E adesso, cosa facciamo? Continuiamo con il basso profilo e gettiamo acqua sul fuoco o proviamo, in barba alla superstizione, a scoprire le carte e a puntare apertamente a qualcosa di importante in primavera inoltrata? Già, perché questa Trenkwalder, costruita sulle fondamenta stabili di un gruppo di uomini, prim’ancora che di giocatori, ma pur sempre reduce da una salvezza all’ultimo tiro, ci sta prendendo gusto e ci sta facendo venire una tremenda acquolina in bocca. E non è solo l’eco della roboante vittoria contro Pistoia, comunque compagine di tutto rispetto, al di la della serata storta e del passivo di -48 subito, ormai sono diversi indizi che portano ad una prova: Reggio Emilia ha le carte in regola per giocarsela fino alla fine per provare a scalare l’olimpo del basket.
La squadra di coach Menetti, dopo otto gare, occupa il secondo gradino del podio, preceduta solo dall’Enel Brindisi che però ha disputato una gara in più, ma ha dimostrato di poter lottare contro le dirette concorrenti per il traguardo che conta. Proprio l’Enel di Piero Bucchi, affrontata dai biancorossi non più tardi di una settimana fa, ha sudato le proverbiali sette camice per avere la meglio dei reggiani, sconfitti solo negli ultimi scampoli di gara al termine di 40 minuti di equilibrio. Ed è proprio da questo tipo di partite che occorre trarre le migliori sensazioni: perché gare come quelle disputate in Puglia e a Barcellona (uniche sconfitte reggiane) hanno messo in luce carattere, determinazione e consapevolezza dei propri mezzi. Caratteristiche essenziali per poter pensare di giocarsela alla pari con tali corazzate, al netto dei problemi e delle difficoltà che possono, in questo momento incontrare. Reggio gioca bene, fa paura e ha un preciso piano tattico, ovvero quello di giocare a chi ne segna uno in più senza dimenticarsi dell’aspetto difensivo. Non disdegna, e questo è un pregio di tutto rispetto, di “buttarla” sul provare a prenderne uno in meno quando è necessario, dimostrandosi matura al punto giusto per valutare, in corsa, la tipologia di gara che potrebbe dare maggiori vantaggi. Merito di un collettivo ben assemblato, merito di un clima positivo in seno allo spogliatoio e merito di qualche faccia ben individuata all’interno di esso. Il deus-ex-machina è senza dubbio Dawan Robinson, giocatore di livello assoluto, capace di marcare avversari fisicati, veloci e tecnici. Ma ha, come difetto principale, quello di non sapersi limitare, e di giocare spesso e volentieri alla stessa velocità ed intensità. In contumacia Robinson Reggio ha arrancato, ha prodotto molto fumo e poco arrosto ed ha costretto Donell Taylor agli straordinari in impostazione, non il ruolo prediletto della guardia ex-Casale. Per ovviare a ciò, in settimana, è arrivato Fabio Ruini, reggiano, a dimostrazione dell’attenzione che la società continua a dare al senso di appartenenza, prim’ancora che alle doti tecniche.
Ma il momento magico della formazione emiliana ha, con buona pace di tutti, un nome ed un cognome: Demian Filloy. L’ala ex Rimini è il giocatore che sarebbe utile a tutte le squadre: rivoltante intelligenza cestistica, capacità di lettura delle situazioni e “garra”. Con l’italo-argentino in campo Reggio è una squadra completa; la sua capacità di toccare e sporcare passaggi e traiettorie, di attaccare il ferro in palleggio e di esser pericoloso dall’arco, lo rende fondamentale per gli equilibri biancorossi. Ma dimenticare qualcuno sarebbe ingeneroso: il sostanzioso apporto della “cantera” reggiana in primis, ovvero Pini, Cervi e Viglianisi, giocatori che, quando chiamati in causa, hanno sempre risposto presente ed aiutato coach Menetti a tenere alti i ritmi. Ecco perché del languorino, ecco perché di queste insane idee di grandezza di fine anno. La Trenkwalder è un orologio ben rodato, non ha, per ora, note fuori coro e vive sulle ali di un entusiasmo contagioso, per la squadra e per la città, che in estate ha risposto alla grande sottoscrivendo oltre 2.000 abbonamenti. Ecco perché ci viene un certo languorino, ecco perché ci pare che nascondersi dietro ad un dito abbia, ormai, poco senso.
La squadra gira a mille non ha nulla da invidiare alle corazzate costruite per ammazzare il torneo. Ad inizio stagione nessuno, sfidiamo, avrebbe previsto che dopo il giorno di S. Prospero, patrono di Reggio Emilia, la città si sarebbe ritrovata a sognare così concretamente. Per non smettere di volare occorre tenere i piedi ben saldi a terra, il che pare si, un ossimoro, ma da questo aspetto psicologico passa la capacità di continuare a volare o il rischio di fare un tonfo fragoroso.