La partita andata in scena al Target Center di Minneapolis metteva di fronte due delle più interessanti realtà della stagione che si avvia alla pausa dovuta all’All Star Weekend. I Pacers e i Wolves sono entrambe due team giovani e con grandi potenzialità, che quest’anno stanno iniziando a mostrare di cosa siano realmente capaci.
La partita è presa in mano sin dal quarto iniziale dai Pacers in grado di sfruttare appieno il talento dei propri solisti, mentre il duo Rubio-Love, che sta facendo letteralmente impazzire tutti gli abitanti del Minnesota, e che anche oltre i confini non se la cava male, stenta e con loro tutti i Wolves.
Nonostante una sbandata nel finire di primo quarto, i Pacers non perdono mai il pallino, e conducono le danze con un Granger definibile sontuoso senza essere tacciati di piaggeria, con 29 punti nella sola seconda metà di partita, e Collison che stravince il duello con il pariruolo iberico. Qualche brivido nel finale, ma niente che abbia realmente impensierito la squadra ospite.
La formazione dell’Indiana sembra quest’anno aver trovato finalmente la giusta quadratura, fra talento individuale e chimica di squadra. Il primo è innegabile: il quintetto a disposizione dal giovane coach Frank Vogel è di primissimo livello. I veterani, se possiamo definirli tali, Granger e West fanno da chioccia a tre giovani talenti in ascesa esponenziale. Se Collison ancora non ha rispettato le grandi aspettative che il suo inizio di stagione da rookie avevano creato, chi invece sta stupendo è la guardia da Fresno State. Non che il talento di George fosse in discussione, ma la velocità con cui sta migliorando in questa stagione è veramente notevole: percentuali notevoli, una difesa di ottima fattura, una spruzzata di spettacolo quanto basta a farlo rientrare con una certa frequenza negli highlights televisivi, ed il gioco è fatto. Capitolo a parte quello che riguarda Hibbert. Il pivot sta, partita dopo partita, scalando le classifiche dei migliori lunghi della Lega, senza fanfare e squilli di trombe. Semplicemente migliorando a vista d’occhio sia nella metà campo offensiva, dove quest’anno sfoggia un tiro che come range rasenta l’arco, unito a movimenti di una varietà che Howard si sogna la notte, con eccitazione annessa, ad una concretezza in quella difensiva di altissimo livello.
Insomma, gli ingredienti ci sono tutti per creare un gruppo che in futuro potrebbe anche pensare di non accontentarsi di sgambettare le grandi durante la regular season, ma di togliersi pure qualche sfizio in post season.
Discorso diverso per i Wolves: qui la base di partenza è decisamente inferiore, soprattutto per quel che riguarda le certezze vere e proprie. La squadra del Minnesota è un cantiere aperto, che ha come timoniere un coach, Adelman, che io letteralmente amo, capace di innalzare in sole 20 partite il gioco dei Lupi fino a rasentare, esteticamente, quello di contender molto più accreditate. Qui di talento ce n’è, eccome se ce n’è! Forse pure troppo, potrebbe dire qualcuno, senza sbagliare poi di tanto. Forse sono addirittura troppi i giocatori in grado di portare il proprio mattoncino alla causa, e le continue rotazioni, anche di quintetto, sicuramente non aiutano la fluidità del gioco. Il duo citato in precedenza, Rubio-Love, è destinato, e qui esagero, ma tanto chi me lo verrà mai rinfacciare se alla fine della fiera mi sarò sbagliato, a essere il tandem più devastante della Lega, da qui agli anni a venire, secondo forse solo al losangelino Paul-Griffin. Questi giocano insieme da 20 partite e si trovano come se si conoscessero fin dal minibasket! Sono semplicemente di un’altra categoria rispetto ai giocatori “normali”, se vogliamo definirli così. Il cast di supporto è ben amalgamato, e unisce l’esperienza di veterani, alla sfrontatezza dei giovani virgulti di casa a Minneapolis. Anche qui capitolo a parte per un giocatore, secondo me l’ago della bilancia per il futuro dei Wolves. Beasly, reduce da una prestazione-monster contro Houston, questa volta si è semplicemente dimenticato di scendere in campo. A dir il vero le scarpette se le è anche allacciate e due o tre cosine di una bellezza inaudita le ha anche fatte vedere, ma forse è proprio questo che innervosisce quando si giudica il giocatore Beasley, o almeno parlo per me. Sembra svogliato due partite su tre, e ciononostante la doppia cifra è dietro l’angolo ad ogni allacciata, sintomo del potenziale che c’è in questo ragazzo, e di quanto stia rischiando di gettarlo al vento, peccato capitale, soprattutto agli occhi di chi non è stato neppure lontanamente stato baciato da cotanta fortuna.
Le aspettative per la stagione dei Wolves sono molto vicine al:“siamo qui tutti insieme, nessuno sa come giochi o si chiami il proprio vicino di spogliatoio, vediamo cosa riusciamo a tirarne fuori, vada come vada, alleniamoci per bene e l’anno prossimo, con due o tre aggiustamenti, si va ai playoff”. Le potenzialità e il talento ci sono, toccherà a loro dimostrare che anche in mezzo al freddo polare delle foreste del Nord America si può giocare bene allo sport più bello del mondo.
Enrico Serra