimento, per crearsi opportunità anche a centroarea, o riaprire per un tiro aperto dei suoi.
Si continua a dire che questa è una serie che mette di fronte l’attacco di Dallas alla difesa di Miami. Questo porterebbe a pensare che è l’attacco degli Heat quello che, generalizzando, va migliorato per poter impedire a Dallas di strappare quella W, una sola, alla American Airlines Arena, che basta ai texani per conquistare l’anello. In realtà Miami sta tirando bene come Dallas, anzi leggerissimamente meglio (44.7% dal campo contro 44.4 nelle intere Finals) ed ha giocatori capaci di esplodere in prestazioni offensive individuali capaci di battere ogni difesa, Wade in primis.
Sottolineo, quindi, nuovamente, che la tanto celebrata difesa degli Heat, in realtà, non è niente più che l’insieme di un impegno maggiore rispetto alle abitudini in carriera di tutti i suoi protagonisti, che certamente ci vuole per competere a questi livelli, ma che nel suo insieme – appunto – rimane davvero poco organizzata. Dallas ha vinto gara 5 perchè i suoi tiratori hanno finalmente aggiustato la mira, ma quanti tiri aperti, già nelle gare precedenti, sono stati loro concessi dagli avversari? E l’imbarazzante incapacità delle proprie guardie di difendere, fosse anche solo per accompagnarlo verso un aiuto, su Barea (infatti inserito da gara 4 in poi nello starting five da Carlisle che ha letto questo mismatch a suo favore)? E le amnesie di cui sopra che hanno lasciato spesso e (mal)volentieri Chandler libero nei pressi del canestro, soprattutto quando la difesa esce da un raddoppio e non sa ruotare con efficacia e velocità?
Spoelstra e i suoi nelle dichiarazioni pre-partita dimostrano la solita spocchia che li accompagna dalla scorsa estate. Giusto far passare un messaggio di sicurezza verso l’esterno, ma forse più delle parole servirebbero poi i fatti, gli aggiustamenti (ritenuti quasi inutili e non necessari in casa Heat) che mancano per spezzare l’equilibrio fin qui imperante nella serie e ripetere una striscia di due vittorie consecutive, come riuscito ai Mavs tra gara 4 e 5. Il buon LeBron è già ora criticato al di là dell’oceano per i suoi messaggi su Twitter che annunciavano gara 5 come la sua “migliore di sempre”, figuriamoci cosa potrebbe succedere a livello mediatico dopo un’eventuale sconfitta definitiva di Miami nella serie. Sommando atteggiamenti, risultati non ottenuti, pianti in spogliatoio, triple-doppie ininfluenti…si ottiene un cocktail talmente esplosivo che in mano alla stampa americana, e di tutto il mondo, porterebbe ad un’estate davvero incandescente dalle parti di Ocean Drive.
Ma c’è ancora almeno un episodio della saga da gustarci, in una delle Finals meno interessanti da tanti punti di vista legati al gioco che io ricordi, ma comunque combattuta e equilibrata, con le squadre, decisamente incomplete e non all’altezza di altre finaliste del passato, ma che di certo stanno dando il loro meglio per arrivare alla “terra promessa” rappresentata dal Larry O’Brien Trophy. L’appuntamento è per questa notte, ore 02:00 italiane.
Andrea Pontremoli