In questa nuova rubrica ci occupiamo di un match di Eurolega ogni settimana, cercando di analizzare, con l’ausilio di video e immagini, alcuni temi tattici della partita per capire un pò meglio l’andamento delle principali avversarie di Siena, Milano e Cantù nella loro corsa verso le vette continentali.
Riprende la nostra rubrica, dopo una settimana di stop, e per farlo cominciamo “recuperando” una partita del secondo turno di Top 16, con il Barca a far visita al Maccabi Tel Aviv, dopo la vittoria inaugurale con Cantù. Partita importante perchè metteva a confronto le due squadre maggiormente indiziate per il passaggio del turno (Cantù permettendo) e vincenti nella prima giornata.
Hanno avuto la meglio gli ospiti, dominando l’ultimo quarto (terminato 15-27), dopo 30′ di pallacanestro intensa, ma non certo spettacolare.
E’ stata una vittoria costruita prevalentemente in attacco dagli uomini di Xavi Pascual, sfruttando poi le incertezze dei gialli nell’altra metà campo. Fino al terzo quarto, infatti, erano state le invenzioni di Langford e Mallett a tenere a contatto e anche in vantaggio il Maccabi, con il Barcelona che in attacco faticava a trovare ritmo.
Questa tattica, però, alla lunga, è costata cara agli israeliani, che quando la gara si è decisa sono stati affossati proprio da questa tendenza a fermare la palla e aspettare che i propri americani di punta risolvessero l’azione con una penetrazione o un tiro.
Esattamente l’opposto di quanto fatto da Navarro e soci.
Infatti, se andiamo a vedere gli attacchi del Barca nell’ultimo quarto, ci accorgiamo come i blaugrana abbiano mosso molto di più palla e, di conseguenza, la difesa.
Pick’n’roll, palloni in post basso e poi riaperti sul perimetro, penetra e scarica. Niente di particolarmente complesso, ma tutto effettuato con rapidità ed efficienza. Quanto è bastato per muovere la difesa avversaria che si è spesso trovata costretta a decidere su quale uomo ruotare, lasciandone, inevitabilmente, almeno un altro libero. Da qui i canestri di Vasquez, le triple di Huertas e Ingles (gran partita la sua), i falli prematuri commessi dalla difesa.
Un approccio fondamentale, considerando quello che, invece, stava combinando Tel Aviv nell’altra metà campo.
Le differenze sono quanto meno lampanti: attacco fermo, palla a Langford e tutto al più il blocco di un lungo. Si noti, nei due video, la differenza di mobilità delle due difese. Nel primo quella del Maccabi è in continuo movimento, conseguenza dei buoni attacchi avversari. Questo genera mancate rotazioni o raddoppi che, come detto, liberano uomini al tiro.
Al contrario, nel secondo video, tolti gli uomini che marcano Langford o Mallett, tutti gli altri sono fermi, in posizione. Questo significa che, anche se Langford riesce a battere il proprio uomo, al 99% troverà a centr’area Vasquez ad aiutare e a rendere semi impossibile il suo tiro. Difficile, inoltre, anche cercare uno scarico sul perimetro a quel punto. Non avendo fatto muovere la difesa, anche gli uomini sul perimetro saranno ben piazzati per eventuali passaggi in uscita.
Questa mancanza di movimento viene evidenziata molto chiaramente da una statistica su tutte: 14 assist per il Barcelona, solo 5 per il Maccabi. Chiaro segnale di come non ci sia stata circolazione per la squadra di Blatt che, fino a quando le individualità l’hanno sorretta, ha giocato punto a punto. Ma quando la fisicità degli avversari mischiata all’inefficienza dei propri attacchi ha avuto il sopravvento, non ha potuto fare altro che cedere, con un parziale anche pesante in ottica di classifica.
Nicolò Fiumi