Siamo al countdown, ancora pochi giorni e ci siamo, Europei 2011, stiamo arrivando.
Ci siamo, ancora poche ore è sara Europeo in Lituania.
E’ difficile descrivere quanto siamo soddisfatti, contenti direi di vivere queste ore di vigilia prima del fatidico debutto contro la Serbia, lieti di tornare ad assaporare il gusto dell’attesa prima di una manifestazione che una volta ci vedeva come logici favoriti e che oggi ci vede solo outsider, in una gara che ci vedrà opposti per l’appunto ai naturali favoriti del girone, reduci tra l’altro da un buonissimo quarto posto ai Mondiali turchi dell’anno scorso e ricchi di tradizione e di vittorie.
Questa attesa riveste per noi italiani ancora più importanza se si pensa solo che, dopo essere stati esclusi in progressione e rispettivamente da Olimpiadi cinesi, Europei 2009 ed appunto Mondiali in terra turca dell’anno scorso, esattamente 365 giorni fa ci si accapigliava nel Qualifyng Round contro ad esempio Macedonia ed Israele a Bari, sede logistica delle sfide interne proprio per poter strappare un posto per questa competizione così ambita. Sul campo la squadra del nuovo neo-coach Simone Pianigiani non riusciva a qualificarsi ma mostrava evidenti cenni di crescita dopo il clamoroso tonfo dell’anno precedente contro la Francia, qualificazione per i Mondiali turchi, che segnò l’addio di Charlie Recalcati dalla panchina della Nazionale. Poi la buona notizia in ottobre: gli Europei in terra lituana da 16 a 24 squadre, Italia ammessa di diritto come seconda qualificata nel girone e la fine di una lunga notte e di un brutto incubo, durato troppo tempo.
E’ inutile dire che adesso, dopo la fase di preparazione, la “parola” passa agli interpreti ed al pallone. Nell’Italia luci ed ombre nei vari incontri che abbiamo visto dalla fine di luglio sino a questo torrido agosto, 11 partite nella totalità, concentriamoci perciò su di un’analisi in relazione a cosa è andato bene e cosa meno bene nella creatura di Pianigiani e cerchiamo di capire cosa è razionale o lecito attendersi da Bargnani & Co. Obiettivo minimo ovviamente il sesto posto, piazzamento valido per Londra 2012. Sarà possibile ?
Le cose positive
- Innanzitutto le vittorie. Se è vero che per crescere meglio con il concetto di squadra scolpito nella testa occorre vincere, gli Azzurri hanno sicuramente fatto molto bene. Sulle 11 gare disputate ed in programma, addirittura ben 9 vittorie contro due sole sconfitte e chissà, se si fosse affrontata la Bosnia a Rimini con maggiore grinta e determinazione nel Torneo Tassoni, l’unica macchia sarebbe restata a Nicosia contro la Grecia, matata poi comunque proprio nell’occasione più importante del Trofeo Acropolis ed anche precedentemente battuta sempre in quel di Rimini: due vittorie su tre incontri contro i cugini ellenici che nel decennio scorso han mostrato di essere una delle nazioni guida del movimento Fiba in Europa, non male, anche se trattasi di una Grecia senza alcuni pezzi da novanta (sia per infortunio, sia per rinuncia). Nove vittorie dense dicevamo, alcune delle quali di grande carattere e sostanza come quella ai danni della Russia di David Blatt a Nicosia ove si è risaliti da una situazione difficile, dimostrando una gran bella voglia di non mollare e di rendere la vita complicata ai più celebrati avversari nel momento più difficile del match. Ma soprattutto, aldilà della buona prestazione dei 3 NBA nel loro insieme, una dimostrazione collettiva di forza mentale e concentrazione notevole, proprio il segnale che voleva avere il coach al cospetto di un tostissimo avversario. E l’ultima vittoria, appunto quella che ha assegnato all’Italia dieci anni dopo il Torneo Acropolis, ha avuto la stessa caratteristica, in questa circostanza contro i padroni di casa e dopo ben due supplementari. Senza esaltarsi troppo però, perchè un conto sono le gare amichevoli, un conto sono quelle ufficiali, il segnale mandato alle concorrenti è stato palese: per battere l’Italia bisogna sudare parecchio.
- Il Trio NBA. Finalmente, dopo due anni d’attesa, eccoli tutti e 3 assieme appassionatamente in azzurro. Non hanno disputato in verità assieme tutte ed 11 le partite d’avvicinamento: Gallinari ad esempio ha avuto qualche problemino ad un alluce che gli ha impedito d’esserci nel Trofeo di Nicosia mentre Belinelli ha avuti acciacchi muscolari vari come Bargnani all’inizio della preparazione, in Valtellina, ma tant’è, sono loro le principali bocche di fuoco a trazione potenzialmente anteriore della squadra. Se loro girano, il quintetto Azzurro ha molteplici soluzioni: tiro da fuori in primis ma anche in avvicinamento a canestro con un Gallinari che sta dimostrando una potenza ed un atletismo ancora di più straripante del passato dopo solo due anni completi oltreoceano. Un bel rebus quindi per le difese avversarie perchè mentre ci si deve occupare ad esempio dell’uno contro uno praticamente quasi immarcabile del Gallo, se la palla perviene al Mago od a Belinelli sono punti quasi certi se i due hanno i piedi a terra, esattamente quanto accaduto con l’ultimo canestro della guardia degli Hornets che ha portato al primo supplementare i greci nella finale dell’Acropolis dopo aver sfruttato il lavoro di Danilo intento a muovere le maglie avversarie.
- Stefano Mancinelli. Se Milano ha fatto del proprio roster un vero e proprio repulisti edificando una squadra da sogno ma tenendo il Mancio, beh, qualche motivo ci sarà. Più maturo, deciso nelle cose da fare palla in mano, preciso anche da fuori come poche altre volte finora, Mancinelli è il 4° NBA “mancato” della squadra, l’arma letale in post basso che può veramente cambiare le sorti di qualsiasi gara per l’Italia. Gli avversari lo aspettano ? Ed allora lui non insiste sull’uno contro uno e riapre il gioco, magari per ricevere di nuovo la sfera e rubare il tempo al diretto avversario. Una certezza oramai, anche a rimbalzo come il tap-in vincente all’Acropolis.
- Un certo Daniel Hackett. Non poteva essersi sciolto come neve al sole due anni fa a Treviso, per fortuna sua e della Squadra Azzurra, il figlio d’arte ha confermato tutto il buono fatto vedere quest’anno in una Scavolini Siviglia finita purtroppo al termine della stagione in un area mediocritatis che il popolo pesarese non merita. Daniel ha fisico, palleggio, forza ed abilità a controllare il corpo in penetrazione assieme ad una discreta mano da fuori, infine anche quel playmakin’ che potrebbe regalargli un pò di più dei minuti che numericamente dovrà sostenere per dar fiato a Maestranzi, al momento play deputato da Pianigiani a guidare le sorti offensive del gioco azzurro. Un gradito ritorno.
- Bene sostanzialmente tutti gli altri ma se inquadrati nelle loro possibilità richieste da parte del coach. Bene ma senza eccellere Mordente e Carraretto, fisico a questi livelli poco proponibile nel ruolo oramai (andare a vedere ad esempio il roster tedesco che sfideremo il 1 settembre..), ma astuzia e cattiveria da vendere. Polveri un pò bagnate da fuori ma la certezza che possono essere devastanti se trovassero fiducia. Bene il Cincia, al secolo Daniele Cinciarini. Il nuovo play di Cantù ha fatto vedere una gran bella faccia tosta, da curare meglio alcune sfaccettature sulla lettura del gioco e del possesso del pallone. Anche Gigi Datome ha avuto il suo spazio ed i suoi elogi, forse meno sfruttato ed utilizzato di quanto avrebbe potuto essere dal coach ma anche lui oramai si avvicina alla certezza: sai sempre cosa puoi aspettarti nel bene e nel male, in più sta mantenendo alto un livello d’atletismo che i malanni degli anni scorsi avevano nascosto ai più. Bene Maestranzi, che se non si facesse ingolosire forse un pò troppo dal tiro da 3 sarebbe più che positivo. I suoi pochi centimetri creano un divario importante tra lui ed i suoi prossimi dirimpettai (vedasi alla voce Teodosic), dovrà dare di più con l’impegno e la voglia di darci dentro, per lui l’occasione della consacrazione a certi livelli. Infine i due lunghi, Cusin e Renzi. Ma di loro ne parleremo domani