Ho un ricordo personale di Riccardo Pittis, e ci tengo a condividerlo con Voi.
Era la Pasqua del 1985 credo, o forse l’anno dopo…..Potrei anche sbagliarmi….Insomma, mi recai come spesso accadeva in quel periodo nella natìa Catanzaro non sapendo che, proprio in quei giorni e proprio nella mia città, si sarebbe tenuta la finale nazionale per club categoria cadetti. Dimenticavo, ovviamente di pallacanestro…
Non era abitudine vedere dal vivo quel livello di basket a Catanzaro nonostante il club più glorioso cittadino, lo Sporting Club, disputasse in quel periodo una dignitosissima quarta serie (all’epoca si chiamava C2), più altri tornei di scala inferiore con diverse e valide squadre, sia in città che nell’hinterland, come il Soverato oppure il Catanzaro Lido.
Però la novità per la piazza era importante, una piazza quella di Catanzaro con una grande e storica passione per la pallacanestro dove ci si sfidava all’epoca, con fiera determinazione a livello giovanile e non, per portare a casa la vittoria contro i “nemici” di Cosenza e gli storici e più forti rivali di sempre di Reggio Calabria.
Perciò, incuriosito dal nuovo palazzetto e dall’atmosfera che avrei respirato in quei giorni, non mi feci scappare l’occasione di vedere una semifinale di quel Torneo, la seconda del programma, tra la Granarolo Bologna e non ricordo bene contro chi, ricordo solo che si parlava dei grandi club come l’Auxilium Torino (con un giovanissimo Davide Pessina come faro), la Granarolo Bologna appunto ed addirittura la Philips Milano. Ed andai pure a vedere la finale.
La finale vide protagoniste proprio le V Nere bolognesi e l’Olimpia di Milano dove svettava, sia per statura fisica che per carisma, forza e determinazione, un ragazzino esile, magrissimo che giocava playmaker (era addirittura più alto del centro di quel quintetto titolare), e del quale si diceva un gran bene, dal nome Riccardo Pittis. Era favoloso vederlo palleggiare, comandare i suoi mentre attorno a sè i suoi compagni di squadra non erano poi così male ma lui no, lui era veramente ben altra cosa, e lo si vedeva ad occhio nudo. Nonostante quel suo magrissimo profilo, le lunghissime braccia e l’incedere veloce a passo lungo, la forza che sprigionava era entusiasmante al punto che il pubblico di Catanzaro lo elesse a proprio beniamino quando, in finale, s’alzo da 3 nei primissimi minuti del match e scaricò una bomba eccellente tra gli applausi e lo stupore generale.
Ma il finale, anzi, la finale di quel torneo cadetto vide Riccardo perdere contro una Granarolo Bologna più squadra, più concreta e più determinata mentre, al tirar delle somme, il Nostro era quasi solo contro loro (ricordo tale Marcheselli, anche lui pronosticato ad una grande carriera ma mai sbocciato come lo si sarebbe sperato), ed il pubblico, dopo aver tributato il giusto e meritato plauso ai vincitori, non potè esimersi dall’onorare con tanto affetto ed altrettanti applausi quel ragazzo così magro, così esile, così forte ma in quell’occasione sfortunato che alla fine della gara, colto da una logica crisi di nervi, pianse amaramente ed a lungo, seduto a terra con l’asciugamano in testa.
“Questo arriva dritto dritto in Nazionale…”, pensai tra me e me quella sera, commuovendomi anch’io per quello sfogo finale così amaro per quel ragazzo perchè m’immedesimai in lui rievocando le mie sconfitte (poche, per fortuna, nelle finali giovanili regionali), ma compresi che quel pianto era la risposta ad una rabbia struggente di un leader che aveva dato tutto in quel torneo e che avrebbe desiderato portare sul podio i colori biancorossi della sua Olimpia, non certo il pianto di un perdente o di un debole, tutt’altro !
E’ strana la vita, vero ?
Ora, a distanza di quasi 26 anni, eccomi quì ad intervistarlo dopo che lui, proprio lui, Riccardo Pittis, ha collezionato vittorie, coppe, trofei, omaggi e riconoscimenti non solo sui parquet di gioco di tutto il mondo. Un vincente nato, un leader carismatico ed indiscusso, capace d’evolvere il proprio gioco con sagace intelligenza plasmandosi ora a questa, ora a quella esigenza di squadra ma spiccando sempre come singolo.
Si è ritirato dall’attività agonistica alla fine del campionato 2003-04, a 35 anni, collezionando numeri impressionanti dopo 20 stagioni di serie A1: 685 presenze, 6.637 punti e ben 19.012 minuti giocati. Tra le sue statistiche più importanti, si segnala il record di tutti i tempi sulle palle recuperate, addirittura 1.870 e se si considera che il Nostro nasce come guardia tiratrice…..Si spiegano tante cose sulla sua intelligenza cestistica.
Tre le maglie indossate nella sua lunga ed onorata carriera: quella del cuore, Milano; quella della conclamata maturità sportiva, Treviso ed infine quella azzurra della Nazionale. Ed oggi da lì riparte, nello staff con Simone Pianigiani nel ruolo di Team Manager, tanto per intenderci lo stesso ruolo che fu anche di un certo Dino Meneghin, nel tentativo di ridare vittorie e sorrisi ad una Maglia Azzurra un pò sbiadita in questi ultimi tempi.
Riccardo, grazie del tempo che ci concedi tra una riunione e l’altra, sempre di corsa….Si è effettuato il sorteggio per la qualificazione agli Europei di Slovenia del 2013. Qual’è il tuo parere, la tua visione ?
RP: Commentare un sorteggio non è facile perchè, francamente, non credo ci siano squadre facili o se preferisci, meno difficili. A parte il fatto che manca ancora tanto tempo e non sappiamo alcuni parametri ai quali far riferimento, il nostro girone sembra meno impegnativo sulla carta ma questo non vuol dire nulla: le gare sono comunque da giocare a prescindere, ci sarà da sudare e niente deve essere dato per scontato. Preparare bene quelle gare sarà l’imprinatur perchè mancare la qualificazione sarebbe davvero imperdonabile.
Nel tuo passato da giocatore ben 4 Europei ed un mondiale come giocatore. Come è stata per te l’esperienza, la prima in panchina in qualità di Team Manager con lo staff di Pianigiani ?
RP: Era la mia seconda esperienza perchè già l’anno scorso ero in panchina per le qualificazioni estive, con base a Bari. Comunque onestamente non è andata come speravamo, inoltre considera che dare giudizi dall’esterno è molto facile ed i risultati ci han dato torto, alla fine le cose sono andate come tutti han potuto vedere. Peccato però che tutti dimentichino che nel nostro girone, forse il più difficile di tutta la competizione, c’erano squadre molto più attezzate e più esperte di noi. Forse il nostro girone se non il più difficile è stato probabilmente il più complesso e non potevamo avere molte chance, alla fine perderne una o tre o tutte faceva poca differenza, ma personalmente ho visto una voglia dei ragazzi di stare assieme, di condividere assieme un’esperienza così importante, è stato fatto a mio avviso un passo avanti nella crescita mentale del gruppo.
Passiamo allora a questo campionato, cosa ti ha colpito, cosa ti ha impressionato ad oggi ?
RP: Premesso che, avendo lasciato il ruolo di telecronista a Sky e non facendo più le telecronache non seguo più direttamente il campionato, mi viene facile ad esempio parlare bene di Biella, al momento grande sorpresa della stagione, del resto si sa che a Biella sono molto bravi nel cercare giocatori che vengono dall’estero. Dopodicchè, la classifica parla chiaro: aldilà di Milano che sembra avere qualche chances in più, ritengo che Cantù forse avverte il peso dell’outsider ed in campionato sta faticando molto. Del resto una squadra come la Bennet deve dare lustro al proprio passato e quindi è normale che il rendimento in campionato ne rimetta, certo che Basile l’altra sera…..Fantastico ! Comunque c’è un livellamento, c’è un grande equilibrio che persiste da un po’ di anni a questa parte con Siena che dominava con qualche damigella, prima Roma, poi Milano, infine Cantù ma ritengo che le pretendenti a sfidare la Montepaschi siano proprio l’Armani e la Bennet.
Parliamo di Milano, cosa sta accadendo secondo te ?
RP: Aldilà che l’obiettivo Eurolega è secondario, e non credo di dire nulla di così assurdo perchè l’Olimpia prima deve riaffermarsi in Italia, ma aldilà di questo, dobbiamo essere sinceri nel dire la verità: le nostre squadre sono buone squadre ma al momento sono un livello più basso rispetto alle squadre “top” del continente, tutte tranne Siena e comunque Siena è ad un buon livello ma fa sempre fatica. Costruire una squadra vincente in Europa non è per niente facile, pertanto che Milano stia faticando o che non riesca con agilità ad uscire da questa situazione non mi meraviglia. La stagione è molto lunga però, eppoi nonostante la sconfitta in Turchia Milano può ancora qualificarsi alle Top16.
E come vedi l’altra squadra, Treviso, l’altra grande squadra nella quale hai militato ? Sta attraversando un periodo non bello…
RP: Fondamentalmente il mio più che un giudizio è un dispiacere. Mi dispiace veramente molto come purtroppo un pezzo importante della mia carriera possa essere messa così male, spero veramente tanto che se i Benetton confermeranno la loro uscita dal basket trevigiano, si riuscirà comunque ad andare avanti. Treviso è una città che comunque ha dato molto al basket in assoluto e m’auguro che possa continuare a vivere. Quello che però accade a Treviso è figlia di una situazione diffusa, purtroppo, ma una grande piazza come Treviso non può restare senza basket.
Fabrizio Noto/FRED