La prima stagionale di Andrew Bynum se pensiamo che era davanti ad altre 61 partite è stata, in ambito cinematografico, un po’ come il trailer di Godzilla. Il 17 (che mette i primi 6 punti di LA, tanto per far capire l’andazzo) ha fatto la sua marcia nella partita come il gigante della pellicola vagava per la città, con i piccoli umani distrutti e palazzi a fuoco dopo incendiarie alitate date con una semplicità disarmante, la differenza rispetto al cinema è che questa volta l’eroe di turno ha sbagliato l’affondo finale per rispedire il gigante nella giungla. Ma il basket Nba è questo, mors tua vita mea, per un Godzilla che domina c’è un Gallinari che dopo il gioco espresso negli ultimi mesi è a pochi passi dal far esplodere un caso che già sta per essere visibile ai più sotto forma di percentuale da 3 in stagione, attualmente al 13%, e a far da cornice ai due attori tutto tranne che comparse, con i Lakers che sembrano sempre più una squadra di Mike Brown e i Nuggets che sembrano per larghi tratti una reincarnazione di una squadra degli anni 80 per velocità d’esecuzione, movimento di palla e completezza del roster, che vede come unico solista il disordinatissimo talento di Al Harrington e una serie di giocatori altruisti, funzionali ed eterogenei che promette bene non solo per il futuro, ma che al netto di quelle che erano le previsioni di molti a inizio anno ha un presente divertentissimo assicurato.
Le dimensioni contano… Soprattutto se sei un sette piedi per 285 libbre che si aggira per i campi nba con i piedi di una ballerina e hai un nuovo, sfolgorante coach a cui piace un sacco il gioco a metà campo. Mike Brown ha subito voluto mettere in chiaro il piano partita quando ha fatto andare in post basso dal suo centro per i primi 5 possessi, e Bynum ha cominciato così ad abusare di tutti quanti quelli che gli si sono parati davanti senza prendere prigionieri, ricordando tantissimo un altro centro che recentemente ha fatto la storia dei lacustri, con le dovute distanze ovviamente…. fatto sta che se il buongiorno si vede dal mattino qui all’alba c’è qualcuno che s’è svegliato molto molto bene, e sarà il nuovo sistema di gioco, sarà che recentemente il buon Andrew si sta allenando (parole e musica di Ettore Messina) “con intensità feroce”, qui in una lega che vede il suo centro di riferimento coinvolto in una telenovela che rischia sinistramente di svoltare verso il dannoso pure per quelli che gli hanno voluto bene (leggi Orlando Magic) si ha un nuovo e prepotente pretendente al trono per i regni di centro area… che si siano dati per morti i Lakers troppo presto quest’anno?
The Denver Nuggets Symphony Orchestra E da quanto tempo era che non si vedeva una squadra giocare così bene? Nessun fenomeno e tanti buoni giocatori, gran chimica, caratteristiche differenti e che si compensano l’un l’altra e versatilità tattica in un roster che ovviamente presenta delle falle ad altissimi livelli (e se così non fosse avremmo la favorita per l’anello), ma che fa leccare i baffi a George Karl ogni volta che c’è da fare un adeguamento tattico, ci sia da far pompare il contropiede a Ty Lawson che ogni volta che accelera è a rischio multa o a mettere Al Harrington a far uscire Pau Gasol da centro area, e tutto questo facendo vedere che perdere talenti come JR Smith e Kenyon Martin può non essere necessariamente essere deleterio se si riesce a convertire Rudy Fernandez a un basket corale. Simbolo di tutto questo un Mozgov che da comparsa New York è passato ad essere quintettista con molti minuti in quel del Colorado, mostrando anche movimenti e trattamento di palla insospettate fino a qualche mese fa. Unica nota stonata in tutto questo è quella che ormai sembra essere un’acclarata involuzione del ragazzo di Graffignana, quel Danilo Gallinari che già nella sua breve esperienza italiana recente aveva fatto sorgere dubbi a quelli che lo conoscono da tanto: perchè passi per un tiratore essere in slump, passi pure il voler giocare di fisico spesso e volentieri se questo ti aiuta, ma che diventasse così povero a livello di letture e che sbagliasse il pareggio in layup lanciato in un contropiede solitario è una cosa che quando fu scambiato dai Knicks non avrebbero previsto manco i Maya. Qualcuno parla di problemi legati all’ingrossamento del fisico, altri danno già per perso il talento che sembrava ai più pronto a brillare di luce propria pure sul palcoscenico più ambito… ma in fondo la stagione Nba è ancora lunga e Danilo sembra troppo versatile per bloccarsi su problemi che a chi scrive sembrano solo dovuti a un periodo difficile.
Un uomo solo al comando… della panchina Chi invece è abituato a stonare in qualsiasi contesto è Metta World Peace, al secolo Ron Artest, che è saldamente inchiodato al legno quando la partita si decide, a meno che non serva uno special team difensivo nelle azioni finali, e quanto sia contento della situazione solo il tempo ce lo dirà. Certo è che ora in quintetto piuttosto che far partire lui ci mandano Matt Barnes e quel Devin Ebanks che in quest’episodio non ha nemmeno toccato il campo. Non che ce la si possa prendere con qualcuno per la situazione, LA vince e Mike Brown ha ragione, anche se il non vedere il nostro vagare senza senso per il campo toglie un po’ di interesse a tutto quanto lo spettacolo… Ma visto che uno così da altre parti ne fa 15 a sera sbadigliando, siam sicuri che in California non stiano per schiacciare il bottone dello scambio? In fondo c’è lì un Odom mandato via per una trade exception che chiama vendetta, tanto vale fare le cose per bene…